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Capitolo Decimo

E fu così che Niall Horan girò per almeno un mese con le uniformi stinte e colorate a macchia di leopardo, ma questa è un’altra storia. La personale storia di Niall, che forse un giorno lui stesso racconterà. Ma questa che scrivo è la storia di Christa, che poco ha a che fare con un cattivo uso della candeggina.

Per fortuna avevo lavato io tutti i suoi vestiti normali, così venerdì alla festa di Paul per lo meno non sembrò un barbone che ha trovato i vestiti nel bidone dei rifiuti.

Le feste nei college sono una prerogativa americana, che tutti pensano inimmaginabili nei college qui in Inghilterra, ma si sbagliano. In pieno.

Qui sono infinitamente più rigidi, e se beccano una festa in pieno svolgimento puoi anche considerarti morto ( o peggio, espulso) ma ciò non impedisce assolutamente che ci siano casino, musica e birra come se piovesse.

Giusto per puntualizzare e per mettere in luce il perché Zayn fosse così contrario alla mia partecipazione.

Nella sua immaginazione perversa mi vedeva ubriaca fradicia in piedi su una scrivania, con la gonna tirata su, a ballare fingendo di essere la cugina bella di Jennifer Lopez.

Io l’ho detto che quel ragazzo ha qualche problema mentale. Secondo me ha battuto la testa quand’era piccolo e la mamma non vuole ammetterlo.

Nonostante i suoi divieti, ovviamente, non mancai alla festa di Paul. Dopo tutta la faccenda di Pam, a Scarlett serviva assolutamente un qualsiasi tipo di distrazione, e a meno che non volesse passare la serata a guardare le repliche delle soap nella sala professori dell’ala Est, con Mrs Cartwright che piange commossa, la festa di Paul era l’alternativa ideale.

Io non pensai davvero a cosa mettermi.

Era una festa nei dormitori, andiamo!

Infilai vestiti a caso, in pratica. Dopo giorni e giorni con l’uniforme, valeva la pena mettere qualsiasi vestito. Quando Scarlett mi aveva vista in jeans e pullover aveva lanciato un urlo terrorizzato, e mi aveva trascinato nella sua stanza. Quando aveva aperto il suo armadio mi ero sentita una fottuta Cenerentola mediorientale.

Entrata nella sua camera, ero semplicemente Christa, ma uscita da questa, ero la versione anglo-pakistana di Christina Aguilera, con tanto di mascara colorato e rossetto rosso acceso.

Una puttana da quattro soldi? No, una strafica, giuro.

Non sembravo nemmeno io, avvolta in quel vestito di seta bianco e verde acqua. Jad mi avrebbe segregata in casa a vita. Nella stanza più remota della torre più alta. O cazzate così.

Scarlett d’altro canto, sembrava uscita da uno di quei film per teenager di pessima qualità in cui la ragazza sfigata diventa la più desiderata della scuola e si sbaciucchia col belloccio di turno. Quasi sembravamo ridicole, tra i corridoi della scuola, conciate così.

Avermi trasformata in quella maniera, aveva già tirato molto su il morale della mia amica, e così pensai di concentrarmi sull’obiettivo principale della serata: salvare Niall da Kimberly. Da Kimberly e da mio fratello.

Bussammo; dalla porta proveniva già un leggero sottofondo. Un ragazzone alto e robusto venne ad aprirci. Ci squadrò e, dopo un fischio di approvazione, ci lasciò entrare.

-Salve, bellezza.

-Ciao.-disse Scarlett, con superiorità. Io lo ignorai semplicemente. Fischiò forte al mio passaggio. Lurido.

I dormitori dei ragazzi dell’ultimo anno erano immensi, rispetto ai nostri, e nonostante ci fossero due ambienti separati, la casa era stipata di persone chiassose e festanti, vestite con abiti succinti da discoteca.

A boy like that SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora