Capitolo 12

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"Che ci facevi a casa di quello sfigato?" dice dopo qualche minuto di tragitto in silenzio.

"Ti riferisci a Nathan?"

"Sì, o qualunque sia il suo nome." sventola la mano in modo menefreghista.

Come se fosse mai fregato qualcosa a lui.

"Uno: non è uno sfigato; due: sono affari miei."

"Non mi dire che ti scopi quello lì." ride.

Non era questa la risposta che mi aspettavo.

Non ti aspettare nulla da me.

La frase che mi disse al parco, mi rimbomba in testa, come se ci fosse lui dentro di me a ripetermelo interrottamente.

"Chi tace acconsente." mi ero incantata a pensare e mi sono dimenticata di rispondergli.

"Certo che no, e poi quello lì ha un nome."

Non ci posso credere, è la persona più menefreghista che io abbia mai incontrato in tutta la mia vita.

"Tutti abbiamo un nome, questo significa che non mi interessa il suo di nome." dice girando a sinistra ed entrando in una stradina un po' oscura, illuminata da dei pali della luce e dalla luna che stasera è molto luminosa.

"Questo tuo discorso non ha un senso logico."

"Non me frega. Tutto quello che dico è giusto."

La serata non sta iniziando nei migliori dei modi. Mi verrebbe voglia di aprire lo sportello e buttarmi fuori.

"Quindi te lo sei fatto?"

Continua ad insistere. Ovviamente non abbiamo fatto niente io e Nathan, ma mi infastidisce che lui voglia sapere cosa ci facevo a casa sua.

Il suo primo pensiero è stato se sono stata a letto con lui.

"Non mi dire che, sei geloso!" dico provocandolo.

"No. Certo che no, non sono mica geloso io. Sei tu che sei gelosa di me." 

O sono io pazza di lui?

Basta Jen pensare a lui, io non piaccio a lui e lui non piace a me, non serve farsi complicazioni.

Non gli rispondo nemmeno.
Mi sono messa ad ammirare la città dal finestrino.

"È tutto così bello." sospiro.

"Ho visto di meglio." dice guardando fisso la strada e lanciandomi un'occhiata, "sono stato in Italia."

I miei occhi si illuminano dalla gioia, adoro l'Italia.

"In realtà sono nato in Italia, mio padre era in viaggio per lavoro e ha portato con se mia madre incinta di me. Dopo aver compiuto dieci anni sono ritornato a Firenze e ci ho vissuto per quattro anni circa. Oltre che Firenze, ho visitato anche Roma e Milano: queste città sono davvero delle bellezze."

Chi lo avrebbe mai detto, Caleb Smith è italiano.

"Ti invidio sai?" dico in un sorriso e guardandolo. Appena volta la testa verso di me sento una fitta nello stomaco.

Arriviamo a destinazione, parcheggia l'auto ma non scende, così faccio lo stesso.

"Non dovresti."

"Perchè no? Tutti vorrebberò vivere in una casa come la tua, avere un'auto come questa e fare un viaggio da qualche parte del mondo." dico elencandole sulle dita delle mie mani.

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