Ero letteralmente incollata al suo petto, la sua mano faceva pressione sulla base della mia schiena. Il tempo si era come cristallizzato nel momento in cui i nostri occhi si erano incontrati. I nostri visi erano vicini, forse fin troppo. Quando mi resi conto della situazione mi affrettai a staccarmi e indietreggiai di un passo. I suoi occhi color smeraldo mi scrutavano ancora, come se stessero aspettando qualcosa, ma la domanda era "cosa?".
Sentii le guance avvampare, per fortuna eravamo al buio.«Che fai qui?» la mia voce tradì il mio imbarazzo. Un sorrisetto beffardo comparve sul suo viso.
«Tua madre mi ha mandato a chiamarti. Altri due minuti ad aspettarti e sarei morto di vecchiaia.» la sua voce era seccata. Mi stava prendendo in giro.
Di colpo il mio imbarazzo si trasformò in veleno.
«Beh, se non ti conviene sai dov'è la porta.» lo guardai fisso negli occhi. Poi sorrise di nuovo. Questa volta era un sorriso diverso, uno di quei sorrisi meravigliosi, irresistibili a tal punto da farti cedere le gambe. Sospirai e non riuscii a non ricambiare.Quel ragazzo riusciva a confondermi.
«Ragazzi, venite di sotto!» la voce della mamma interruppe il corso dei miei pensieri.
Hunter si voltò e scese le scale senza più degnarmi di una parola.
Arrivati al piano di sotto, salutai i signori Mikaelson e raggiunsi la mamma in cucina. La aiutai a portare i piatti in tavola.Finito il pranzo, la signora Mikaelson, che poco prima avevo scoperto chiamarsi Lillian, aiutò la mamma a sistemare tutto quanto. Papà e Nicholas, il padre di Hunter, erano a discutere di affari e automobili in salotto.
Hunter mi prese per un braccio e mi trascinò fuori casa. Nell'altra mano teneva le chiavi di una BMW.
«Ehi, ma che fai?»
«Andiamo a fare un giro, lasciamo i vecchi a far le cose da vecchi» mi dedicò un sorriso mozzafiato che mi lasciò senza parole. Come avrei mai potuto replicare?Salimmo in auto e partimmo, uscendo dal vialetto e incamminandoci verso una destinazione a me ancora ignota.
Hunter infilò la mano dentro la tasca dei jeans, dalla quale uscì un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e se la mise tra le labbra, la accese e ripose nuovamente il pacchetto in tasca. Osservavo le sue sopracciglia leggermente aggrottate mentre fumava, lo sguardo concentrato sulla strada di fronte a sé. Era davvero un bel ragazzo, ma non uno dei soliti "bei faccini". Il suo sguardo, i suoi gesti avevano qualcosa che mi affascinava. Era speciale. Non avrei saputo dire in cosa, o perché. L'unica cosa di cui ero certa era che non avevo mai incontrato nessuno come lui.
«Smettila.» disse con un tono irritato.
Di colpo arrossii, rendendomi conto che lo stavo fissando da un po', e mi girai di scatto dal lato opposto, puntando lo sguardo fuori dal finestrino.
«D-di fare cosa?» cercai di far finta di nulla, ma il mio tono imbarazzato mi tradì.
«Di fissarmi.» il suo sguardo era ancora fisso sulla strada.
«Non ti stavo fissando..» mentii, con tono incerto. Mi maledii mentalmente per essere così impacciata.
«Come dici tu.» lo sentii sorridere. Sorrisi anch'io per la figuraccia.
«Allora.. quanti anni hai?» il suo tono curioso non mi lasciò indifferente.
«Quindici.»Si voltò di scatto nella mia direzione. I suoi occhi erano sgranati e la fronte corrugata
«Quindici anni? Oh.. Okay. Sono decisamente sorpreso. Di certo non pensavo che fossi grande, ma neanche così piccola..» fece una piccola pausa.
«Fortuna che non ti abbia sfiorata» lo sentii sussurrare.Tralasciai il suo commento e gli chiesi anch'io quanti anni avesse. Scoprii che aveva 19 anni, che studiava letteratura al college, suonava la chitarra e che, in futuro, avrebbe voluto lavorare in una casa editrice.
Mi stupì la disinvoltura con cui parlò, e ancora di più mi stupii di me stessa e della naturalezza con la quale gli parlai dei miei futuri progetti e delle mie aspirazioni.
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to survive
Roman pour AdolescentsJudith Roberts. 17 anni. La sua vita era un casino, niente andava come doveva andare. Era tutto sbagliato. Ma niente è destinato a durare per sempre. #26 IN AVVENTURA.