Capitolo XXI

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Oramai erano passati diversi minuti da quando Esme era andata a cercare aiuto e iniziavo a preoccuparmi più per lei che per noi, speravo fosse sana e salva. Avrei dovuto chiedere a Len di accompagnarla, per tutte le scope appassite!

Mentre cercavo invano di sporgermi il più possibile, aguzzando gli occhi per intercettare la mia Caracal sul pianerottolo, mi imbattei, inaspettatamente, in uno straordinario sguardo turchino, abbracciato e risaltato da una levigata pelle caffelatte.

Interdetta, strinsi gli occhi più volte, praticamente certa di star immaginando ogni cosa, come successo quella stessa mattina.

«Jacq!» Sentii urlare da Margot, ancorata alla mia spalla fino a stritolarmela.

«Jacq! Jacq!» Continuò a chiamare sollevata, strisciando, con cadenza francofona la "J" iniziale

«Margot?» Chiese il ragazzo stupito sporgendosi leggermente dal corrimano

«Fermo!» Ordinò la riccia mettendolo sull'attenti, poco prima che il ragazzo si avviasse nella nostra direzione, «Siamo bloccati, una specie di liquido untuoso ci ha costretti in questa ridicola posizione» Spiegò, indicando ovvia la scalinata con lo sguardo e – accortasi dell'espressione perplessa di Adone... pardon di Jacq – aggiunse: «Che fai? Non dai una mano alla tua dolce sorellina?» Sbattendo gli occhi innocentemente mentre gli scoccava un'occhiata di rimprovero, un mix piuttosto inquietante, che scatenò una risatina sul volto del lupetto e un sorriso rassegnato increspò invece i tratti dell'aitante fratello.

«Da quanto sei qui? Sei ore all'incirca? Hai già avuto il tempo di metterti nei guai, promettente Margot, davvero promettente!» Sbuffò quest'ultimo con una voce estremamente rilassante, accingendosi a sussurrare qualcosa che indusse l'olio a ritirarsi, accompagnato da un sonoro risucchio, su per le scale

«Oh, grazie, mio eroe!» Esclamò assordante la riccia gettandosi tra le muscolose braccia del fratello, il quale tuttavia sembrò piuttosto infastidito e se la scollò di dosso neanche troppo delicatamente.

Margot, però, non ci diede peso e appena li raggiungemmo si affrettò a presentarci con la sua solita esuberanza.

Il ragazzo era ben piazzato, superava di qualche spanna anche Bren, quindi fu inevitabile che ci guardasse tutti dall'alto. I capelli erano stati completamente rasati, solo una leggera peluria ne faceva supporre il colore scuro, oltre alle folte sopracciglia scarmigliate. Le labbra carnose, poco meno di quelle della sorella, si arricciarono in un accenno di sorriso cortese, mentre le favolose iridi sfuggivano le nostre figure posandosi più volte sul grande portone alle nostre spalle.

Portava tutti gli strati della divisa, sulle spalle aveva persino poggiata la spessa mantella nera, con il cappuccio che giaceva scomposto oltre il collo, dove uno stretto cordoncino ne abbracciava la base permettendo ben poca oscillazione allo strano amuleto argenteo mal celato dal cravattino smeraldo. Dava l'impressione di essersi preparato frettolosamente prima di avviarsi fuori dagli alloggi.

«Jacques piacere, scusate, ma ora devo andare alle stalle prima che la Maximea si risvegli» Disse congedandosi senza troppi complimenti e scendendo gli scalini a due a due.

Lemon mi diede una gomitata e quando mi voltai mi osservava maliziosamente, «Attenta alla bava!» Sussurrò al mio orecchio, alzando e abbassando le sopracciglia cospiratrice

Le restituii il colpo e le risposi con un maturo: «Ah-ah» Prima che entrambe scoppiassimo in un risolino colmo di sottintesi sotto lo sguardo perplesso degli altri due, mentre Margot accennava al fatto che Adone avesse la sua Ierofania nelle stalle.

Un respiro affannato, accompagnato da passettini concitati si affacciò burrascoso al nostro udito...

«Per tutte le scope spennacchiate! Calma cucciola, calma!» Protestò lady Ginze ad un'Esme incorruttibile che spingeva la strega con insistenza nella nostra direzione, aiutandosi nello scopo con il testone, che faceva pressione sulle cosce cicciottelle di quest'ultima.

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