Ero stanca della pesantezza della mia vita. Non c'era una singola cosa che andasse per il verso giusto, non c'era una sola cosa che mi rendesse felice.
Mia madre non c'era più.
Mio padre mi trattava come fossi feccia.
Ero sola.
Ero spenta.
Ero l'ombra di me stessa.
Avevo deciso che non aveva più senso continuare in quel modo, soffrire ancora. Perdere mia madre era stato l'apice della mia sofferenza, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Quel vaso, adesso, era totalmente frantumato. Mille pezzi sparsi e scomposti. Inutili.
Ma sapevo che, se avessi dovuto mettere fine alla mia vita, avrei dovuto fare un'uscita di scena epica. Epica, per ripagare lo squallore della mia esistenza.
Avevo deciso. Mi sarei immersa nell'acqua, aspettando che la corrente mi trascinasse con la sua forza lungo il fiume, per poi lasciarmi travolgere, scivolando giù per la cascata, finendo tra le rocce.
Così avevo deciso, e così feci.
Ascoltai il rumore dell'acqua che si infrangeva sugli scogli, e il pensiero di saltare giù mi fece sudare freddo. L'adrenalina scorreva nelle mie vene.
Avevo paura?
Forse.
Avevo rimorsi?
Neanche uno.
L'ultima cosa che ricordo è che non smettevo di ripetere a me stessa "Tieni gli occhi chiusi, fra poco sarà finito tutto quanto. Potrai finalmente essere felice".
Chiusi gli occhi e saltai giù, senza alcuna esitazione. Nel giro di qualche minuto il mio cuore aveva smesso di battere.
La cosa che mi fece più paura non fu il momento in cui ero perfettamente consapevole di stare per morire, ma quello in cui mi risvegliai.
«Sono viva!»
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to survive
Teen FictionJudith Roberts. 17 anni. La sua vita era un casino, niente andava come doveva andare. Era tutto sbagliato. Ma niente è destinato a durare per sempre. #26 IN AVVENTURA.