Chapter eleven.

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Mi svegliai a causa di un tonfo proveniente dal fondo della camera. Qualcuno stava bussando. Mi guardai intorno con occhi assonnati, mettendo a fuoco la stanza. Dalla porta a vetri che dava sul balcone penetrava la luce del sole, illuminando l'intero ambiente.
Scostai le coperte e con riluttanza mi alzai, andando ad aprire la porta. Mi trovai davanti Tyler, con la sua solita espressione indecifrabile. Alle sue spalle c'erano le mie valige. Il ragazzo le prese ed entrò in camera senza dire una parola.
«Ma prego, entra pure.» mormorai, ironica.
«Fa' una doccia e vestiti. Hai dieci minuti.» sentenziò, lasciandomi nuovamente da sola.
Sbuffai sonoramente dirigendomi verso il bagno. Mi svestii velocemente e feci una doccia. Indossai un semplice jeans, una felpa bordeaux e delle vans nere. Mi guardai allo specchio, studiando il mio volto.
Gli occhi, gonfi e rossi a causa delle lacrime versate quella notte, erano accompagnati da due profonde occhiaie violacee. I capelli, gonfi e spettinati, davano il tocco di classe al mio aspetto da mostro. Li spazzolai per poi legarli in uno chignon disordinato, lavai i denti e tornai in camera. Trovai Hunter steso sul mio letto, con le dita intrecciate dietro la nuca e lo sguardo rivolto al soffitto. Sbattei la porta del bagno per l'irritazione. Voltò il capo nella mia direzione e mi rivolse un sorriso sghembo.
«Buongiorno raggio di sole.» disse in tono ironico, enfatizzando le ultime tre parole. Alzai gli occhi al cielo, tirando un sospiro di frustrazione.
La sua espressione si indurì.
«Non ti hanno mai detto che è maleducazione alzare gli occhi al cielo?» domandò, punzecchiandomi.
«Non ti hanno mai detto che è maleducazione tenere in ostaggio qualcuno? Suvvia Hunter, non è carino.» risposi alla sua provocazione, fingendo uno sguardo di disappunto.
«Tecnicamente sei tu che hai accettato di diventare di mia proprietà.»
«Io non sono di tua proprietà.» chiarii gelida, scandendo ogni singola parola.
«Mi hai ricattata, hai minacciato qualcuno a cui voglio bene. Non ti avrei permesso di fare del male alle mie amiche.» dissi senza pensare, per poi rendermi conto che era stata proprio la mia "amica" ad aver agito alle mie spalle, tendendomi una trappola.
Lui notò l'espressione dei miei occhi cambiare e si alzò dal letto, posizionandomisi di fronte e guardandomi compiaciuto.
«Povera piccola ingenua.» lo fulminai con lo sguardo. Con uno scatto improvviso mi avvicinai a lui e lo spintonai.
«Ma chi diavolo ti credi di essere?» sbraitai paonazza.
Mi guardò divertito, con un sorrisetto insopportabile stampato sul volto. Avrei tanto voluto prenderlo a pugni.
Ripensai a ciò che mi aveva detto la sera prima, a quanto fosse stato falso nei miei confronti e al modo in cui mi aveva presa in giro, e sentii la rabbia montarmi dentro, facendomi perdere il controllo. Mi scagliai contro di lui, spingendolo e dandogli colpi sul petto.
«Come hai potuto farmi questo? Sapevi quello che avevo passato, sapevi quanto avessi sofferto. Sei un lurido bastardo.» priva di ogni filtro, gli urlai contro fino allo sfinimento. Le sue mani afferrarono i miei avambracci, immobilizzandomi. Lo guardai risentita, gli occhi ridotti a due fessure, ansimando. Il sorriso gli era morto in volto, le labbra erano strette in una linea dura e lo sguardo era inespressivo.
Il mio petto si sollevava ed abbassava velocemente per la rabbia. Con uno strattone mi liberai dalla sua presa e feci qualche passo indietro.
«Stai lontano da me.» lo minacciai.
«Sennò? Mi scaraventi contro un muro?» rise, avanzando di qualche passo nella mia direzione. Più lui si avvicinava, più io indietreggiavo, fino a quando non mi ritrovai intrappolata fra la parete e il suo corpo. Mi squadrava dall'alto, mettendomi a disagio.
«Non so di che parli.» mormorai, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
«Oh, io credo che tu sappia benissimo di cosa sto parlando.» la sua voce era ridotta ad un sussurro. Avanzò di un altro passo. Riuscivo a sentire il suo fiato sulle mie labbra, e questa sensazione mi mandò un brivido lungo la schiena. Non avevo paura. Non temevo che mi uccidesse, sentivo che non l'avrebbe fatto. Nonostante provassi un profondo sentimento di astio nei suoi confronti, c'era qualcosa in lui che mi attraeva, qualcosa che mi costringeva a stargli vicino, a cercarlo. Nonostante tutto.
«N-no.» balbettai. Non sapevo realmente di cosa stesse parlando, ma la sua vicinanza mi faceva entrare ancora più in confusione. Mi faceva andare fuori di testa.
Sorrise beffardo. Avvicinò il suo viso al mio, con il naso sfiorò il mio collo,
«Streghetta impertinente.» sussurrò al mio orecchio, il suo corpo premuto contro il mio. Le gambe stavano per cedermi quando realizzai ciò che aveva detto. Misi le mani sul suo petto e gli diedi una spinta, allontanandolo dal mio corpo.
Lo guardai sconcertata, come se mi avesse appena confessato di avere cinque teste. Anche se, date le mie ultime scoperte, non mi sarei stupita più di tanto.
«Cos'hai detto?»
«Che sei impertinente?» tentò. Scossi la testa in segno di diniego.
«No. Prima» precisai.
«Che sei una strega.» cercai qualsiasi cenno di sarcasmo sul suo volto, ma la sua espressione, per una volta, era seria. Rimasi senza parole. Nonostante tutte le cose insensate che erano accadute negli ultimi tempi, pensai che fosse assurdo.
«Pensavi che non l'avremmo scoperto.. e invece.» disse soltanto, per poi voltare le spalle ed andare via.
Rimasi lì per qualche minuto, poi scrollai via i miei pensieri, ricordandomi che Tyler mi stava aspettando. Uscii dalla mia camera, camminai a passo spedito lungo il corridoio ma, mentre stavo per svoltare l'angolo, finii addosso a qualcuno. L'impatto mi fece perdere l'equilibrio, ma un braccio muscoloso mi sorresse, impedendomi di cadere.
«Ehi, fa' attenzione!» il moro tenebroso teneva ancora il braccio attorno alla mia vita.
«Scusami.» mormorai imbarazzata.
«Stavo venendo a cercarti. Ci hai messo un po'.»
«Sono stata trattenuta.» dissi, guardando istintivamente alle mie spalle. Capì all'istante di cosa stessi parlando e annuì.
«Seguimi.»
Ci avviammo verso quella che doveva essere la cucina. Non appena entrammo, mi fece cenno di sedermi su uno sgabello, e intanto tirò fuori dal frigo del succo, ne versò una quantità abbondante in un bicchiere e me lo porse. Poi si avvicinò alla credenza e prese dei biscotti.
«Tieni, mangiane un po'.» disse, porgendomi la confezione.
«Non ho fame.» confessai. Mi lanciò uno sguardo esigente.
«Hai bisogno di mangiare. È stata una lunga nottata e questa giornata non sarò da meno: oggi inizia il lavoro.» annuii. Guardai con riluttanza i biscotti, poi ne presi uno e lo addentai.
«Dove sono gli altri?» domandai dopo qualche minuto.
«Luke è fuori. Hunter gli ha lasciato dei lavori da fare, ma tornerà da un momento all'altro. Danielle ci sta aspettando.»
«Cosa succederà adesso?» esitò qualche momento.
«Non lo so.» rispose sospirando. Dalla sua espressione capii che era sincero. Presi qualche altro biscotto e bevvi un po' di succo. Lui se ne stava seduto sullo sgabello di fronte al mio, in silenzio.
«Tyler..»
«Si?» sollevò lo sguardo su di me.
«Sono una strega? Voglio dire.. Ho dei poteri magici?» feci una smorfia nel pronunciare quelle parole. Strabuzzò gli occhi alla mia domanda. Si ricompose quasi subito, riflettendo su come rispondermi.
«Come avresti potuto ribaltare la mia auto e scaraventarmi dall'altro lato della stanza sennò?» rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Perché lo chiedi a me? Dovresti saperlo.»
«Ed è proprio questo il problema. Tutti quanti lo dite come se fosse qualcosa di scontato, ma io non ho la più pallida idea di cosa parliate. Non so perché l'auto si sia ribaltata anziché venirmi addosso. Non so come sia riuscita a farti fare un volo di due metri. Non so neppure come possa esistere la magia, come Hunter riesca a cambiare aspetto, come i tuoi occhi possano diventare gialli. Ho una tale confusione che temo che la mia testa possa esplodere da un momento all'altro. Negli ultimi tempi ho visto cose che farebbero ammattire chiunque. È qualcosa che non riesco a comprendere.» ascoltò con attenzione ogni singola parola, per poi scuotere la testa.
«Tuttavia non ne sei spaventata.» constatò, pensieroso.
«È assurdo che tu non lo sapessi. Questo tipo di magia non si manifesta dal nulla. C'è una cosa che devi fare affinché questo avvenga. È una regola che non si può eludere.» scossi la testa a mia volta.
«No, non avevo idea. Te lo posso assicurare.» in tutta risposta fece spallucce.
«Non hai risposto alla mia domanda.» gli feci notare. Aggrottò le sopracciglia.
«Che domanda?»
«Come possono i tuoi occhi diventare gialli.» spiegai.
«Non era una domanda.» precisò. Sventolai una mano in aria.
«Hai capito che intendo.»
«Così.» in un lampo le sue iridi si dilatarono, colorandosi di un giallo brillante. Dopo qualche secondo tornarono come prima. Assunsi un'espressione di stupore.
«Cosa sei esattamente?»
«Sono un lupo.» disse tranquillamente. Sgranai gli occhi.
«Un lupo?» ripetei sbigottita. Annuì in risposta.
«Un lupo mannaro, per l'esattezza.» disse, addentando un biscotto. Lo guardai con curiosità.
«Mangi tut..»
«Tutto ciò che mangi anche tu.» mi interruppe annuendo, rispondendo alla mia domanda.
«Cosa credevi? Che mi nutrissi di carne umana e che bevessi sangue per vivere?» mi chiese, trattenendo un sorriso. Non potei fare a meno di sorridere a mia volta.
«Si, qualcosa del genere.» ammisi. Per qualche momento Tyler riuscì a farmi dimenticare di Hunter, di Danielle, di Luke, del rapimento. Per mia sfortuna, però, la piccola pausa dalla vita reale si concluse.
«Mi dispiace interrompere la vostra amabile chiacchierata, ma abbiamo del lavoro da fare.» mi voltai, vedendo Hunter appoggiato allo stipite della porta con un'espressione seccata. Posai nuovamente lo sguardo su Tyler, che all'improvviso era tornato serio. Sbuffai, alzandomi e dirigendomi verso la porta.
«Fammi strada.» dissi rassegnata.
Camminammo per un paio di minuti per i corridoi di quello che mi dava sempre più l'impressione di essere un labirinto. Ci fermammo davanti ad una porta aperta. Luke, in piedi vicino l'entrata, aveva le spalle appoggiate alla parete. Danielle se ne stava seduta sul pavimento a gambe incrociate. Hunter mi fece cenno di entrare per prima, seguendomi subito dopo. Non appena Tyler ci raggiunse, si chiuse la porta alle spalle. Quando varcai la soglia, gli occhi di entrambi i presenti si posarono su di me.
La stanza era vuota, priva di arredamento, fatta eccezione per un lettino bianco da studio medico. Le pareti ed il pavimento erano di legno, intonati con il resto della casa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 18, 2018 ⏰

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