Mia amata

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Mi tornò alla mente tutta la scena. Lei. Io. Le sue parole: "Lui ha bisogno di me". Lo sguardo sofferto con il quale le pronunciò. Era tutto nitido nella mia mente. Gisella era ancora con Enrico. Non aveva trovato la consolazione della morte, nè la soddisfazione della salvezza. Lei era ancora tra le grinfie di quell'uomo abominevole, in bilico fra l'incolumità e la condanna. "E se non fosse stata una sua scelta lasciare questa bambina? E se fosse stata costretta da suo m...? Se così fosse non è ancora al sicuro. Se così fosse io e Matteo dobbiamo trovarla. Io devo trovarla." Tirai le redini facendo impennare il cavallo mentre gli intimavo di girare dalla parte opposta. Il nitrito del cavallo fece voltare Matteo e Isabella (la bambina) che cavalcavano dinanzi a me.

-«Ma sei pazzo! Dove stai andando?» grida Matteo.

-«Gisella è ancora viva. È lì da qualche parte ed io devo trovarla!»

Stavo per avanzare quando il fabbro si piazza sulla mia strada impedendomi il passaggio.

«Spostati! Tu non capisci! Lei è in pericolo. Enrico le farà del male!»

-«Abbi un pò di buonsenso! Non puoi essere certo che ci sia per davvero.» abbassò lo sguardo «non possiamo neanche sapere se il suo corpo ci fosse o no...in quell'ammasso di...di stracci»

Mi soffermai a riflettere sulle sue parole. Così ragionevoli ma così prive di speranza. Per un attimo pensai per davvero che Gisella non ci fosse più. Gisella. La fanciulla che ho desiderato nella mia vita fin dal nostro primo incontro, non era che polvere. Non era che un ricordo ormai troppo doloroso per esistere. Se solo avessi avuto allora il coraggio di reagire! Il coraggio di catturare tutti i ricordi, anche i più deboli, i più semplici, per tenere in vita ciò che ormai era  esanime. Ogni sua risata, ogni suo rimprovero, ogni suo pregio ma soprattutto i suoi difetti. Perchè tutti potevano accettare i suoi pregi, ma i suoi difetti erano un mio tesoro, il mio premio speciale per averla amata. Ma allora il dolore era troppo grande, era incontenibile. E così feci l'unica cosa che potessi fare: piansi. Fu un pianto silenzioso fatto di qualche lacrima. Nonappena mi resi conto che non mi sarebbe bastato, urlai. Urlai di rabbia. Smontai da cavallo e presi a calcio ciottoli, sollevai massi per poi scaraventarli nuovamente al suolo. Mi inginocchiai al lato della strada per esprimere il mio disappunto e farlo arrivare fino in cielo. Si, era lì che sarebbe dovuto arrivare. "Perchè se c'è qualcuno, se esiste un...Dio allora Lui deve sapere, deve sapere che non sono d'accordo con il suo disegno, che sto contestando la sua opera, che questa volta ha fallato, che ha preso la persona sbagliata..." pensai a tutto questo mentre sfogavo la mia ira contro oggetti inanimati. Non c'era nessuno, solo io ed un paio di pietre che deridevano i miei sentimenti. Potevo sentire bene le loro risate perchè non hanno un cuore, e si sa che chi non ha cuore non può nè gioirne nè soffrirne. Rimontai a cavallo a malincuore e avanzai al seguito di Matteo. Non v'era parola che potesse essere pronunciata nè consolazione che volesse essere udita, il vuoto che avevo dentro poteva essere colmato soltanto dal tempo.

Erano trascorsi soltanto trenta tramonti. Il vecchio Anselmo passava fischiettando tutte le mattine davanti casa per andare al mercato; la signora Brigida camminava seguita dalle sue due figlie, guardando fisso davanti a sè con il solo obiettivo di giungere al posto di lavoro; i figli dello speziale giocavano con spade di legno con Romualdo. Tutto era come sempre, perfino il sole aveva dimenticato di nascondersu dietro qualche nuvola per qualche giorno. La tranquillità e la serenità di quell'ambiente sembrava quasi ridere di me, il più delle volte salivo sul tetto della casa di Matteo e anche da lì venivo tormentato dalle derisioni dalla vita, dalle parole dell'indifferenza e dell'ignoranza altrui. Nessuno faceva caso alla sua mancanza, a nessuno importava che questo mondo non era più lo stesso, tutti sapevano ma nessuno sentiva che Gisella era morta. In verità, vi dirò che la mente mia mi tormentava con l'idea di un mondo bacato, eppure il mio cuore mi suggeriva di non disperare perchè lei non era in quel cumulo di stracci. Quante volte mi ha tormentato sempre la stessa domanda

"Dove sei, mia amata?"

Il sogno dei ricordiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora