Capitolo XVII

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Varcammo l'arco trilobato, ammantato con foglie di salice piangente in cristallino quarzo, insieme ad un altro gruppetto di studenti con i libri selezionati sotto braccio e la stanchezza ad accompagnarci come un guardingo becchino.

Nonostante la grandezza della sala da pranzo fosse esorbitante, gremita di studenti e chiacchiericcio appariva come un abbraccio caldo dopo una giornata nevosa. Le lanterne erano state tutte accese e gli enormi candelabri, che ricordavo aver visto solo la notte precedente, erano stati sostituiti con delle sfere di fuoco giallognole, che, simili a piccoli soli, calavano eleganti dal soffitto a diverse altezze.

Le grandi vetrate erano spalancate ma, oltre al via vai delle Ierofanie alate, non entrava neanche un mero spiffero di vento.

I tavoli non seguivano una disposizione precisa, ed anche le postazioni dei ragazzi apparivano del tutto casuali. Alcune matricole erano distinguibili, poiché non indossavano ancora l'uniforme della Maximea, individuai il gemello di Bren, che si era accerchiato anche di studenti visibilmente più grandi, ed indirizzai i miei due nuovi amici dalla parte opposta della sala.

Prendemmo posto e, ancora troppo presi dalla vicenda mattutina, appena ci sedemmo iniziammo a sfogliare i libri aspettando che iniziasse la cena, accennando solo un saluto sbrigativo alle matricole che erano già sedute al nostro stesso tavolo.

Non feci in tempo a sfogliare un paio di pagine che qualcosa di estremamente peloso si arrampicò sulle mie gambe, fino ad arrivarmi agilmente in grembo, facendomi sobbalzare per lo spavento, con Esme che soffiava al mio fianco indispettita.

«Elvis!» Sentii urlare da qualcuno in fondo al tavolo, mentre il piccolo animaletto mi ispezionava tranquillo, con le zampette accarezzava delicato i miei capelli e, una volta soddisfatto, si avvicinò curioso al mio viso ed iniziò annusarmi accuratamente, concludendo il tutto con un tenero abbraccio che mi colse ancor più sorpresa.

«Quante volte devo dirti che non puoi molestare la gente solo perché ti sta simpatica?» Lo rimproverò una voce alle mie spalle. L'animaletto però non sembrava aver intenzione di mollare la presa, perciò decisi di assecondarlo e lo abbracciai di rimando. Subito il piccoletto si staccò ed iniziò a saltellarmi felice in grembo, facendomi ridere di gusto.

«Oh Elvis, che schiocchino che sei» Rise l'appartenente prendendolo affettuosamente tra le braccia.

«Scusami, Elvis è sempre molto spontaneo, anche a costo di risultare invadente... Io sono Margot, piacere!» Continuò la ragazza presentandosi con un sorriso.

Era una figura buffa, portava dei cortissimi capelli ricci e crespi completamente rosa, che contrastavano visibilmente con la sua pelle scura, coordinati con la maglietta dov'era posto uno strano logo a caratteri cubitali: "M.G.C."

«Oh, non preoccuparti! È stato dolcissimo, non mi era mai capitato con la Ierofania di qualcun altro» Ridacchiai mentre il piccoletto sporgeva un zampetta, molto simile ad una manina, per afferrarmi nuovamente i capelli.

«Si, Elvis è un procione tutto particolare!» Confermò la ragazza scoppiando in una risata.

Nel frattempo Esme, la gelosa, bussava insistente con la zampa sulla mia gamba, in cerca di attenzioni.

«Io sono Lexie e lei è Esme» Dissi presentandomi a mia volta mentre accarezzavo la mia felina, tranquillizzandola. Margot sorrise ad entrambe e guardò di rimando Bren e Lemon che assistevano silenziosi alla scena.

«Che sbadata! Margot, loro sono Bren e Lemon, siamo tutti delle matricole, probabilmente anche tu, visto che non indossi la divisa» Aggiunsi presentandola ai due che la salutarono cordialmente.

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