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Nunchi, ricordi? La capacità di ascoltare e di empatizzare con l'umore di qualcun altro.

Le parole sembrano essere state marchiate a fuoco nella mia mente e non posso fare a meno di fermare un altro ricordo.

La mia vita continuava lenta e monotona se solo non fosse stato per Isabel che, in qualche modo, riusciva a dare un senso alla mia quotidianità.

Quel pomeriggio era in ritardo, di nuovo.

Ormai mi stavo abituando anche a quello: sapevo che mentisse quando mi scriveva di essere appena uscita di casa o di essere a metà strada , sapevo che dovesse ancora spegnere il computer e vestirsi.

Come previsto, arrivò di corsa con i capelli pettinati in una coda, le gote rosse per la corsa e il fiato corto.

Lasciò cadere a terra il borsone che aveva portato a tracolla fino a quel momento.

Guardai il borsone inarcando un sopracciglio.

«Vado in palestra.»

La risata che seguì solo da parte mia fu inevitabile e lei alzò l'indice, assumendo un'aria teatralmente oltraggiata.

«Non. Una. Parola.», scandì con aria minacciosa, cercando ancora di riprendere fiato. «Ho perso una scommessa contro mia sorella e Danielle.», aggiunse prendendo posto accanto a me, sedendosi in una delle sue solite posizione scomposte.

«Amber?», tirai ad indovinare.

Lei annuì con una smorfia. «Spesso mi chiedo chi sia l'amica di Danielle tra me e lei.»

«A cosa hai perso?»

Spalancò gli occhi e esplose in una sonora risata.

«Scordatelo che te lo dica!»

«Prendere le scale al posto dell'ascensore?» Chiesi prendendola in giro.

Scosse la testa.

«Alzarsi dal letto prima delle 6:00?», e di nuovo scosse la testa.

Stringeva le labbra in una linea sottile, evitando di scoppiare a ridere e allora intuii che fosse qualcosa di davvero stupido e allo stesso tempo esilarante, qualcosa che ci si poteva aspettare solo da Isabel.

Ma da lei ci si poteva aspettare di tutto e questo non aiutava con la mia ricerca.

Isabel incrociò le braccia al petto.

«Non te lo dirò.», disse con convinzione, lasciandosi sfuggire una breve risata nervosa. «Invece cosa mi racconti Involtino primavera?», chiese interessata.

Alzai gli occhi al cielo nel sentire il mio soprannome, ma non ribattei: l'avrei solo spinta a trovare un altro stupido nomignolo.

«Ho chiuso definitivamente con Aleesha.», ammisi, scrollando le spalle come se fosse una cosa da niente.

Solitamente una persona normale avrebbe mormorato un "mi dispiace" magari anche poco sincero, o avrebbe detto qualcosa come:"Calum mi dispiace tantissimo, ma ci sono tante altre ragazze a cui andare appresso" e dal silenzio di Isabel pensai che anche lei avrebbe reagito così.

Ma quando mi voltai notai un sorriso pieno di orgoglio sulle sue labbra che mi lasciò piacevolmente stupito.

Sembrava che una piccola parte di me non volesse proprio abituarsi alla presenza di Isabel nella mia vita, ai suoi modi di fare che apparivano così diversi, naturali e sinceri in confronto a quelli di molte altre persone.

Twelve Minutes// Calum Hood Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora