Capitolo 19

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Non appena Shawn alza la maglia mia madre si copre la bocca con le mani, e le lacrime iniziano a rigare il suo volto. 

<Scusami, un errore mio.> Si asciuga il viso e si rimette a sedere tirando su col naso. <Cosa cercavi?> Chiede improvvisamente Shawn. Mia madre guarda prima me, poi risponde. Una voglia, cercava una voglia.

<A dire il vero ce l'ho, ma è coperta dall'elastico dei boxer.> Il ragazzo si alza nuovamente la maglietta abbassando di poco l'elastico delle mutande. In quel momento mia mamma crolla con le ginocchia a terra in un pianto che sembra quasi liberatorio.

Una piccola voglia rosa che sembra quasi una fragola.

<Mamma cosa ti prende?> Mi avvicino prendendola dalla spalle, facendola poi sedere sulla poltrona. <Mi dispiace così tanto.> Le dispiace? Di cosa?

<Elisabeth, di cosa ti dispiace?>
<Dylan andiamo a casa mia, per favore. Ho bisogno di, ho bisogno che tu mi chiarisca una cosa.>

Entrare a casa di mia madre mi fa sempre uno strano effetto. Anni fa, quando successe quel casino con Edin, io e Dylan la implorammo di trasferirsi, ma non volle sentire ragioni. Ogni volta che apriamo questo discorso, afferma di avere troppi ricordi in questa casa.

Si muove freneticamente per la casa, raggiunge lo studio di mio padre e apre la porta con la chiave. Da quando ne ho memoria, quella stanza è sempre stata chiusa, anche quando mio padre era in vita. 

Scorre una pila di documenti e cartelle e ne prende una abbastanza voluminosa. <Eccola.> Il suo tono di voce è basso ed è rotto dal pianto. Ha gli occhi rossi e gonfi e di tanto in tanto ci lancia delle occhiate quasi pietose. <Sicura che tua madre sia un tipo con tutte le rotelle a posto?> Sussurra Shawn al mio orecchio facendomi sorridere. 

<Mentre Dylan consulta quei documenti, posso parlarvi un secondo?>  Ci sediamo nel grande salone della mia vecchia casa e mia madre inizia il suo interrogatorio.

<Come mai sei qui, Shawn?> Il ragazzo non capisce e a dire il vero nemmeno io. Mia madre è sempre stata in grado di indossare una maschera di mistero, sempre però abbastanza sottile. <Voglio dire, che ci fai a New York? Dove vivi?>

<Sono, sono qui per disintossicarmi. Alyssa mi segue e vivo in comunità, adesso.> Abbassa lo sguardo, visibilmente imbarazzato. <Oh.> L'unica cosa che riesce a pronunciare mia madre, ancora con gli occhi lucidi e pieni di lacrime.

<E i tuoi genitori?> Chiede ancora.
<Non se ne fregano. Sono stato adottato, ma a quanto pare non mi hanno mai voluto. Troppo scapestrato per quella famiglia.>

Mia madre continua a piangere, singhiozza e tiene stretta la mano di Shawn. Davvero non capisco, mi risulta davvero difficile decifrare questa situazione.
Intanto il cielo fuori è limpido e sembra non rispecchi l'umore di nessuno dei presenti. 

Dylan entra nella stanza in silenzio tombale, guarda tutti e tre, uno alla volte, soffermandosi ogni volta che incontra occhi diversi. <Ho fatto qualche telefonata.> Dice scrutando mia madre, che annuisce solamente. 

<Dobbiamo andare in ospedale.> Mette i documenti nella cartella e infila il giubbotto raggiungendo la porta. <Perchè?> 

<Perché si, Alyssa. Ti spiego dopo. Tu Elisabeth resta qui. Torniamo appena abbiamo finito.> 

Il viaggio in macchina è silenzioso, nessuno osa parlare. Mi perdo ad ammirare il paesaggio che veloce scorre alla mia destra, come se avesse fretta. Per una volta sembrava che la vita mi sorridesse e invece eccomi qui, con quella comune sensazione di panico e frustrazione che mi ha accompagnata nella mia adolescenza.

Una vita felice era tutto quello che volevo, un lavoro che mi rendesse fiera e una casa piena d'amore. Tutto questo ce l'ho, ne sono consapevole, ma mai una volta che le cose vadano sempre bene. Ho anche trovato un amico, Shawn, ma è arrivato nella mia vita nel momento sbagliato, nel momento in cui le cose stanno di nuovo andando a rotoli. 

Con le braccia incrociate guarda fuori dal finestrino, giocherella, come sempre, con un elastico al polso. Il suo viso è teso, la sua mascella contratta, ha un'aria da duro, ma è un ragazzo umile e con un cuore grande. 

Dylan guida verso l'ospedale ad una velocità impressionante, è nervoso ed ha contagiato, ahimè, tutti noi. 

<Mi spieghi perché hai richiesto un test del DNA? Non ti seguo Dylan!> Sono furiosa, vedo rosso dalla rabbia, davvero non capisco. Ci ha trascinati qui per un test del DNA, a me e a Shawn. Io lo so cosa crede, lo so e ne sono certa. Ha forse paura che Clarissa non sia sua figlia?! Maledizione!

Cammino avanti e indietro lungo il corridoio bianco dell'ospedale, maledicendomi ad alta voce. <Davvero non ci arrivi?!> Gesticola mio marito davanti ai miei occhi. <No, Dylan. Vorrei una dannata spiegazione!> 

<Pensavo fossi più sveglia.> Sussurra. Premo le mani sul suo petto spingendolo, ma non si muove di un centimetro. In risposta mi blocca i polsi ma mi dimeno attirando l'attenzione della gente. <Ci fissano tutti, smettila dannazione.> 

<Non me ne fotte un cazzo!> Urlo in italiano, liberandomi. <I risultati sono pronti.> Un'infermiera carina ci invita ad entrare in una stanza e noto come guarda mio marito. Ma vaffanculo pure tu. 

Dylan apre la busta leggendone il contenuto. Posa tutto, chiude gli occhi e si copre il volto con le mani. <Allora?> Chiede Shawn seduto al mio fianco. Mio marito annuisce, guardando il ragazzo dritto negli occhi. Si alza dirigendosi alla grande finestra. Lo sento singhiozzare e imprecare, davvero non capisco. <Vorrei una spiegazione, mi sento stupida!> 

Shawn si avvicina alla mia sedia inginocchiandosi, prende le mie mani e le bacia bagnandole con le lacrime. <Sai, in tutta la mia vita ho sempre sognato avere qualcuno su cui contare, una spalla su cui piangere e qualcuno da proteggere.> Sorride, facendomi sciogliere il cuore come cera al sole. <Finalmente l'ho trovato.> Scoppia a piangere sulle mie ginocchia e, accarezzandogli i capelli, finalmente capisco il motivo del test del DNA. <Oh mio Dio.> 

Mi alzo di scatto con gli occhi sgranati, Dyaln non mi toglie gli occhi di dosso, teme in un mio crollo e in questo è sempre stato molto apprensivo. <Tua madre aspettava due gemelli, te e un maschietto. Ha portato al termine la gravidanza senza intoppi, tutto a meraviglia. Dopo aver partorito però, anzi un giorno dopo del parto, le comunicano che il maschio, il più grande, è morto a causa di un'infezione ai polmoni. A casa arrivò la bara chiusa, nessuno ha mai visto chi fosse quel bambino realmente.> Spiega Dylan con calma. Mi toglie una ciocca di capelli dal viso, asciugandomi poi le lacrime con i polpastrelli. Mi stringe contro il suo petto lasciandomi sfogare.

Mi allontano da lui, poggiando una mano sulla spalla di Shawn. <Ehi.> Si gira lentamente, senza far incontrare però i nostri sguardi. <Ehi.> Tira su col naso, lo prendo dalla maglietta avvicinandolo a me di colpo, avvolgendolo poi in un abbraccio. Piangiamo insieme, come due bambini. E' un mix tra felicità e rabbia. Sono incazzata perchè qualcuno ha strappato via una parte di me troppo presto, ma sono felice perchè l'ho ritrovata, ho ritrovato mio fratello, un fratello che non ho mai saputo esistesse ma che ho amato dal primo momento in cui l'ho visto, senza nemmeno sapere chi fosse.

Sorpresona!!!

Devo dire che la maggior parte di voi hanno capito sin dall'inizio che Alyssa e Shawn fossero fratelli. Bravi 👏

Finalmente, forse, ci sarà un attimo di tregua nelle loro vite godendosi così la felice atmosfera famigliare.

Cosa ne pensate???

Alla prossima 💋

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