Christian.
«Chiamate Lily» urlo mentre le tocco la fronte, è fredda, sembra una lastra di ghiaccio. La giro su un lato delicatamente e guardo il cuscino scopro di sangue, le si è aperta la ferita.
Dylan è seduto a terra e tiene la mano della sorella, la paura si legge sul suo volto e poi lancia una veloce occhiata a me, leggo la sua preghiera silenziosa: aiutala.
«Quando arriva Lily chiamatemi» affermo con un tono di voce glaciale e poi mi incammino verso il corridoio che conduce al seminterrato, oggi sentirà per due volte la mia furia.
Scendo le scale di pietra e le luci si accendo al mio passaggio, le mani le tengo in tasca e la testa è bassa, penso a come farlo soffrire per quello che le ha fatto, ma la mia testa mi dice di fare quello che mi viene meglio quando mi arrabbio.
Arrivo davanti alla porta di metallo e la apro con un colpo secco, sbatte contro il muro facendo trasalire Simon che mi guarda consapevole di quello che succederà, ma prima voglio divertirmi un po'.
In fondo ora la sua vita è nelle mie mani e posso fare quello che voglio.
«Guarda un po' chi è tornato. Paparino quale sarà la mia punizione adesso?» il tono sarcastico che usa non mi va bene, ma decido di lasciarlo fare, quello che ti aspetta sarà molto peggio.
«Dipenderà da una sola cosa» inizio a parlare mentre chiudo la porta e mi appoggio ad essa tenendo le mani in tasca e facendo incrociare le caviglie tra di loro, mente il suo sguardo diventa tremendamente serio e la cosa mi fa ghignare soddisfatto «Sai pochi sanno cosa è successo quella notte, e tutti sono i miei compagni fidati, quindi la domanda che mi sorge è: come fai a saperlo tu?» lo vedo deglutire e la cosa mi fa capire che forse molti dei miei dubbi sono più che giusto.
«Pensi davvero che te lo dirò Evans? L'hai quasi uccisa quella notte» mi rifaccia con crudeltà e io stringo la mascella cercando di mascherare il fatto che la rabbia sta bussando alla porta, pronta ad entrare e fare strage.
«Simon Simon, non hai ancora capito che qui comando io e che se io faccio una domanda tu rispondi?» chiedo con tono pacato mentre con una leggere spinta in avanti stacco le spalle dalla porta e tiro fuori le mani dalle tasche avvicinandomi a lui, leggo il terrore nei suoi occhi e la cosa mi fa ridere soddisfatto e malvagio.
«È di famiglia perdere la testa per delle ragazze vedo» afferma e io capisco che non si sta riferendo a Ashley, ma a quello che è successo quella notte e la cosa mi fa scattare prontamente in avanti e gli afferro i capelli, mi piego sulle ginocchia e lui mi guarda con odio.
«Sei tu che l'hai persa ora. Hai ucciso quasi una ragazza, hai approfittato di lei, le hai fatto del male, perché poi? Perché sei un perdente.» mi sputa in faccia e io mi pulisco il viso sorridendo soddisfatto del suo gesto e smetto di giocare, gli tiro un pugno sul naso, il sangue inizia a uscire a fiotti e la cosa mi fa solo sorridere come un malato.
Inizio a riempirlo di pugni, non gli do nemmeno tempo di respirare che lo colpisco. La rabbia cieca mi fa perdere il controllo e il contatto con la realtà, mi fa tornare in quella dimensione buia e piena dei miei peccati, piena di sangue di gente innocente.
È una guerra fatta contro di me questa, è tutto avvenuto per colpa mia, se solo quella sera avessi eseguito gli ordini.
«Hai un solo compito Christian» mi spiega all'auricolare la ragazza dal altro lato, che è lontana da questa scena.
«Si lo so» affermo mentre mi addentro nella zona dove si trova il mio obiettivo e come al solito mantengo la calma.
Fare fuori una persona non è una novità per me, nemmeno ubbidire a degli stupidi ordini. Tra mio padre e tutto questo ormai sono abituato. Io sono il sicario della situazione, uccido per gli altri. I grandi non si sporcano mai le mani, anche se io non la penso proprio così.