Ora capisco l'occhiata di Keller, ma non capisco perché di tutte le persone che poteva scegliere per me, ha scelto proprio qualcuno con cui sa che ho dei problemi.
Rileggo il nome e sbatto le palpebre pensando che non è reale ciò che leggo, ma più lo faccio più il nome risalta. Alzo la testa e tra la gente intravedo la persona segnata sul foglietto, mi guarda cercando di capire cosa ho intenzione di fare.
«E se rifiutassimo?» mi esce dalla bocca senza pensarci e attiro l'attenzione di tutti i presenti su di me.
«Siccome voi del secondo siete meno rispetto a quelli dell'ultimo anno di uno, dovrai andare con l'unico libero Dave Jovanovic» no, decisamente no, quello sì che incute timore e preferiremo morire piuttosto che fare coppia con lui.
Rileggo il nome e sospiro frustrata, è vero che la sfortuna è sempre con me, specialmente in momenti come questi. Sbuffo infastidita e raccolgo il mio zaino, mentre la gente inizia ad uscire dell'aula, riguardo ancora una volta il foglietto e lo accartoccio infilandolo in tasca.
Evans, maledetto bastardo lui sarà la mia condanna a vita, non bastava sopportarlo a lezione di economia e in giro per la città, no doveva essere anche il mio compagno di studio. Mentre esco dall'aula magna intravedo Samanta appoggiata al muro pensierosa e appena mi vede mi viene in contro e io mi fermo senza un motivo preciso.
«Chi è?» so a cosa si riferisce, ma voglio fare la finta tonta, parlarmi come se nulla fosse non è una cosa che approvo anche perché io sarei ancora arrabbiata con lei.
«Chi è, chi?» domanda mentre la guardo facendo la finta confusa e lei sbuffa spazientita.
«Lo sai non fare finta di non capire» si sta irritando e a me non importa molto in questo momento, non mi è mai importato più di nulla dopo che ho perso mio padre, l'unica cosa alla quale do importanza è la mia famiglia, nel resto sono apatica verso il resto del mondo.
«Senti Samantha vai via e non parlarmi» le suggerisco anche se resta comunque irritata dal mio comportamento, la delusione le sta invadendo.
«Per te è sempre così, non vuoi che ti aiutino, non vuoi parlare mai con nessuno, non vuoi nulla, non fai nulla che non sia una tua idea, ma guarda che le tue idee si sono rivelate le più pessime delle tua vita, guardati a fatica tiri avanti e ogni anno è peggio» so che ha ragione, so che sono arrivata a un punto dove tutto ha perso di senso nella mia vita, so che io non sboccerò mai come un fiore, ma rimarrò sotto terra al sicuro e mi limiterò a sopravvivere. Sono paralizzata, ancorata al passato e non riesco ad uscire da questo tunnel senza fine, mi sono fatta un po' di gironi dell'inferno e quelli di Dante per me non bastano.
Mi giro e lascio Samantha lì da sola in mezzo al corridoio, vado fuori sulla scalinata e guardo in cielo limpido sopra di me, il sole inizia a scaldare l'ambiente attorno a me, ma a me non scalda più da un po', dentro sono un pezzo di ghiaccio, sono diventata la peggior arma di distruzione per me stessa e per gli altri. Sono nata dannata e lo morirò, non testerò mai l'amore di una persona o meglio del mio ragazzo, non saprò mai cosa vuol dire essere felice e non smetterò mai di fare ciò che faccio, mi sono arresa. Non credo al destino, al fato o a cazzate del genere perché nessuno potrebbe essere così malato dal scrivere una vita del genere per una persona, io almeno non augurerei nemmeno al mio peggior nemico di vivere nelle mie condizioni. Ho sbagliato tanto, ho preso decisioni stupide dettate dall'istinto, dalla poca maturità, dalla mia voglia di sapere sempre di più.
«Milton, oggi è proprio il giorno in cui dobbiamo incontrarci mentre siamo da soli» lo guardo mentre fuma la sua solita sigaretta, penso che per lui è diventata una cosa indispensabile fumare. «Si lo è, in assenza di altro le sigarette sono la mia anestesia» come se avesse letto nei miei pensieri, come se sapesse già cosa frullava dentro la mia testa.