Capitolo 10

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Ethan's Pov.

Ho deciso: chiamo i ragazzi, non posso passare il sabato sera in casa.
Prima però vado in camera di mio fratello a chiedere se si unisce e ovviamente accetta.
Chiamo prima Ryan perché lui non rifiuta mai le serate che prevedono alcool e ragazze.

Come avevo immaginato hanno accettato tutti tranne Aaron, che a quanto pare deve studiare per un esame importante. Peggio per lui, ma io il sabato sera non lo passo in casa a marcire sul divano.
Arrivati all'Addiction, anche se è ancora presto, è già pieno di gente.
Vado direttamente al bancone e ordino un bicchiere di vodka liscia.
Mi si presenta davanti una ragazza, le darei sui 16 anni, bassa, magra, ma formosa, capelli lunghi e biondi, vestita solo con.. anzi, svestita e trampoli ai piedi. Tutte uguali.
Tranne lei.
Ah, ma quindi ci sei ancora. Pensavo di averti persa.
Come fai a perdere la tua stessa coscienza?
Non lo so, magari può succedere, ora però puoi tornare da dove sei venuta. Stasera non ti ascolterò.
Non riesci proprio a stare fuori dai guai, vero?
Ma quali guai?!
Adesso neanche risponde più. Fa lo stesso.
Mando giù la vodka in un solo sorso e rivolgo la mia attenzione alla bionda.
Sarà una serata tranquilla.

Avevo sbagliato. Sono qui da solamente qualche ora e sono già.. brillo.
Sento il telefono vibrare, segno che mi è arrivato un messaggio. Mando giù un'altro bicchiere di questo liquido freddo che dopo poco sento bruciarmi la gola. Prendo il telefono dalla tasca e leggo il mittente: "Intoccabile".
Chi sa per quale ragione mi scrive proprio lei.
Leggo il messaggio più volte: "Ciao, disturbo?"
Esco fuori dal locale e mi dirigo nel parcheggio, con molta fatica.
Intanto penso a cosa risponderle, così vado per la via sicura: la risposta da stronzo.
Aspetto qualche minuto ma non mi arriva nessuna risposta, però mentre metto il cellulare nella tasca, questo ricomincia a vibrare, più a lungo.
Rispondo alla chiamata senza guardare chi è, così è la prima cosa che faccio. Come risposta però mi chiede dove sono.
"In un posto, ma non puoi tu venire". La frase che mi esce non è comprensibile neanche a me. Dopo un'altro paio di domande mi chiude il telefono in faccia.
Che maledizione.
Mi alzo per andare dentro a cercare i ragazzi, però non riesco a reggermi in piedi e vado a sbattere contro un gruppo di ragazzi che, se possibile, sono più ubriachi di me.
In pochi secondi mi ritrovo steso a terra, circondato da ragazzi sudati e ubriachi e uno di loro sopra di me a rifilarmi pugni.
In pochi istanti perdo del tutto il controllo sul mio corpo, sia per colpa dei colpi, sia a causa dell'alcool. Mi sento trascinare via, chi sa cosa mi succederà ora.
Poi perdo del tutto la coscienza.

Quando riprendo i sensi di base, capisco che sono su un letto, la morbidezza della coperta e l'odore di lavanda dei cuscini creano il paradiso per la mia situazione.
Alzo di poco il busto ma sento un forte giramento di testa ed anche il bisogno di vomitare, così di fretta mi alzo e corro fino ad uscire in corridoio e trovare subito il bagno, visto che la porta era aperta.
La persona che mi ha portato qua ha pensato a tutto.
Dopo aver tirato fuori dal mio corpo anche l'anima, torno nella stanza dove mi trovavo prima.
Poco tempo dopo sento qualcosa di fresco sulla fronte, però non faccio in tempo a capire. Mi addormento senza neanche muovere un muscolo.

Mi sveglio grazie ai raggi del sole che sento bruciare sul viso. Alzo di poco la testa, che però sento pensante, come se mi stesse per esplodere. Giro di poco il corpo e sul comodino vedo appoggiato il mio cellulare con vicino un piattino e un bicchiere di acqua. Guardo meglio e sul piatto noto due pastiglie. Le prendo senza pensarci più di tanto, se chi mi ha portato qua avrebbe voluto uccidermi, di certo non sarei su un letto comodo, circondato da un aroma di lavanda.
Con fatica riesco a mettermi seduto e guardarmi intorno. È una camera.. direi maschile, però è troppo ordinata, in più c'è odore di pulito.
Allungo lo sguardo e appoggiato ai piedi del letto vedo le mie scarpe. I miei vestiti non ci sono, eppure sono in mutande. Voglio proprio vedere chi mi ha portato qua, così, con estrema fatica e molta forza di volontà, mi alzo dal letto e scendo le scale.
Entro in quella che sembra la cucina, un odore di caffè invade le mie narici.
Mi guardo in giro e poi noto una figura femminile di spalle, indossa una canottiera  e un paio di pantaloncini. Dai capelli riconosco lei.
Intanto si gira e mi guarda con un sorriso.. sincero. Non le ho mai visto fare uno.
Magari è come penso io.. non ci credo! Se me la sono fatta e non mi ricordo niente, mi uccido.
Deve essere così però, altrimenti non mi sorriderebbe.
La guardo ancora per un po' poi chiedo: "Allora com'è stata la serata?" Tutto accompagnato da un sorriso sensuale.
Lei mi squadra dalla testa ai piedi e poi dice: "Adesso ti racconto se ti tieni, vediamo: sono venuta a prenderti da quel locale, davanti al quale eri implicato in una rissa; ti ho portato a casa mia, ti ho spogliato, ti ho messo a letto, ti ho lavato i vestiti e poi verso le 4 di questa notte mi sono alzata e sono stata vicino a te perché avevi la febbre. Direi che mi sono passata un sabato sera molto elettrizzante, no? " Mentre lei continua a sorridere, io sento di aver perso tutto il colore. Sa come ferire nell'orgoglio. Forse era meglio se stavo zitto.
Mi offre il caffè, dopodiché mi racconta del mio stato di stanotte.
Qualche ora dopo mi ridà i vestiti e mi accompagna davanti al locale dove trovo la mia moto. Lì ci dividiamo, con un semplice "a domani".

Sono ormai ore che sono chiuso in camera mia a pensare a lei.
Ora mi ricordo cosa mi manca! Non le ho chiesto perché mi aveva cercato, magari aveva bisogno di aiuto.
Domani sarà la prima cosa che farò.


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