Capitolo 12: Il vero inizio

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Questo che ho raccontato è quello che è accaduto tre settimane fa prima che mi rinchiudessero in questo postaccio. Una stanza piccolissima con un letto chiamato da me "tavola di legno" e una sedia con tanti libri.
Sto scrivendo la mia storia su un quaderno che è l'unica cosa che mi hanno dato a parte i vestiti. Perché la sto scrivendo? Forse per farla leggere a qualcuno in futuro. Forse perché non ho nient'altro da fare. O forse perché ho bisogno di scriverla, perché mi sento sola, e sono sola. Non ho nessuno con cui parlare se non con le guardie e gli infermieri. Ho pianto così tanto che ormai le lacrime non scendono più.
Non c'è cosa più brutta della solitudine, ti fa sentire vuoto incapace di affrontare la vita. Mi manca la mia famiglia i miei amici. Il mio Peter.
Ecco perché sto scrivendo la mia storia: perché così quando mi sento sola rileggo quello che ho scritto e mi sento "meglio". Ripensare a tutto quello che è successo dopo la caduta del meteorite mi fa venire un nodo allo stomaco. Sono questi poteri che mi hanno portato via dalla mia casa.
Chiunque me li abbia dati venga a riprendeseli.
Vi prego.

Vengono ogni tanto dentro per prendermi 3 fiale di sangue e Dio sappia cosa diamine stiano facendo con il mio sangue. Non posso parlare con nessuno perciò canto da sola, davanti a uno schermo tutto nero da cui sono sicura che loro mi stiano fissando. Dopo che ho sbaragliato Mike dall'altra parte della stanza mi hanno preso e portata qua. Dicono che io sono diversa, e non capisco di cosa stiano parlando.
E quella dannata voce che ho nella testa? Mi sta facendo diventare pazza. Per non parlare dell'infermiere soldato Francisco che quando viene a prendermi il sangue parla in codice, e io non capisco cosa diamine stia dicendo.
Qui dentro non posso usare i miei poteri. Dicono che ho anche il potere di creare campi di forza. Solo che non me li fanno usare. Bella fregatura.
Ho passato queste tre settimane a trovare un modo per scappare da qua. Ma niente, tutte le porte si sigillano non appena gli infermieri le varcano.
A volte quando mi annoio inizio a parlare con lo schermo nero, tanto so che mi stanno ascoltando.

<Ehi, sentite non è che mi potete portare una ciambella alla crema? Sapete fa leggermente schifo qui la roba da mangiare>
Dico passeggiando per la stanza.
Inzio a ballare con il mio camicie bianco tutto sporco di sangue del naso. Qui dentro mi capita spesso di perdere sangue dal naso, e penso sia colpa loro. Mi danno acqua ma so perfettamente che non è acqua. Non ha proprio niente di acqua.
<mi mettete un pó di musica? Sarebbe fantastico>
A mia sorpresa mi mettono una canzone. Non so che canzone sia ma è orecchiabile perciò la ballo.
Poi la bloccano sulla parte più bella, ed entrano due infermieri < Ehi ragazzi mi avete già preso sangue stamattina, non sono il vostro donatore personale> gli urlo. <Abbiamo finito con te, puoi ritornare in campo con gli altri> Dice l'infermiere più brutto.
Finalmente. Non che stare di là sia molto meglio che stare qua, ma almeno quando vai a pisciare, non ci vai con la scorta.
Prima ti tengono 3 settimane qua, ti fanno diventare pazza e poi vengono come se niente fosse a prenderti.
Tutto questo è molto strano.

Mi fermo davanti alla mia vecchia stanza dove ci sono i miei "amici" e con di nuovo la mia tuta da Natasha Romanoff e busso. I corridoi sono affollati. Volti mai visti prima mi fissano. Elena apre la porta e mi guarda come se fossi un fantasma. <ehilà> dico io sorridente. Non risponde, e dopo un pò mi abbraccia. <ti credevamo morta> dice tra le lacrime. Beh non si può dire che io sia proprio viva. Non mi sento per niente bene.

Il fatto è che non ho ancora realizzato tutto quello che sta succedendo. Spero ancora che sia un brutto sogno dal quale mi sveglierò presto.

Mike e Josh non cercano minimamente di fare un discorso con me e neanche io ci provo. Sono tutti strani. Mi guardano storti come se avessi ucciso qualcuno. Elena mi chiede dov'ero ma sono di poche parole e gli spiego le cose in generale <ma è orribile> dice lei <già chissà cosa vorranno da noi>

Finito il pranzo mi dirigo dal comandante. Mi vuole parlare. Con un cenno della mano saluto i miei "amici" e dopo aver fatto 4 rampe di scale deserte sono di fronte alla porta della stanza dove il comandante e i suoi burattini dirigono la situazione. É qui che decidono chi far fuori, quando fare le spedizioni, e ora ci saranno il generale, il comandate, la direttrice e il governatore probabilmente.

