Capitolo 10

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Mi risvegliai in una stanza gigantesca. Quasi non riuscivo ad aprire gli occhi per via di una lampadina messa proprio sopra la mia faccia. Non ricordavo nulla. Subito mi venne un forte mal di testa,e pian piano ricordai cosa era accaduto. Dopo la freccetta paralizante, sentii solo due due mani che mi tiravano fuori dall'acqua e poi il buio più totale.

Alzai un pò la testa addolorante e mi guardai  intorno. Ero in una sorta di laboratorio da scienziato pazzo con solo una vestaglia bianca. Alle pareti, tanti scaffali rivestiti di lacca bianca, e sopra gli scaffali, ampolle, siringhe e tutta quella roba da piccolo chimico. Tra tutti i posti belli che c'erano al mondo, dovevo proprio capitare in quel posto? Mi sarei accontentata dello sgabuzzino di casa mia.
Cercai di alzarmi dal letto, poggiai i piedi per terra e sentii una fitta fortissima alla gamba. Alzai la gamba di scatto e mi scappò un gemito di dolore. Zoppicando mi accostai al muro. Era pieno di cartacce attaccate. C'erano foto di persone, quasi tutti ragazzi della mia età, con una didascalia sotto la foto, con nome età e quello erano in grado di fare. Camminai lungo il muro e lessi velocemente tutte le didascalie. Rimasi sorpresa. C'erano ragazzi con poteri davvero fantastici. Quello che mi colpì di più fu una ragazza di nome Alice che poteva trasformarsi in qualsiasi persona semplicemente toccandola.

Ad un tratto la porta della stanza si aprì e due uomini con un camicie bianco entrarono a testa bassa, leggendo dei referti. Quando avanzarono  nel lettino e videro che io non c'ero più si girarono per la stanza < davvero sorprendente, non ci aspettavamo di trovarti sveglia> Parlò quello più basso. Erano due uomini sulla sessantina uno con una barba folta e castana alto e l'altro pelato e basso, con gli occhi verdi scuro. Sembravano dei tipi affidabili, ma se c'era una cosa che avevo imparato nei film era di non fidarsi di nessuno quando si è in un laboratorio quasi privi di sensi.

Io spaventata accostai al mobile più vicino, e poggiai la mano dietro. Con il palmo sentii l'ago di una siringa. La presi fra le mani. Se solo si fossero avvicinati gli avrei conficcato l'ago negli occhi. <cosa ci faccio qui?> Chiesi diretta.
I due tipi iniziarono ad avvicinarsi a me pian piano e non risposero <cosa ci faccio qui?> Ripetei più forte.  Stavolta si decisero a rispondere. <Sai perfettamente perché sei qua> disse quello più alto. <voglio andare via> I due si misero a ridere e nel mentre continuavano a camminare nella mia direzione. Io tenevo stretta la siringa con la mano  dietro la schiena aspettando che facessero un passo falso, per tirarla fuori.
<Ti dobbiamo mettere il localizzatore.> Disse il più alto. Tentai di diventare invisibile ma mi venne un fortissimo mal di testa e non ci riuscii.
<non puoi usare i tuoi poteri qua. Li controlliamo noi, ti abbiamo messo un micro-cip che blocca le funzioni del tuo cervelletto che controlla appunto le tue abilità. E io ho il telecomando per disattivare o attivare il micro-cip. Cercare di usare i tuoi poteri è inutile e ti fa solo male, è inutile che ci provi> Avrei avuto tanta voglia di prenderlo a cazzotti, ma decisi di darmela a gambe direttamente. Si avvicinarono e uno mi prese per il braccio e mi disse all'orecchio <devi solo collaborare e non ti succederà nulla> Ma non avevo intenzione di collaborare, e così gli infilai la siringa nella mano. Lui mollò la presa e si prese la mano con la  siringa impiantata, e con le lacrime agli occhi. Io inizia a correre per la stanza, e il suo fedele compagno mi inseguì. Iniziarono ad urlare e a chiedere aiuto e a dire
<chiudete i corridoi>. Riuscii ad uscire da quella stanza e mi ritrovai un lungo corridoio sia davanti che ai lati. Pareva una sorta di labirinto. Senza pensarci girai a destra. Corsi più veloce che potevo, come avevo fatto nella foresta.  Sentivo dei passi dietro e delle urla. E così, mi ritrovai di nuovo smarrita impaurita e dal mondo e impaurita.

I muscoli delle gambe si facevano sempre  più pesanti, e sentii di nuovo delle fitte alla gamba destra. Rallentai la corsa. Non sarei riuscita a seminarli, l'unica soluzione era nascondermi. Quando il corridoio terminò girai a sinistra e andai a sbattere contro un infermiere. Era un ragazzo giovane, un volto già visto. Lui mi prese per le braccia, e mi guardò spaventato. Era più spaventato di me. Nel frattempo tutti gli altri ci raggiunsero con il fiatone. Lessi il cartellino del camice del ragazzo. Si chiamava Francisco. <Scusami ma lo devo fare> Estrasse una siringa dal camicie. Cercai di liberarmi dalla sua presa, ma fu troppo tardi e con le lacrime agli occhi sentii la punta dell'ago entrare nel mio collo. Persi i sensi quasi subito. Sentii solo delle mani attorno alla pancia e un brusio di voci. La vista si appannò e le teste degli infermieri le vidi sempre più piccole fino a quando non scomparvero e al loro posto il buio totale.

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