Capitolo XXVI

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Era ormai sera quando i ragazzi dovettero lasciare l'infermeria, eravamo addirittura riusciti a convincere Miss Coleen a farci cenare insieme, probabilmente solo perché si sentiva in colpa per il mio isolamento forzato.

Le ferite si erano quasi rimarginate grazie alle attente cure della druida che, puntualmente, cambiava ed imbeveva le bende con pazienza. Inoltre, appena finii di mangiare fui costretta nuovamente a ingurgitare le magnifiche feci di unicorno che, però, mi diedero una sferzata di energia niente male.

Stavo spazzolando Esme nel silenzio del dopo crepuscolo e ripensai alle parole di Lemon che mi ragguagliava sulle nuove scoperte riguardanti l'Avius - Speculum.

«Si narra che una delle prime fanciulle ad essere stata battezzata portasse il pesante fardello di un'immenso potere; puro, terribile ed oltremodo invidiabile.» Spiegò la biondina consultando la pergamena che teneva tra le mani.

«La chiaroveggenza.» Asserì corrugando leggermente le sopracciglia, mentre le piccole efelidi danzavano indisturbate.
«Alcuni sussurrano che fosse ella stessa la fautrice di tale abilità, altri ancora affermano che non sia mai nata, seppur viva e morta in un tempo tutt'ora interminato.» Lesse attentamente guardandomi perplessa.

«Neanche per me ha molto senso quest'ultimo pezzo, ma l'ho scovato in un vecchio taccuino dove qualcuno ha annotato le proprie scoperte personali.» Annuii iniziando a riflettere sulle parole e la incoraggiai a continuare.

«La fanciulla fu bramata, il sapere è potere e l'ingordigia è da sempre la peggiore debolezza umana. Ma ella era già a conoscenza di qualsivoglia evento successo e nuotava da tempo nell'oceano dell'avvenire.» Citò Lemon facendo scorrere lentamente le parole.
«Questa parte invece l'ho trovata in un vecchio libro di fiabe per bambini.» Affermò sedendosi vicina ai miei piedi.

«Il suo, non ci è dato sapere se sia stato un sacrificio o se fu la stessa energia magica a non poter essere più contenuta da fattezze umane,» riprese spostando lo sguardo sulla pergamena «ma molti negli anni si sono imbattuti in frammenti di quel potere, dotati di una propria coscienza e, per mia considerazione personale, è la stessa fanciulla ad essersi frammentata nell'oscuro riflesso che svela preferenziale attimi di vita appartenenti al passato o al futuro.» Lesse, incapace di trattenere un brivido.

«Questa è la parte più macabra, tra le annotazioni di un alchimista del secolo scorso.» Concluse, riavvolgendo l'enorme pergamena.

Fui bruscamente riportata alla realtà dall'apprensiva voce di mia zia.
«Lexie? Stai bene?» Chiese carezzandomi lievemente sulla nuca, non mi ero neanche accorta che fosse entrata nell'infermeria.

Mi riscossi e le feci un piccolo sorriso. «Pensavo te ne fossi già andata, stamattina sei quasi scappata via dopo avermi portata Esme.» Dissi senza girarci troppo attorno.

«Dovevo parlare con Amandine, Lexie, in più ho fatto qualche riunione a distanza... sono oramai tre giorni che non mi faccio vedere a palazzo e le voci iniziano a girare!» Affermò caustica senza riuscire a trattenere un piccolo sospiro esausto.

Silenziosa, prese possesso dello spazio tra me e zia Cara la piccola ed elegante volpe artica, che mi studiava con malizia fino ad avvicinarsi per il suo solito saluto di rito.

«Ciao, Venus» soffiai facendole un caloroso sorriso.

Si accoccolò tra le braccia della regnante e strusciò il suo morbido e candido pelo sul palmo della mia mano penzolante. Mi lasciai avvolgere dalla familiare sensazione, coccolandola in risposta. La Ierofania di zia Cara era piuttosto singolare, non tanto per il suo aspetto esteriore, quanto più per la diffidenza che dimostrava in presenza di estranei. Non era facile che si avvicinasse a qualcuno di sua spontanea volontà, preferiva di gran lunga stare per fatti suoi ed aspettare che la propria appartenente rimanesse sola per raggiungerla.

Maximeanima AcademyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora