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Sento il sapore della nicotina bruciarmi la gola nello stesso momento in cui un ricordo inizia a prendere vita nella mia testa.

Sospiro pesantemente, lasciando uscire del fumo dal naso.

«Scordatelo.», sbottò Luke scuotendo la testa, visibilmente contrariato dalla mia richiesta.

Ashton fu più delicato.

«Isabel è una brava persona, – annuì tra sé e sé, come a confermare la sua constatazione, - capirà, non potrebbe mai impedirtelo.»

«Ma non posso...»

«Non puoi un po' di cose da questo momento, Calum.», osservò con un tono di voce paterno, raccogliendo il suo zaino lasciato ai piedi del piccolo tavolo pieno di quaderni. «Andiamo.», mormorò a Luke, alzandosi in piedi e dirigendosi verso l'uscita del garage.

«Ci vediamo domani.», disse Luke, dedicandomi uno sguardo pieno di scuse per la loro reazione.

Mi strinsi nelle spalle, annuendo lievemente per fargli capire che fosse apposto, che avesse pienamente ragione.

Non avrei nemmeno dovuto pensare una cosa del genere.

«No, non avresti dovuto.», proruppe Michael dall'altro lato della stanza.

Non mi stupii nemmeno del fatto che sapesse perfettamente cosa stessi pensando.

«Ho bisogno di tempo.», mormorai, guardandolo in cerca di un aiuto.

Era rimasto in silenzio per tutta la discussione, seduto sul vecchio divano in pelle con le braccia incrociate al petto, apparendo quasi disinteressato all'argomento ma sapevo che stesse solo aspettando il momento opportuno per parlarmi seriamente.

«Ci stai chiedendo di rimandare la partenza.», sottolineò l'ovvio, senza usare un tono aggressivo o d'accusa.

«Vi sto solo chiedendo del tempo: non posso lasciarla da sola.»

Mike sospirò.

«Ti ho sempre lasciato libero con le tue decisioni perché la vita è la tua ma, questa volta, non sei da solo.», poggiò i gomiti sulle ginocchia per potersi sporgere in avanti con il busto. «Siamo noi quattro, stiamo per affrontare qualcosa di grandioso e altrettanto impegnativo. Nessuno di noi può permettersi dei dubbi: é quello che abbiamo sognato.»

Mi passai una mano tra i capelli, arruffandoli frustrato.

«La fer...»

«Non lasciare che quest'empatia vi trascini giù entrambi.», m'interruppe, poggiando la schiena sullo schienale del divano. «Tutto o niente.»

Sospirai sconfitto, sapendo perfettamente che avesse pienamente ragione.

Annuii tra me e me, afferrando il telefono al mio fianco per sbloccarlo e scrivere a Isabel.

A: Isabel
Dieci minuti e sono sotto casa tua.

«Grazie.», mormorai al mio migliore amico, scattando in piedi e infilando velocemente le mie scarpe per poter uscire senza aspettare una risposta da Isabel.

Non aspettai nessuna risposta.

Arrivai sotto casa sua dieci minuti dopo precisi, ma avrei dovuto aspettarmelo che lei non fosse fuori ad aspettarmi.

Probabilmente non aveva ancora letto il messaggio.

O mi stava evitando di proposito.

Cacciai via quel pensiero e mi affrettai a chiamarla una volte, due volte, tre volte fino a che, sconfortato, chiusi la terza chiamata senza risposta.

Twelve Minutes// Calum Hood Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora