capitolo 12

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Manuel se ne stava fermo sul cavalcavia a fissare le macchina in coda per entrare nella rotatoria. Come se fossero in fila per una sfilata. Una Punto, una Twingo, una Panda, una Cinquecento. Tutte allineate.

Manuel mise la chiave nel quadro della moto, indossò il casco e si unì a quelle lunghe file sorpassando sui lati quelle auto ferme ormai da tanto.

Sorpassò la Twingo, la Panda e, infine, si accostò alla Punto ferma al semaforo. Una donna se ne stava a gambe accavallate con un uomo al suo fianco che la accarezzava.

La donna abbassò il finestrino dell'auto per gettare la sigaretta fumata fino al filtro, e il cuore di Manuel sanguinò come non mai. Che cosa ci faceva sua madre vestita così in macchina con quell'uomo? La donna che l'aveva messo al mondo era lì, sentiva che quell'uomo gli stesse mancando di rispetto a toccarla in quel modo. A toccare in quel modo la donna che gli aveva dato la vita.

Scese dalla moto, si tolse il casco e colpì l'uomo con esso fino a farlo cadere a terra.

"Manuel, fermati!" urlò sua madre.

Manuel si fermò, la guardò per l'ultima volta, indignato e deluso.

Il suo cuore era infranto dalla donna che l'aveva tenuto in grembo per nove mesi. Prese la moto e corse via verso casa a prendere le sue cose. Aveva visto sua madre con un altro uomo, e questo non poteva sopportarlo.

Prese i settanta, ottanta, novanta, cento sorpassando le macchine e passando con il rosso, non curandosi degli stridii delle auto che per poco gli arrivavano addosso e delle parolacce che gli venivano urlate. Lui non piangeva, non sapeva piangere, non ne era in grado neanche da bambino, rimaneva Imbronciato e colpito dalla rabbia, Manuel colpiva chiunque gli avesse causato tanto dolore. A volte, temendo di poter fare del male e mai per vigliaccheria, scappava. Quella volta, corse via, lasciando dietro di sé il dolore e la rabbia.

Manuel corse fino a casa, con il cuore in tumulto. Era sconvolto dalla scena che aveva appena visto, ma sapeva che doveva rimanere calmo. Aveva bisogno di prendere i suoi averi e andarsene prima che la situazione degenerasse ulteriormente.

Entrò in casa, prese una borsa e iniziò a riempirla con vestiti e affetti personali. Il cuore gli batteva forte nel petto e le mani gli tremavano per la rabbia e il senso di tradimento che provava.

Mentre era concentrato a preparare la sua fuga, sentì la porta principale aprirsi e chiudersi con forza. Sua madre era tornata a casa.

"Manuel," chiamò con voce preoccupata. "Dove sei? Devo parlarti."

Manuel rimase in silenzio, nascosto nella sua stanza. Non voleva affrontare sua madre, non in quel momento. Non era pronto a sentire le sue scuse o le sue spiegazioni.

"Manuel, per favore," chiamò sua madre di nuovo. "So che sei arrabbiato, ma devi ascoltarmi."

Manuel non rispose. Rimase nascosto nella sua stanza, ascoltando sua madre che continuava a chiamarlo.

"Manuel, ti prego," disse sua madre. "Non voglio che tu te ne vada così. Ti amo."

Le parole di sua madre risonarono nella mente di Manuel, ma non riuscirono a smuovere la rabbia e la delusione che provava. Non voleva sentire le sue scuse, non in quel momento.

"Manuel, so che quello che hai visto è stato difficile da comprendere," continuò sua madre. "Ma c'è una spiegazione per tutto. Ti prego, ascoltami."

Manuel sentì le lacrime riempirgli gli occhi. Era ancora arrabbiato, ma anche confuso. Non sapeva cosa fare o cosa pensare.

"Manuel, ti prego, esci dalla stanza," chiamò sua madre. "Devi ascoltarmi. Ti spiegherò tutto."

Manuel rimase in silenzio per un altro istante, poi si alzò lentamente e aprì la porta della sua stanza. Sua madre lo guardò, con gli occhi pieni di tristezza e di speranza.

"Ti prego, ascoltami," ripeté sua madre. "Voglio spiegarti cos'è successo."

Manuel la guardò, indeciso. Non sapeva se fidarsi di lei o meno, ma sapeva che doveva ascoltarla. Non poteva ignorarla per sempre.

Manuel entrò nella stanza e si sedette sul divano, guardando sua madre. Lei lo guardò e iniziò a parlare.

"Quell'uomo che hai visto con me, non è quello che pensi," disse sua madre. "Non è un altro uomo. È solo un amico."

Manuel non disse nulla, ascoltando la spiegazione di sua madre.

"Era un amico di vecchia data, che non vedevo da molto tempo," continuò sua madre. "Siamo rimasti in contatto e ieri ci siamo incontrati per prendere un caffè. Non c'è nulla tra noi, te lo giuro."

Manuel la guardò, cercando di capire se stesse dicendo la verità o meno.

"Non voglio che tu ti preoccupi per me," disse sua madre.

"Non voglio che tu pensi che stia mettendo in pericolo la nostra famiglia. Voglio solo che tu sappia che posso essere anche felice, anche se non sono più sposata con tuo padre."

Manuel sentì un groppo in gola. Non voleva pensare a suo padre, non voleva pensare a quello che aveva fatto.

"Non voglio che tu sia arrabbiato con me," disse sua madre. "Voglio solo che tu capisca."

Manuel guardò sua madre e si alzò. La abbracciò e le disse: "Capisco, mamma. Non sono più arrabbiato. Sono solo confuso."

Sua madre lo abbracciò forte. "Lo so, tesoro," disse. "Lo so che non è facile. Ma voglio solo che tu sappia che ti amo e che voglio il tuo bene."

Manuel annuì e si asciugò le lacrime. "Ti amo anch'io, mamma," disse.

Sua madre sorrise e lo baciò sulla guancia. "Allora, voglio che tu mi prometta una cosa," disse. "Voglio che tu prometta di non scappare più quando hai problemi. Voglio che tu venga a parlare con me."

Manuel annuì di nuovo. "Lo prometto, mamma," disse. "Ti parlerò sempre dei miei problemi."

Sua madre sorrise e lo baciò di nuovo. "Bravo ragazzo," disse.

E Poi Sei Arrivata TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora