3 Stranezze

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Lydia aprì di scatto gli occhi e si mise seduta. Si sentiva indolenzita e aveva un gran mal di testa. Si guardò attorno e vide sua madre addormentata su una poltrona e sua sorella addormentata su un divanetto. La stanza era bianca con una grande finestra da cui filtrava la calda luce del sole estivo. Una leggera brezza muoveva le tende bianche. Lydia scostò le coperte e sfiorò con i piedi il pavimento: era freddo e le mattonelle bianche lucide le davano l'impressione che fosse ghiaccio. Poco più in là trovò delle pantofole e se le infilò. Si era appena messa in piedi quando un capogiro la fece ricadere goffamente sul letto. Sentì una risatina e si guardò attorno alla ricerca di qualcuno sveglio. Guardò la finestra e notò che c'era qualcuno seduto sul davanzale. Come aveva fatto a non notarlo prima? Era una ragazza alta quanto lei, i capelli biondi le incorniciavano i viso, sembrava un angelo. Aveva gli occhi di un celeste tendente al blu e le labbra sottili, ma invitati, erano piegate in un sorriso. "Chi sei?" chiese Lydia. Non le piaceva che la gente ridesse di lei, ma doveva ammettere che era caduta in una maniera da Paperissima. "Sono Catrine Bellos" disse la ragazza. "Che ci fai qui?" chiese Lydia tentando un'altra volta di alzarsi. Questa volta ci riuscì e si mise davanti a Catrine. Notò che aveva delle belle curve. Indossava un vestito bianco con la vita alta. La gonna era di tulle e il corpetto era ricoperto di glitter argentati. "Sono venuta per evitare che un altro Tracneh ti attaccasse" disse lei con disinvoltura. "Un altro che?" disse Lydia confusa. "Tracneh, sono essenze di puro male sotto forma di persona" spiegò Catrine. "E fammi capire, tu saresti qui per proteggermi?" chiese Lydia stupefatta. Quindi lei era in pericolo e doveva affidarsi a quella bambola bionda vestita tutta carina? Ma anche no! "Praticamente sì, ma ora devi vestirti" disse Catrine porgendole un vestito come il suo però nero. "Perché?" chiese Lydia osservando sconcertata il vestito: non era il suo genere! Lei adorava i pantaloni e detestava i glitter. La biondina catturò la sua espressione e disse: "Preferisci uscire così?" "In effetti no!" disse Lydia prendendo in mano il vestito nero. Era soffice e fresco, come se fosse stato immerso nel ghiaccio. "Perché devo uscire?" chiese Lydia cominciando a vestirsi. Una volta infilato il vestito guardò Catrine. "Mi mancano le scarpe" disse. Catrine le porse dei tacchi da dodici neri. Lydia scosse la testa, sarebbe caduta in continuazione con quei...cosi ai piedi. Siccome Catrine non cedeva, fu costretta a metterseli e provò a fare avanti e indietro per la stanza. Non se la cavava male. Catrine la raggiunse e le porse una caramella bianca ovale. Lydia la guardò scettica e la bionda disse: "Non è avvelenata, è per il tuo alito...è da tre giorni che non ti lavi i denti". Lydia la guardò interrogativa e Catrine rise ancora una volta di lei. "Hai dormito tre giorni" disse. Lydia la mangiò e guardò la sua famiglia, solo ora notò che suo padre era sdraiato sul pavimento. Sorrise, era tenero. "E...dove stiamo andando?" chiese. Catrine la guardò con i suoi occhi celesti/blu e le prese la mano nella sua, era calda e soffice. "In un posto più sicuro. Quando i Tracnih ti prendono di mira, non ti resta che difenderti" disse Catrine. "Ma...loro?" disse Lydia indicando la sua famiglia. "Al loro risveglio non si ricorderanno più di te" disse Catrine evitando lo sguardo della mora. Lydia sentì qualcosa di caldo che le solcava la guancia e se l'asciugò sorpresa: era una lacrima e lei non aveva mai pianto. Seguì Catrine fuori dall'ospedale incontrando gente malata con sorrisi tirati sul volto cereo. Sorridere, nascondere il dolore per non pesare sulla coscienza degli altri. Lydia guardò Catrine mentre attraversavano Central Park: teneva lo sguardo davanti a sé e evitava categoricamente quello della mora. "Precisamente tu cosa sei?" chiese Lydia. "In che senso?" chiese Catrine confusa, lo si vedeva dalla fronte corrugata. "Sei tipo una guardia del corpo?" chiese Lydia studiando la bionda-bambola da urlo. Lei rise e Lydia si sentì tremendamente stupida. Forse c'era qualcosa che lei non sapeva e che teoricamente doveva sapere. Catrine non rispose e continuò a camminare. Il viaggio continuò così: silenzio contro silenzio. Catrine si fermò davanti a un palazzo bello alto, era ancora in costruzione però. Catrine le prese un'altra volta la mano e Lydia la strinse forte, era come un'ancora in quel momento. Catrine la trascinò verso lo scheletro di un'apertura e la trascinò dentro. Fu come passare sotto un getto di acqua fredda. Appena dentro non era più un palazzo in costruzione, ma sembrava la sede dell'FBI. C'erano cinque o sei ascensori e una specie di centro assistenza pieno di schermi con due operatori. Una era molto anziano con i capelli bianchi e gli occhi verdi infossati, il volto solcato da righe profonde ed era leggermente sovrappeso. L'altro era giovane, alto e slanciato con i capelli castani (simili a quelli di Lydia) e gli occhi grigio tempesta (come quelli di Lydia). Ma i suoi non sono privi di vita, pensò amaramente la ragazza. "Ciao" disse Catrine avvicinandosi a quello giovane. "Ciao" rispose lui con un sorriso. Aveva una voce ferma e profonda, non era leggermente acuta come quella di Catrine. "È pronta la stanza per la nostra amica" disse la bionda indicando Lydia. Il ragazzo fissò il suo sguardo sulla mora e ebbe un sussulto. "Ci conosciamo?" chiese. "No" rispose Lydia porgendo la mano. "Piacere, io sono Lydia Rulling" disse la ragazza. Lui la strinse con un sorriso sulle labbra e davanti agli occhi di Lydia per solo due secondi apparvero due bambini: una bambina che assomigliava molto a Lydia e un bambino che assomigliava a quel ragazzo che giocavano sulla neve. Quando l'immagine sparì Lydia strizzò gli occhi e si concentrò di nuovo sul ragazzo che aveva di fronte. "Io sono Alex Person" disse lui. "Avete anche la stessa età" disse Catrine eccitata. "Sì, li compio l'8 Agosto" disse Alex grattandosi la nuca. "Che coincidenza, anche io!" disse Lydia sorridendo. Sorrideva? Da quando sorrideva? Quella giornata era piena di stranezze.

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