14. Niente fra di noi.

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"Allora, cosa aspetto?" Dico ad Amerique, mentre il suo sguardo è fisso sulla punta delle sue scarpette da ginnastica, intenta a giocare con un codino nero che porta sempre al polso.

"In realtà, non c'è molto da raccontare.
Ho conosciuto Luke ad un bar.
Quando tu esci con Ray, anzi, meglio dire: i primi giorni che ci sei uscita," mi dice, deglutendo "sono andata al bar di fronte casa, e mi sono seduta al tavolo in fondo, come siamo solite fare io e te.
Così un ragazzo -Luke, ovviamente- mi ha vista sola, e fra uno sguardo e l'altro ha deciso di sedersi al tavolo con me.
Ci siamo parlati per quasi due ore, infatti la cameriera ha iniziato anche a guardarci male.
Abbiamo parlato del più e del meno, e mi ha presa in giro parecchie -e dico, parecchie- volte per il mio accento italiano.
Poi ci siamo scambiati i numeri, abbiamo parlato, parlato e ancora parlato, e siamo usciti insieme.
Ed è successo ciò che hai visto prima, ma ti posso giurare Cloe, che non c'è niente fra di noi." Conclude.

"Beh, se non c'è niente, perché allora Luke, quella sera in discoteca, fece quella scenata di pura gelosia e ora siete andati anche a-"

"Frena, Cloe, per favore. Non ho voglia di complessarmi la mente, dico sul serio.
È successo e boh, non so assolutamente come andrà a finire, ma sono felice ora.
Perché rovinare la nostra felicità?
Io lo sono, lui lo è.
E forse, si potrà rivelare il mio ragazzo un giorno.
Anche se per ciò che è successo, lo chiamerei più scopamico."

Amerique sapeva davvero prendere le situazioni alla leggera, diversamente da me.
Non aveva mai riflettuto troppo sulle sue decisioni. Si sentiva di fare qualcosa? Lo faceva, senza pensare alle conseguenze.
Ricordo ancora quando eravamo in Italia, proprio al 3º liceo.
Eravamo in classe, e durante la lezione di storia Amerique ha detto al prof che spiegava storia come se spiegasse ai bambini cos'è il sesso.
Il motivo? Era troppo complicato, secondo lei, e il prof dopo la sua affermazione, l'aveva cacciata fuori, meritandosi un sonoro vaffanculo da parte di questa ragazza.
Era sempre stata -ed è- molto sicura di se stessa.
Io, non saprei come avrei potuto prendere questa situazione.

"Sei un'idiota, Amerique." Le dico, lanciandole un cuscino e scoppiando a ridere per le sue ultime parole.

"Ti va di andare a prendere un gelato? Ah, e comunque, se non hai un costume, compralo perché quest'oggi andremo a fare un bagno -ringraziando Dio- nella nostra piscina, dato che da quando siamo qui -ovvero un mese, mia cara Cloe- non abbiamo ancora utilizzato quella splendida piscina."

"Perfetto, Amerique. Le tue idee mi entusiasmano sempre di più." Ammetto, con un finto entusiasmo.
Non avevo proprio voglia di alcun bagno, e credo che Amerique lo avesse notato.

"E con Peter, quindi? Cioè... Si è più fatto vivo?"

"No, per nulla. E sai cosa? Quasi mi manca litigare con lui. Insomma, prenderlo a pugni non era affatto male." Replico, e prima che Amerique possa rispondermi, il mio telefono inizia a squillare.

-Ciao, Cloe.

-Pronto?

-Ti ricordi di me?

-Se devo essere sincera, non proprio. Ma se magari provassi anche a dirmi il tuo nome, non mi dispiacerebbe affatto.

-Thomas.

-Thomas?

-Steve.
Thomas Steve.

-Oh, ciao...

-Ascolta, so che probabilmente non avrai voglia di ascoltarmi, o addirittura vedermi, ma è una cosa urgentissima, e davvero importante. Spero di non averti creato nessun disturbo. Ci vediamo al bar sotto casa tua.

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