Terza parte

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Quel pomeriggio, nella grande cucina della sua casa, la signora Carmela mi disse che tutta quell'agitazione che avevo notato era dovuta all'organizzazione della festa per il ritorno di Giulio, il figlio prediletto. Lui, il più grande, il più bello, il più intelligente, quello che era andato a vivere da solo a Roma per studiare e diventare un bravo avvocato. Si riempiva la bocca e il cuore di madre orgogliosa ogni volta che parlava di questo figlio, cosa che non accadeva con gli altri tre. Da una parte la capivo, lei, gran donna, bella, dotata di stile ed eleganza, avrebbe voluto un futuro brillante per ognuno dei suoi figli, ma a parte le due femmine non di eccelsa bellezza che avevano fatto ottimi matrimoni grazie al nome e al patrimonio della famiglia, l'ultimo figlio, u picciriddu, somigliava più ai miei fratelli, ovvero buzzurri contadini con l'aria strafottente, trasandati e con le scarpe sempre piene di terra, con i capelli perennemente impregnati dell'orrenda brillantina che mettevano anche i signorotti bavosi del paese. Giulio era di altro livello, non si mischiava affatto con gli altri ragazzi, e la sua voglia di emergere in quel mondo dove contavano più le terre che gli studi in quanto fonte di guadagno e potere, lui aveva seguito i consigli della madre, voleva diventare altro dal padre, vestire bene e avere un lavoro di prestigio. Da quello che mi raccontava la signora Carmela anche il marito era fiero, nonostante non avesse visto di buon occhio il fatto che Giulio volesse studiare, ma alla fine aveva ceduto, con il patto che una volta tornato a casa si sarebbe comunque occupato degli affari di famiglia. Più la ascoltavo mentre mi offriva una limonata preparata con le sue mani più i miei pensieri viravano a lui, ai suoi occhi, al suo modo di guardarmi, a quella faccia da schiaffi bella da morire, e senza accorgermene iniziai a fantasticare, immaginandomi tra le sue braccia, con la sua bocca che divorava la mia, le sue mani che si infiltravano spudorate tra le mie cosce, spalancandomele, per poi arrivare con le dita a stuzzicarmi la fica, allargando le labbra umide, tra il piccolo cespuglio biondo del mio pelo pubico.

"Per la festa voglio regalarti un bel vestito."

Quella frase mi distolse dalle mie sconce fantasie, alzai il viso esponendo il rossore delle mie guance, lei si accorse che qualche pensierino poco pulito stava girovagando nella mia testolina, e mi sorrise.

"Eh lo so, oggi fa molto caldo. Bevi la limonata, vedrai che ti rinfrescherà."

Mi sentii in imbarazzo, quella donna lo aveva capito che stavo pensando al figlio, ma la sua espressione compiaciuta mi diede l'idea che la cosa le piacesse.

"Vuole regalarmi un vestito? E perché?"

"La festa che stiamo organizzando per Giulio sarà grande, ho invitato molta gente di spicco, amici importanti che verranno da Palermo, e voglio che tu sia più bella che mai."

Aggrottai le sopracciglia non capendo il significato della sua frase, ma il solo avere un vestito bellissimo come i suoi tutto per me mi rese felice.

"La ringrazio signora Carmela, non sa quanto sono contenta. Mia madre non vuole che compro vestiti belli, dice che non mi servono, e che una ragazza per bene non mette vestiti per attirare l'attenzione degli uomini su di sé."

"Quello che dice tua madre posso capirlo, tu sei molto bella Chiara, hai molti occhi addosso, credi che non lo sappia? Non sai quanti uomini pagherebbero una fortuna per averti, ma tu sei destinata a un uomo che sia all'altezza della tua bellezza e del tuo animo delicato."

"Lo so ho ventitre anni e sono una zitella, ma non mi piace nessuno."

"Proprio nessuno?" Mi chiese lei con uno sguardo di chi la sa lunga. Arrossii di nuovo e abbassai lo sguardo sul bicchiere di limonata, giocherellai con le gocce d'acqua che scendevano sulla parete esterna facendomi freddare i polpastrelli.

"Ho in mente per te un vestito nero, di quelli che fasciano il corpo senza stringerlo, lungo fino alle ginocchia, senza maniche e con uno scollo ampio per mettere in evidenza quel bel seno che hai, poi un bel paio di scarpe nere con il tacco alto e come accessori avevo pensato alle perle. Certo sono da donna sposata, ma un filo corto a fior di collo di perle piccole sarebbe adatto per te. Hai un portamento da modella, sei elegante, fine, non c'è nessun altra ragazza in paese perfetta come lo sei tu."

Perfetta, per cosa? Pensai.

La guardai cercando di decifrare le sue parole, lei ricambiò il mio sguardo sorridendomi e inaspettatamente mi accarezzò la testa, facendo poi scivolare la sua mano sui miei capelli.

"Chiara, io e tua madre siamo amiche da sempre lo sai."

"Si lo so, mia madre ci tiene molto a lei signora Carmela."

"In più le nostre famiglie fanno affari insieme da anni, la nostra casa è sempre aperta per voi, e tu sei la figlia che ho sempre sognato."

"Signora ma lei ha due figlie stupende!" esclamai udendo quella sua dichiarazione.

"Le mie figlie somigliano al padre, sono lagnose, senza carattere, sono delle brave mogli per carità, ma non hanno il fuoco della passione, lo spessore di grande femmina, libera di testa, ma con la fierezza e l'amore per il proprio uomo. Una vera donna fa il proprio uomo pur rimanendo la sua ombra, non il contrario, ricordalo."

La guardai ancora stupefatta dalla sua sicurezza, era un esempio per me, in lei trovavo la donna che avrei voluto essere, e le sue parole, sinonimo di grande affetto, erano carezze per me.

"Grazie sempre di tutto signora Carmela, lei è un esempio per me."

Glielo dissi, con un trasporto che di solito non avevo, troppo abituata a reprimere le mie emozioni che mi scalpitavano dentro impazienti di uscire.

"Tesoro vedrai, ti prometto una vita bella, piena di passione e amore."

Arrossii di nuovo e proprio in quel momento entrò Giulio in cucina, si fissò subito su di me, mi guardò ancor prima di aprire bocca e i miei occhi si puntarono sul suo viso estasiati.

"Ah eccoti. Hai da fare qualcosa prima di pranzo?" Chiese la signora Carmela al figlio.

"Volevo riposare, sono entrato solo per prendere una limonata. Ce n'è ancora?".

"Certo lo sai che ne faccio sempre tanta quando ci sei tu a casa, so quanto ti piace."

Giulio le sorrise dolcemente, poi si abbassò e le diede un bacio sulla fronte. Quel gesto mi colpì moltissimo perché denotava quanto amore e complicità ci fosse tra loro due. La signor Carmela lo venerava e lui venerava lei.

"Chiara fammi un favore, prendi un bicchiere dallo scolapiatti e versa un po' di limonata a Giulio."

Mi alzai senza ribattere ma avvertii le ginocchia tremarmi non appena mossi i primi passi, cercai di tranquillizzarmi non volendo apparire una stupida ragazzina, presi il bicchiere e mi diressi di nuovo al tavolo, lo appoggiai in modo da poter afferrare la caraffa con la limonata; con le mani tremanti versai il contenuto nel bicchiere cercando di non farla cadere, poi presi dei cubetti di ghiaccio dal frigo dove poco prima la signora Carmela li prese per me. Sentivo lo sguardo di Giulio addosso come un vento caldo e selvaggio che mi graffiava la pelle, e solo dopo aver terminato di preparargli la limonata alzai gli occhi verso di lui. Ero imbarazzata, lui lo capì e colse l'occasione per giocare ancora come aveva fatto appena ero arrivata nel salone. Allungò la mano per prendere il bicchiere che lentamente gli porsi, appoggiò le sue dita sulle mie sfiorandole sotto gli occhi brillanti della madre che estasiata ci guardava felice. Lì, in quel momento, improvvisamente, capì le parole che mi avevo detto pochi minuti prima la signora Carmela, mi furono chiare le sue intenzioni, il suo sguardo colmo di gioia mi fece comprendere che in me vedeva la futura moglie di suo figlio. Ecco perché mi coccolava così tanto, ecco perché mi vedeva così tanto perfetta. Osservavo lei, poi di nuovo lui, poi lei, poi lui, provando mille sensazioni che mi vorticavano dentro lo stomaco: imbarazzo, brividi, eccitazione, vergogna, pudore, paura. Mi piaceva Giulio, al punto che vedermi accanto a lui dentro un'enorme navata di una chiesa in abito bianco non mi fece rabbrividire come accadeva di solito quando pensavo a un possibile mio matrimonio. Lo volevo, e in quell'istante, dove la magia del nostro contatto non toccò solo me ma anche lui capendo le sue intense emozioni che traboccavano dai suoi occhi velati, sperai con tutta me stessa che quel sogno a occhi aperti si realizzasse.


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