parte 7: demonios.

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Settembre 1997.

Il Virginia stava cambiando in quel periodo, le lotte di strada erano all'ordine del giorno, guerra tra poveri, tra gente che non aveva nulla e che voleva qualcosa in più da gente che che aveva meno di loro.

Io e i tuoi fratelli continuavamo a controllare il giro indisturbati, nessuno si azzardava a venire nei nostri territori, incutevamo paura.

Avevo da poco scoperto di essere incinta, e mi ero messa la testa a posto, i giri continuavano, ma io non la toccato più quella merda.

Tu stavi marcendo, eri diventato un mostro, faticavo a guardarti, non avevo ancora trovato le palle per dirti di portare in grembo quella che sarebbe diventata mia figlia.

Mia figlia, perché tu non ci saresti stato, e ne ero consapevole.

Maggio 1997.

Restavamo spesso seduti sugli spiazzi polverosi, era raro che restassimo chiusi in casa, non riuscivamo a stare in luoghi circostritti.

Non stavamo insieme in quel periodo, non ancora, non lo siamo mai stati ufficialmente. Mi stavi simpatico, però.

Avevo smesso di trattarti troppo male, mi limitavo a risponderti, non riuscendo mai ad essere d'accordo con le tue affermazioni.
Mi sembravi uno stupido, piacevi a tutti, tutti ti consideravano una bella persona, eri gentile con molti, non finivi mai in mezzo a qualche rissa, non finivi nei guai, eri abbastanza riservato, eppure, qualcosa di te non mi convinceva.

Era un giorno di pioggia, ma l'aria era calda e non tirava un filo di vento.

Ho ritrovato questo tipo di pioggia quando sono stata a Londra con Alessandro, Sam aveva due anni, si è messa a correre sul marciapiede, saltellando, mio marito si copriva con l'ombrello, cercando di tenere coperta anche me, ma mi spostavo sempre, avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse casa, lui era preoccupato per Samayin, che si facesse male, o che si ammalasse, che cadesse, che qualcuno la toccasse, mentre io ero serena, la spensieratezza di quella bambina mi ha sempre messo di buon umore. Volteggiava con il suo vestitino bianco, ridendo gioiosamente, poi, guardandomi, ha detto "mamma, balla".
Mi piace pensare che si riferisse alla pioggia, che involontariamente abbia attribuito una personificazione ad essa, vedendola come la percepisco io, come qualcosa di bello e allegro, e non con malinconia, come molti sono abituati a fare.

Noi giravamo scoperti anche con la pioggia, non importava a nessuno di bagnarsi, ma comunque era quasi impossibile, quando una goccia toccava la nostra pelle, immediatamente, si asciugava.

Era raro piovesse così a Maggio; Maggio era un mese della stagione delle piogge, solitamente c'erano solo temporali, quelli che tanto amavo.

Tu ti eri voltato verso di me, per poi farmi un cenno, accendendo una sigaretta e trascinandolo lontano dagli altri, che pur di non mettersi tra noi, preferivano non fare domande.

"Evanjelin, oggi piove." Un'affermazione ovvia e per nulla perspicace.

"Quindi?" Avevo chiesto, camminando verso una meta indefinita.

"Nulla, é che mi piace la pioggia, tanto quanto mi piacciono le stazioni, o quanto mi piaci tu, che sei una stronza." Mi rispondevi sempre con frasi che mi lasciavano di stucco.

"Io non l'ho mai vista una stazione." Poi ti avevo baciato, prendendomi una parte di te per la prima volta, perdendomi dentro di te per la prima volta.

Quel bacio fu la mia rovina, per la prima volta dopo anni. Sapeva di rabbia, di dolore, di mancanze, ma mi piacque. Sapeva di schifo, dello schifo che eravamo, ma mi piacque. Mi diede modo di conoscere una realtà diversa, mi diede modo di sentire emozioni diverse dal solito, non ero più semplicemente incazzata, mi sentivo crollare, come se la mia mente avesse già davanti la tua figura a pezzi.

Mio marito fa lo scrittore, è famoso, dicono, ma non ho mai avuto il coraggio di leggere uno dei suoi libri, è affascinato dal degrado del mondo, il degrado che sta anche nei nostri luoghi. Ricordo che durante la presentazione di un libro, in un programma radiofonico, parlò di me.
Gli chiesero chi fosse la sua musa ispiratrice, il suo punto di riferimento, e lui parlò di me, lo fece come se fossi anch'io stessa il personaggio di uno dei suoi libri. Ricordo ogni singola parola, non sono più riuscita a togliermele dalla testa.
"Evanjelin." Rispose lui, come se nulla fosse. Quando gli chiesero chi fossi, non si preoccupò di rispondere, mi raccontò, così come raccontava le storie della buonanotte a Samayin, senza usare troppi dettagli e lasciandosi andare.
"Vedete, Evanjelin è una grande donna. È una donna forte, ma è una donna incazzata. Bisogna avere le palle per stare accanto ad una come lei, si altera con niente, è schifosamente cinica, non si preoccupa del giudizio altrui, pensa tanto, parla poco, ed ha dentro tanto demoni.
Bisogna stare attenti con lei, o si rischia di essere risucchiati, per stare accanto a lei bisogna essere bianco e non avere paura di sporcarsi con lei, che è nero, perché l'unico modo per calmarla è con il grigio.
Ha avuto solo nero nella sua vita, da persone che magari le avevano promesso un po' di quel grigio che tanto ha cercato nella vita.
Non sa dimostrare affetto, non sa cosa sia l'amore fatto bene, ma é ambiziosa, non ha paura di nulla, ottiene sempre ciò che vuole.
É arrivata dal nulla, e spesso ho paura che se ne vada allo stesso modo, senza dare spiegazioni, senza che nessuno se ne accorga, senza fare rumore. Fa paura, fa paura perché é tremendamente incazzata, fa paura perché nessuno ha mai capito come tenerla a bada, ma sa dare tanto."
Gli chiesero se fosse innamorato di me, e la sua risposta mi lasciò senza parole.
"Io? Sì, io la amo. Lei non mi ama, ma mi vuole bene, anche se fatica a dimostrarlo. Non so se abbia mai amato nella sua vita, forse una volta sì, ma non ama parlare di sé. Le persone se lo chiedono spesso, come sia stare accanto a qualcuno che non ti ama, io non mi faccio queste domande; so che lei semplicemente non è in grado di amare, e va bene così, mi vuole bene, mi supporta, mi sta accanto, mi basta questo per essere felice. Ed è sincera, penso sia la caratteristica che più amo di lei."

Spesso penso a quelle parole, lui si è reso conto della mia situazione, ha capito che nella vita mai avrei potuto amarlo, eppure è rimasto, non se n'è mai andato, ha preferito restare al fianco, e gli sarò grata a vita per questo. Non riuscirò ad amarlo, l'amore, dopo di te, non l'ho più conosciuto.

Cenere. || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora