Epílogo.

26 3 0
                                    

21 Gennaio 2004.

Cuba mi mancava, mi è mancata tanto.
Samayin e Alessandro sono a Santa Clara, io gli ho detto che avrei salutato dei vecchi amici, che mi sarei allontanata per una giornata.

Sono davanti alla tua tomba, e sento il peso di tutti questi anni addosso.
Sono seduta accanto alla lapide, come se potessi essere seduta al tuo fianco, come se per un momento tu potessi tornare.

Entrando nel Virginia ho ritrovato tutto il fascino del degrado. Ho rivisto i muri su cui abbiamo lasciato un segno tanti anni fa, ho rivisto le panchine rovinate del parchetto, ho rivisto il campo da basket con i buchi sull'asfalto. Ho visto volti nuovi, ragazzini nei primi anni dell'adolescenza che sembrano avere il nostro stesso sguardo, la stessa voglia di spaccare tutto, la stessa voglia di andarsene, ma la consapevolezza di non poter sognare.

Io ce l'ho fatta, ce l'ho fatta anche senza di te, anche se a volte fa male, anche se a volte devo ammettere di non essere cambiata, anche se ho dovuto rinunciare a me stessa per stare meglio, anche se poi, a guardare le stelle, non mi ci hai mai portato.

È che il problema è sempre quello, le cose giuste non mi sono mai piaciute, preferisco vivere così, sempre incazzata, sempre nervosa, preferisco vivere così, che arrendermi a quello che la gente ritiene giusto.
In me, di giusto, non c'è mai stato nulla, anche se con te, in tutti quegli errori, in tutti quegli sbagli, tra tutti i nostri demoni, nell'inferno del Virginia, io, riuscivo a sentirmi giusta.

Ho dovuto abbandonare il mio vero essere, accontentarmi di tornare la vecchia me solo ogni tanto, solo per sbaglio, solo se fosse necessario. Ho dovuto imparare a convivere con il mio nero, con il suo bianco, ho dovuto imparare ad apprezzare il grigio, perché mi spaventava, ne avevo paura, a me, l'equilibrio, fa paura.

Le persone sono come cenere, se le sai tenere, restano; se le lasci andare, scappano; se stringi troppo, scivolano via. Tu eri così, cenere nel vento, andavi in frantumi e poi volavi via, lasciando pezzi di te ovunque.

Sei diventato cenere, ti sei appiccicato alla mia pelle, più strofino, più resti lì. Mi hai sporcata con il tuo essere, mi hai resa debole, hai permesso che mi piegassi alle emozioni.

Eppure, in questi anni, ho anche imparato a perdonare Luke, e io, ti ho perdonato. Non importa se non ci sei più, non importa se poi le stelle non le abbiamo più viste insieme, non importa se alla fine, quando guardo il cielo, non ti trovo, non importa se Sam non saprà mai chi fossi. Ho mentito Luke, non ce l'ho il coraggio di raccontare a Samayin che persona fossi, non riesco, perché per lei sei solo bello, del resto non le importa. Le uniche foto che ho di te sono del compleanno di Jack e del mio, quella in cui mi guardi sorridendo, la conservo gelosamente, non sono pronta a mostrargliela, perchè lei sorride come te, perché lei ha i tuoi occhi, perché quel naso piccolo e all'insù non lo ha certo preso da me, non ha preso da me la parlantina, non ha preso da me tutta quella sfacciataggine inadeguata ad una bambina di cinque anni, non ha nulla di me. Mi ricorda te, in tutto ciò che fa, e io, inevitabilmente, non posso non pensare di avere il compito di essere migliore con lei, non posso non pensare che la colpa sia stata anche mia, che se avessi provato a capirti, invece che combatterti, forse sarebbe stato diverso; che se avessimo provato a capirci, invece che giocare a chi potesse dimostrarsi più orgogliosi, forse saresti con me, forse non saremmo così distanti, forse le stelle le avremmo guardate insieme.

Rumori di passi sulla ghiaia mi distraggono dai miei pensieri, mi giro, Jack e Ben si avvicinano, Ben ha in mano dei fiori, sono camelie rosa chiaro, i tuoi fiori preferiti, Jack ha tra le braccia un bambino di pochi mesi, avvolto in una coperta blu.

"Che ci fate qua?" Chiedo, facendo un passo verso di loro.

"Il tuo uomo non è stupido, ci ha avvertiti." Jack mi risponde, mentre piano piano scopre il volto di quel bambino, che somiglia tanto a lui. "Lui è Luke, mio figlio." mi dice, a bassa voce.

Ben posa i fiori sulla tua tomba, mentre io prendo il bambino. Mi avvolgono tra le braccia, e io lo giuro, avrei voluto che fosse tutto a posto, ma quell'abbraccio ha segnato la mia fine e il mio inizio. Non ho mai avuto modo di salutarti come avrei dovuto fare, non sono mai stata in grado di lasciarti andare, non sono mai stata in grado di dire basta, di lasciare che il passato mi scivolasse addosso, non ho mai avuto il coraggio di lavare via la cenere.

È il momento Luke, sono pronta a dirti addio. Guardo tuo nipote, mi sta sorridendo, io e i tuoi fratelli ci voltiamo, allontanandoci.

Via da quel cimitero, via da quelle strade, via dal Virginia, via dalla puzza di questo posto, per dire addio a tutto ciò che in tanti anni ci ha sempre accompagnato, ovunque fossimo, ovunque volessimo scappare.

Sono riuscita a metterti da parte, Luke, sono riuscita a mettermi al primo posto. Io non merito lo schifo del Virginia, non merito di stare qua, non merito di essere così tanto contaminata.
Penso di averti archiviato, non posso dimenticarti, non sarò mai in grado di farlo.
Sei stato l'amore, e l'amore non si scorda.
Ma ho lavato via tutta la cenere che mi avevi lasciato addosso.

Ora, tu, sei in quelle stelle che non ho il coraggio di guardare.

La cenere si appiccica addosso, e ci vuole coraggio per lavarla via, per essere pronti a cambiare.
Io non ce la faccio a dirti che ti amo, non ne ho le palle.
Ti odio Luke, ti odierò per sempre.

Cenere. || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora