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Capitolo Quinto

Finite le lezioni, mi era rimasto ancora qualche desiderio suicida, ma ero così stanca che probabilmente non avrei avuto la forza nemmeno per ammazzarmi.

Sudata all’inverosimile, mi ero trascinata in segreteria, dove la donnetta nervosa di quella mattina mi aveva allungato le chiavi della mia camera con un sorriso di circostanza. Che schifo di primo giorno.

I professori erano degli stronzi con le rotelle fuori posto, le ragazze tutte oche stupide e senza cervello e i ragazzi tutti fighetti e snob (eccetto Niall e Liam tutti gli altri sarebbero da buttare, mio fratello compreso).

Merda, merda che scuola d’élite.

Ma che ci facevo lì? Non era un posto per me. Era tutto così serioso e noioso…tutto così…

Mi fermai un attimo di fronte alla bacheca degli annunci che troneggiava sulla parete destra del corridoio. Era l’unica macchia di colore in tutto quel bordeaux-marroncino-panna: fogli gialli, turchesi, verdi e fucsia indicavano qualcuno che cercava ripetizioni, qualcuno che vendeva un cellulare o qualcuno che impartiva lezioni di cockney. Mi ricordavano i miei post-it.

Il mio sguardo si perse in mezzo ai recapiti telefonici e alle indicazioni di corridoi e stanze: cominciai a vederci doppio. All’improvviso, un foglio parecchio spiegazzato catturò il mio sguardo.

Sembrava una locandina, quasi, e al centro troneggiava la scritta “West Side Story”. Era uno dei miei musical preferiti: da bambina avevo costretto Jad non so quante volte a fare Tony, e spesso lui fingeva di annoiarsi, e diceva che non c’era gusto a giocare con una mocciosa come me, ma io sapevo che si divertiva da matti. A noi è sempre piaciuto quel genere di cosa.

Mi avvicinai e cominciai a leggere il contenuto di quella specie di locandina. Le audizioni si sarebbero tenute la settimana seguente, dopo di che ci sarebbero state circa 10 ore di prove settimanali fino alla fine della scuola, ovvero quando si sarebbe tenuto lo spettacolo. La professoressa di riferimento era una certa Katherine Wright.

Firmai con il mio nome (ed accanto misi anche corridoio e stanza, dato che molti avevano fatto così) appena sotto il foglio, e poi mi diressi verso la mia camera con il morale un po’ risollevato. Forse quel musical era proprio ciò che ci voleva per rendere il mio ‘soggiorno’ ( o prigionia, fate un po’ voi) un po’ più sopportabile.

Avrei tanto voluto tuffarmi di peso sul letto, ma purtroppo mi accorsi subito di non essere sola. Seduta sul letto accanto al mio, intenta a limarsi le unghie laccate di rosa, c’era la quintessenza della stupidità femminile. Oh, cara vecchia Shandi.

Non alzò nemmeno lo sguardo. Pff. Patetica. Odiosa. Pessima.

Mi lasciai cadere sul letto e chiamai mio fratello, per ricordargli di portare la mia valigia nella mia stanza. Mi rispose al primo squillo, dicendomi che era troppo occupato (era insieme a Roxanne, ne ero più che certa) e che mi avrebbe mandato Niall.

Involontariamente, assunsi una posizione più rigida, e mi sistemai i capelli con un gesto nervoso della mano. Per quello che mi sembrò un secolo aspettai tamburellando con le dita sulle ginocchia, cambiando posizione ogni tre secondi, ed ignorando la presenza di Shandi. Quando bussarono alla porta respirai profondamente e saltai su come una molla.

-Niall ti ring…-cominciai a dire, precipitosamente, con la bocca sempre più secca, prima di accorgermi dell'errore. Davanti a me, con la valigia caricata in spalla, non c’era il biondo, bensì Liam, l’ex compagno di stanza di mio fratello.

Strano.

Perché era venuto lui?

-No, Niall stava facendo una telefonata importante.-disse con semplicità-Così sono venuto io.

A boy like that SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora