Chapter eight.

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«Noah, non devi necessariamente seguirmi dovunque io vada come un bodyguard. Posso anche cavarmela da sola per andare al bagno.» dissi, ridendo, quando notai che si alzò in piedi nell'esatto istante in cui io mi alzai per andare a fare una doccia.

Aveva trascorso tutta la mattinata a sorvegliarmi o, come diceva lui, a tenermi compagnia e ad accertarsi che non mi servisse nulla. Mi disse che Danielle sarebbe stata fuori con Luke per tutto il giorno, e che quindi, nel frattempo, lui sarebbe rimasto con me. Mi domandai se non ci fosse del tenero fra quei due.

«O-okay..» rispose, abbassando lo sguardo.

Lo vidi arrossire e non potei fare a meno di andare ad abbracciarlo. Mi dovetti alzare sulle punte per dargli un bacio sulla guancia, poi presi dei vestiti puliti dall'armadio ed entrai in bagno, chiudendomi la porta alle spalle.

Mi svestii velocemente e, quando tolsi la collana di Noah per paura di rovinarla, vidi un segno ancora rosso sul mio collo. All'altezza del ciondolo vi era una piccola bruciatura. Mi ricordai del giorno prima, della fitta acuta che avvertii al collo non appena mi risvegliai dopo aver perso i sensi. Ma com'era potuto accadere? Feci spallucce in risposta alla mia stessa domanda ed entrai in doccia.
Dopo aver trascorso venti minuti buoni sotto il getto d'acqua calda, mi decisi ad uscire. Passai i successivi trenta minuti a vestirmi, asciugare e sistemare i capelli e a truccarmi. Quando finalmente uscii dal bagno, trovai Noah steso sul mio letto che dormiva. Gli scrissi un biglietto ed uscii dalla camera, avevo bisogno di fare una passeggiata. Chiusi con delicatezza la porta per paura di svegliarlo e mi avviai verso l'ascensore. Una volta fuori mi sentii meno oppressa. Mi sentivo in colpa per aver lasciato Noah in quel modo: adoravo stare in sua compagnia, ma ultimamente mi sentivo sotto sorveglianza e la cosa non mi piaceva affatto. Uscii dal campus e camminai in una stradina di pietra lastricata costeggiata da alberi, immersa in un piacevole e rilassante silenzio. Non era una zona molto trafficata. Passai davanti ad un ristorante in stile anni '50, ad un negozio di vinili e, infine, davanti ad un bookshop. Mi fermai di fronte l'entrata, osservandone la facciata dipinta di bordeaux. Due vetrine si trovavano ai lati di una grossa porta a due ante di legno bianco. Su una grossa insegna in legno bianco era stata dipinta con della vernice scura la scritta "Book and Coffee Shop".
Non appena aprii la porta, un campanello risuonò nell'intera stanza.Varcai la soglia con aria trasognata. Mi sentii subito ribaltata all'interno di un libro.

All'interno del locale vi erano dei tavolini rotondi di legno dipinto, sui quali erano posti vasi di fiori di campo, e delle sedie in legno massello. Delle candele, sparse in tutta la stanza, diffondevano una luce soffusa. Degli enormi scaffali erano addossati alle pareti ricoperte di carta da parati colorata. Sul parquet di legno erano sparse pile di libri. L'aria odorava di caffè, torta e cioccolata. In fondo al bookshop, dietro un grosso bancone da caffetteria lungo quanto la parete, una donna sulla quarantina con i capelli raccolti e un grembiule legato alla vita stava trafficando nei pensili. Mi avvicinai a lei e, non appena mi notò, mi accolse con un grande sorriso.

«Benvenuta, tesoro. Accomodati pure dove più ti piace, io arrivo tra un momento.» feci come mi disse e scelsi uno dei posti meglio illuminati. Osservai il legno del tavolino, sul quale erano stati dipinti dei motivi floreali. Dopo qualche minuto la donna fece ritorno, porgendomi un menù.

Trascorsi gran parte del pomeriggio in quel luogo. Dopo aver mangiato una squisita fetta di carrot cake accompagnata da una deliziosa cioccolata calda, mi ero immersa nei libri. Non mi accorsi della gente che avevo intorno, né di quanto tempo fosse passato fino a quando la proprietaria non mi si avvicinò. Non appena si sedette al mio fianco, sollevai lo sguardo sul suo viso, notando il suo sorriso complice.

«Vedo che ti piace stare qui» affermò con gentilezza. Mi guardai intorno, vedendo che eravamo rimaste solo lei ed io, di nuovo. Sorrisi imbarazzata.
«Si, tantissimo. È meglio che vada. Mi scusi se mi sono trattenuta così a lungo.» mi alzai, presi le mie cose e mi avviai verso l'uscita.

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