Sesta parte

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I preparativi per la festa che la signora Carmela organizzò per il ritorno a casa del suo figlio prediletto coinvolse anche i miei genitori. Mia madre andava tutti i giorni da lei e mio padre la accompagnava. A me non era permesso andare ma tutta quell'agitazione e il coinvolgimento da parte dei miei in una cosa che poco c'entrava con la nostra famiglia mi spinse a fare domande che sapevo non mi erano concesse. I miei non mi avrebbero mai detto nulla, quindi decisi di chiedere ai miei fratelli. Salvatore il più grande usciva la mattina presto per andare a lavorare nei nostri campi insieme ai contadini e tornava alla sera poco prima di cena e sapevo che se solo avessi provato a fargli qualche domanda mi avrebbe sgridata e messa a tacere anche con una punizione. Rosario il mezzano era meno rigido, più strafottente ma sempre molto buono con me. I suoi occhi, azzurri come i miei, erano sempre dolci e sorridenti e anche se non era un ragazzo modello tentava in tutti i modi di somigliare al fratello maggiore e a suo padre per non deludere le aspettative che quest'ultimo aveva per ognuno di noi figli. Anche Rosario lavorava nelle nostre terre ma dopo le cinque del pomeriggio tornava a casa per lavarsi, cambiarsi e uscire con gli amici non volendo rinunciare al divertimento e allo svago. Lo aspettai trepidante e appena sentii la porta di casa aprirsi gli andai incontro.

"Ciao Rosario, come stai?"

"Mmm, che vuoi ragazzina?"

"Che vuoi dire. E poi non sono più una ragazzina, ti ricordo che ho ventitre anni."

"Di solito non vieni mai a salutarmi, oggi invece mi hai aspettato davanti alla porta. Dai, dimmi che vuoi."

Mi conosceva troppo bene, lui più di tutti gli altri componenti della mia famiglia mi capiva anche solo osservando i miei movimenti. Gli sorrisi arricciando il naso e mi abbracciai provando imbarazzo.

"Che cosa sta succedendo? Mamma e papà stanno sempre a casa della signora Carmela. Che c'entrano loro con l'organizzazione della festa? Mica è figlio a loro."

"Ehhhhh, picciridda!"

Rosario scoppiò a ridere, mi superò per filare in camera sua. Lo afferrai per un braccio e lo strattonai.

"Che dici! Parla!"

"Ti vogliono far maritare. Contenta?"

"Con chi?"

"Come con chi, con l'avvocato."

"Con Giulio! Ma io non voglio sposarmi e che neanche lui."

"E che ne sai!"

"Me l'ha detto lui, un giorno, mentre parlavamo con la signora Carmela."

Rosario mi guardò gonfiandosi il petto come chi ne sa sempre una più del diavolo.

"Rosario che è quella faccia!"

"Mi vado a lavare, ho bedde caruse che mi aspettano."

"Rosarioooo!" Gridai ormai esasperata dai suoi modi insolenti. "Tutti mi trattate come una ragazzina, o peggio una stupida. Sono una donna ormai."

"E proprio per questo ti devi maritare. Dovresti ringraziare mamma e papà che per te hanno trovato non solo il partito più in vista e ricco del paese, ma è pure bello, ha studiato, è avvocato, parla bene. Farai la vita da signora, e quando la sera tuo marito si infilerà tra le lenzuola non ti dispiacerà affatto."

Le guance mi andarono a fuoco. Accidenti alla mia carnagione chiara che mal nascondeva le mie emozioni. Le ultime parole di Rosario mi riportarono alla mente le mani di Giulio, le sue dita tra le mie cosce, la sua lingua nella mia bocca. Chiusi gli occhi, abbassai la testa e piena di vergogna corsi in camera.

L'innocenza perdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora