Agosto 1997
"Sai Luke, a volte vorrei solo prenderti a schiaffi, perché sei una testa di cazzo. Vorrei prenderti a schiaffi perché so che porterai la distruzione nella mia vita. Vorrei prenderti a schiaffi perché diventerai cenere, e io non potrò fermarti." Ti dissi, tu eri steso sul prato, e ti sollevasti, per guardarmi meglio.
"Eve, smettila, non diventerò cenere. -mi rassicurasti- Non te l'ho mai chiesto, e sono curioso. Quando hai inventato questa metafora?" Mi domandasti. Ti raccontai della storia della cenere, non omettendo nemmemo un dettaglio.
Gennaio 1991.
Ero con Michael, seduta sul pavimento del salotto praticamente vuoto, nonno stava male in quel periodo, io e lui restavamo in casa, mamma aveva da fare con il nonno.
Le rubavamo le sigarette, le accendevamo in salotto, non preoccupandoci di cosa avrebbe potuto pensare mia madre se fosse entrata. Infondo non importava a nessuno, bastava non rovinare la reputazione di famiglia, fingersi credenti, ubbidienti, e tutto andava bene.
Cadde la cenere sui miei pantaloni, e sfregai per toglierla, inutilmente. Restai ad osservare quei Bermuda malconci, finché non mi inumii il dito con le labbra per togliere la macchia.
"A cosa pensi, Ev?" Mi domandò Michael. Sapeva quando pensavo, sapeva quando avevo qualcosa da dire, sapeva quando volevo tacere. Lui sapeva tutto.
"Anche le persone sono cenere. - sussurrai, guardandolo negli occhi- Vedi Michael, le persone sono fatte così, ti sporcano, si appiccicano alla pelle, poi se ne vanno, e più ti impegni per toglierti lo sporco di dosso, più restano attaccate. Te ne liberi solo quando smetti di pensare, quando la mancanza si trasforma in indifferenza." Gli spiegai, guardandolo attentamente.
"Evanjelin, ti giuro che non diventerò mai cenere." Mi fidai, perché infondo lo avevo sempre fatto, ma non avrei dovuto, non bisogna fidarsi di quelli come noi.
Agosto 1997
"Beh, io non diventerò cenere, non me ne andrò." Mi rassicurasti. Non volevo crederti, per qualche strano motivo mi ricordavi terribilmente tanto Michael, e io non volevo che diventassi come lui.
Mi dicevi sempre che non saresti finito sotto, ma mi ricordai di chi diceva che non è mai la droga a far finire sotto, quanto i pensieri.
Non ti chiesi nulla, in quel periodo mi sentivo persa, completamente. Guardavo i nostri corpi, mi facevano tremendamente schifo.
Il volto scavato, la pelle pallida, le gambe magre. Vedevo le vene morte, gli occhi spenti. Camminavamo sempre a schiena curva, trascinandoci dietro l'odore pesante della droga. Ne morirono tanti come noi, e io mi adeguavo, mi sentivo più morta che viva.
C'erano momenti in cui mi dicevo che smettere sarebbe stata la cosa migliore, mi ripromettevo che avrei convinto anche te, che la vita sarebbe andata meglio per tutti.
Ti guardavo e pensavo che il tempo a nostra disposizione stesse finendo, faceva male, ma non riuscivo a piangere per noi. Con te sarei morta anche io, perché quando ti entra dentro una persona, non ti salvi.
Ti amavo tanto, ma ti odiavo di più.
Ricordo le nostre litigate, ricordo che ti odiavo."Non piangerò per te, non te lo meriti. Tu finirai sotto terra, mangiato dai vermi, e io riderò al pensiero." Ti avevo detto, con tono pacato. Avevi serrato la mascella e stretto i pugni, guardandoti negli occhi, pensai che mi volessi uccidere. Ma non ne avrei avuto il coraggio, saresti morto con me.
Ero andata da Jack, perché non ti sopportavo più, perché io volevo smetterla con tutta quella roba, tornare alle mie canne, tornare nel giro, riprendermi, ma tu no, tu volevi lasciarti fottere da quella roba.
STAI LEGGENDO
Cenere. || Luke Hemmings
Fanfiction"le persone sono come cenere, se le sai tenere, restano; se le lasci andare, scappano; se stringi troppo, scivolano via. Tu eri così, cenere nel vento, andavi in frantumi e poi volavi via, lasciando pezzi di te ovunque."