Chapter ten.

34 3 2
                                    


Non riuscivo a credere che ci fosse lui dietro quest'incubo. Aveva fatto del male alle mie amiche. Mi aveva rapita.

Continuava a fissarmi con il suo sguardo letale, un sorriso pericoloso era stampato sulle sue labbra.
Stringeva la presa sui miei polsi, premendo sui tagli provocati dalle corde, facendoli sanguinare. Tentai di divincolarmi, ancora e ancora, ma ero priva di forze.

«Cosa c'è? Non sei felice di vedermi?» finse un'espressione ferita.
«Hunter, lasciami» mormorai.
«Sennò?» disse in aria di sfida.
«I polsi.. Mi stai facendo male.» il mio tono era quasi supplicante.
Abbassò lo sguardo sulle sue mani imbrattate di sangue. Mollò subito la presa, ma non mi lasciò andare. Con un braccio circondò la mia vita e mi avvicinò a sé, per assicurarsi che non potessi muovermi.

«Tyler, vieni qui.» non appena udii quel nome ebbi un sussulto. Poco dopo, il ragazzo dai capelli scuri e l'espressione imbronciata fece la sua comparsa.
«Oh no..» sussurrai.
«Noto con piacere che vi conoscete già!» esclamò Hunter sorridente. Lo sguardo tagliente di Tyler si posò su di me. Mi squadrò dalla testa ai piedi, poi rivolse di nuovo lo sguardo verso il ragazzo al mio fianco.

«Cosa vuoi che ne faccia di questa ragazzina, capo?» chiese in tono risoluto.

«Occupati di lei.» con una spinta finii addosso a Tyler, che mi afferrò per un braccio, trascinandomi verso l'oscurità del corridoio. Entrai in panico. Le lacrime ripresero a scorrere sul mio viso e iniziai ad agitarmi, cercando di sfuggire alla sua presa. Ma i miei tentativi furono vani.
«Ti prego, non lasciarmi da sola con lui. È un essere pericoloso» supplicai colui che una volta era qualcosa di simile ad un amico. Mi guardò con sufficienza.
«Piccola mia.. Siamo tutti pericolosi qui.» mi voltò le spalle e andò via, sparendo dietro un angolo.

Delusa e stremata, non opposi resistenza e mi lasciai condurre attraverso corridoi infiniti. Oltrepassammo una porta e salimmo delle scale che ci portarono all'interno di quella che doveva essere una tenuta. Dopo l'ennesima svolta a sinistra, ci fermammo davanti ad una grossa porta di legno scuro a due ante. Tyler la aprì, mi spinse debolmente all'interno della stanza, poi entrò e si chiuse la porta alle spalle.
Mi lasciò andare, mi rivolse un'occhiata fugace e si allontanò.
Mi guardai intorno. La camera da letto era molto grande. Sia il pavimento che le pareti erano rivestite in legno scuro.
Sulla destra, delle porte di vetro scorrevoli portavano ad un balcone.
L'armadio occupava quasi l'intera parete sulla sinistra.
Affiancato alla parete destra vi era un grosso letto a baldacchino, sotto al quale si stendeva un tappeto antico.
Tyler fece ritorno con una scatola del pronto soccorso.
«Siediti.» disse soltanto. Lo osservai corrucciando la fronte, rivolgendogli uno sguardo interrogativo.
«Devo medicarti quelli.» spiegò, indicando con lo sguardo i miei tagli. Obbedii, rimanendo in silenzio. Si posizionò di fronte a me. Con un asciugamano umido tamponò la mia pelle, pulendo il sangue ormai secco.

«Puoi anche rilassarti. Non ti farò del male.» mi informò, continuando a pulirmi.
Alle sue parole mi resi conto di star trattenendo il fiato. Sospirai, tentando di distendere i nervi.
Prese dalla cassetta del disinfettante e del cotone idrofilo.
«Perché lo fai?» domandai.
«Faccio cosa?» chiese di rimando.
«Intendo perché mi stai aiutando.» precisai. Mi rivolse uno sguardo veloce.
«Faccio solo ciò che mi è stato ordinato.»
«Chi te lo ha ordinato? Hunter?» si limitò ad annuire. Rimasi qualche secondo in silenzio, poi ricominciai a parlare.
«Cosa ci faccio qui? Per quanto tempo dovrò restare?»
«Di questo dovrai parlarne con lui.» tagliò corto.
Quando ebbe finito, fasciò i miei polsi con delle garze e si alzò. Si diresse verso l'armadio, ne aprì un'anta e prese qualcosa dal suo interno. Vestiti.
«La porta di fronte conduce al bagno» disse, indicandola.
«Puoi rinfrescarti, se ti va. Troverai tutto ciò che ti occorre. Questi sono dei vestiti puliti. Dovrai arrangiarti fino a quando non riavrai i tuoi.» spiegò con aria scocciata. Annuii in segno di assenso.
«Posso riavere il mio cellulare?» chiesi speranzosa.
«No, non puoi.»
«Come faccio a sapere che le mie amiche stanno bene?»
«Dovrai semplicemente fidarti.» in risposta alzai gli occhi al cielo. Certo, del resto perché non avrei dovuto fidarmi? Mi avevano soltanto sequestrata. Ma Tyler ignorò il mio gesto, e proseguì.
«Fossi in te non proverei a scappare. Risparmia le forze: la casa è protetta da un campo di forze. Nessuno può entrare o uscire se il capo non lo desidera. E se provi a fuggire dal balcone..» non gli diedi il tempo di completare la frase.
«Mi ridurrò un mucchietto di fuliggine?» ipotizzai.
Tyler si fece sfuggire un sorriso, il che mi sorprese. Tutte le volte in cui lo avevo visto fino ad ora, la sua espressione era sempre stata imbronciata. Vederlo sorridere era una cosa nuova per me. Magari non era così terribile come voleva far credere.
«Si, qualcosa del genere.» subito, però, tornò serio. Fece per andarsene. Raggiunse la porta, ma prima di abbassare la maniglia si voltò nuovamente nella mia direzione.
«Cerca di non farti ammazzare.» poi uscì, scomparendo dietro la porta.
Si stava davvero preoccupando per me? Il Tyler che ho conosciuto non lo avrebbe fatto. Quello che mi ha minacciata in corridoio, che stava quasi per investirmi, che mi aveva aggredita nel suo appartamento non lo avrebbe mai fatto. Nonostante ciò, nei suoi occhi non avevo visto ostilità, né perfidia. Avevo scorto sincerità, quasi compassione.
Le tempie continuavano a pulsare, sentivo come se la testa avesse dovuto esplodermi da un momento all'altro. Presi i vestiti che Tyler mi aveva lasciato e mi avviai verso il bagno. Non appena varcai la soglia, premetti l'interruttore alla mia destra per accendere le luci, e mi trovai di fronte il mio riflesso allo specchio. Avevo i capelli scompigliati, il trucco sbavato e le occhiaie piuttosto marcate. Ma ero ancora io. Ero la sopravvissuta. Non mi sarei piegata al volere di nessuno, mai.

to surviveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora