Capitolo 14|La scatola

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Kassandra guardava minacciosa un'unghia troppo lunga per i suoi gusti.

Lentamente, avvicinò il dito verso la sua bocca. Più l'unghia si faceva vicina e più Kassandra la guardava con aria intimidatoria.

Schiuse le labbra, i denti quasi fremevano. Quando la sua preda fu proprio davanti alle sue fauci, Kassandra, con violenza, l'addentò con gli incisivi e come un piccolo roditore cominciò a rosicchiarla.

Kassandra badò poco allo sguardo disgustato di una vecchietta seduta accanto a lei, ma quando due dita affusolate le diedero un pizzicotto al polso, dovette abbassare la mano e rinunciare quindi alla piccola razione di unghie giornaliera.

Synnovea la rimproverò con gli occhi e distolse lo sguardo appena in tempo, sennò avrebbe visto Kassandra asciugarsi il dito bagnato di saliva sul jeans.

Gli occhi verdi saettarono in alto, verso il tetto della chiesa. Degli affreschi, raffiguranti il peccato originale, decoravano la cupola della cappella, e sopra l'altare, fissato con delle catene, vi era sospeso una croce con il Cristo inchiodato e sanguinante.

Il prete parlava gesticolando, una gocciolina di sudore scivolò dalla sua testa pelata. Il viso dell'anziano prete scintillava alla luce del sole a causa di tutte quelle goccioline. C'era molto caldo in quella chiesa e quella lunga tunica non lo aiutava di certo a rimanere fresco. L'unico oggetto che alleviava la sua sofferenza era un piccolo ventilatore, ma non abbastanza alto da potergli rinfrescare il viso.

Kassandra si interrogava sulla grandissima volontà d'animo dell'anziano. Doveva essere davvero fiducioso in Dio, visto che era disposto a stare ore con indosso quella tunica, nonostante il caldo lo attanagliasse.

Synnovea e Klarisa ascoltavano attente l'omelia, occhi fissi sul prete e con la schiena ben appoggiata allo schienale della panca, Kassandra, invece, era piegata su sé stessa: gli avambracci erano posati sulle cosce e la fronte era all'altezza della panca difronte.

Kassandra osservava quegli stivaletti in pelle sintetica, li osservava con profondo odio, i piedi le stavano andando a fuoco. Come avrebbe voluto toglierseli, anche solo per un attimo.

Vinta dalla tentazione, cominciò a sfilare quello destro, girò un po' la testa a destra. Perfetto, Synnovea e Klarisa non se ne erano accorte. Sogghignò soddisfatta mentre muoveva velocemente le dita dei piedi per far asciugare il sudore.

Cominciò a sfilarsi anche l'altro stivaletto ma una presa ben salda la bloccò: Synnovea la guardava con le labbra serrate. A denti stretti le sussurrò di rimetterseli, e presi dei soldi dalla tasca, li diede alla cugina.

-Kassandra, sei una bambina- le sibilò in un orecchio - Non riesci proprio a stare ferma. Va' a casa, prenditi l'autobus. Ciao-.

Le si illuminarono gli occhi verdi, fregandosene del proprio comportamento. Si rimise gli stivaletti e, alzandosi freneticamente, scavalcò la vecchietta seduta accanto a lei, che la guardava scuotendo la testa, sdegnata.

Kassandra alzò le spalle. Poco le importa della cattiva figura! L'importante era la possibilità di respirare aria pulita e prevenire la morte per asfissia.

Corse verso l'uscita, con i soldi che le tintinnavano in mano. All'esterno, il sole si faceva beffa di tutti coloro che soffrivano a causa della calura da lui stesso emanata, gli unici a sembrar felici del caldo, erano le piccole lucertole che se lo godevano sui muretti.

Una di esse, dai riflessi verdi e azzurri, saggiava l'aria con la lingua biforcuta mentre teneva i suoi occhietti fissi su di lei.

Kassandra inspirò l'aria ricca di sale, un venticello delicato danzava lentamente assieme ad alcune sue ciocche corvine, scappate alla sua crocchia.

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