Senza bussare la porta viene aperta dal generale Scott. Gli occhi di tutti sono puntati su di me. Entro con schiena dritta e le braccia dietro. <ti stavamo aspettando> Ci sono proprio tutti. Chissà perchè mi hanno chiamato. Girano voci che stare in questa stanza è un privilegio. Per me è solo una grande perdita di tempo. Quando il genarale si gira noto un signore alto che sta parlando con lui. É il papà di Peter. Henry Osborn. Una parte di me vorrebbe saltargli sopra e cavargli gli occhi. Un altra mi trattiene. Sono tutti seduti intorno ad un tavolo rettangolare molto lungo, che occupa tutta la stanza. Alle pareti sono appesi degli schermi dove loro ci tengono sotto controllo.

<Siediti prego> Dice Il papà di Peter. <Parlate> dico con non curanza. Il generale scuote la testa e sorride, e io rimango sulla soglia della stanza con la porta aperta. Il generale chiude la porta e va a sedersi a fianco al comandante. < Ti vogliamo proporre un accordo> <non me ne importa> dico guardando negli occhi il comadante. < E se ti dicessi PETER> dice il capo dei servizi segreti. Usa suo figlio contro di me. Lo odio non lo sopporto una persona spregevole. Come vedono la mia attenzione il comadante prosegue. < Domani andrai sul campo di battaglia insieme ai tuoi amichetti e dopo che avrai settacciato tutta la zona di Kid city e ucciso i sopravissuti ti lascieremo libera.> <e i miei amici?> ridono tutti insieme. <Loro non fanno parte dell'accordo. Sarai libera e ti porteremo in una zona protetta dove c'è anche il tuo ragazzo e la tua amica.> Kid City è il posto più contaminato del pianeta. Brullica di zombie e le radiazioni che ci sono lì non sono neanche la metà di quelle presenti in tutto il pianeta. Perfino per un potenziato che riesce a sopravvivere alle radiazioni è rischioso. In qualsiasi caso io non sono un pollo. <E perchè avete chiamato me?> dico appoggiando le braccia sul tavolo. <Perchè sei la più potente di tutti. In queste tre settimane ti abbiamo analizzato per bene, e abbiamo capito quanto tu sia formidabile. Hai una potenzialità in più rispetto ai tuoi amichetti e in più sei sopravissuta al morso di uno zombie il che significa che riesci a sopravvivere al veleno e alle radiazioni meglio di chiunque altro.> E allora se sono così potente perchè mi mandano via? che senso ha lasciarmi libera? Ma sopratutto come fanno a sapere che sono stata morsa da uno zombie? <E se sono così preziosa per voi perchè mi lasciate libera?> <Non ti fidi di noi? Che peccato. Ti avevamo anche preparato una sorpresa.> < Quale sorpresa?> <Ci stai si o no?> C'è una possibilità che mi stiano dicendo la verità ma vale la pena rischiare? Fisso tutti i presenti. Non voglio stare in questo posto tutta la vita. Forse andando nel campo di battaglia potrei scoprire cose utili che qui tengono nascoste. Il problema è che sto mettendo a rischio anche la vita dei miei amici. Sarei una persona spregevole accettando questo accordo.
Io sono una persona spregevole.
< Si va bene sono dentro> Dico mettendomi in piedi a testa alta. <Questo non lo deve sapere nessuno.> Dice il generale. Il signor Osborn si avvicina a me, mi prende per un braccio e mi porta nella stanza a fianco dove trovo Peter poggiato al muro. La gioia che provo non si può descrivere a parole, è qualcosa di troppo complesso e grande. Il capo esce e mi lascia da sola con Peter. Peter mi fissa incredulo. Non riesco a trattenere le lacrime. Mi mancava così tanto. Lui corre subito verso di me e mi abbraccia. Sentire di nuovo il suo corpo a contatto con il mio mi fa scoppiare di gioia. Affondo la testa nella sua maglietta e lui mi stringe più forte. Il suo profumo invade le mie narici e mi sento al sicuro. nella stanza si sente solo il mio pianto. <Mi sei mancata tanto.> Si stacca da me e io mi avvicino per baciarlo ma lui mi blocca. <Non possiamo ci stanno guardando probabilmente.> <E tu ti vergogni?>Chiedo incredula. <No e che sarebbe strano> Non credo a quello che sta dicendo! Un mese che non mi vede e fa lo schizzinoso.
<Potrai anche diventare invisibile ma rimani la solita ingenua> dice con un mezzo sorriso che alla fine si poggia sulle mie labbra.

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