Chapter 17

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Louis!» esclamo, appena lo riesco ad intravedere oltre il cancello della scuola. È passata una settimana dall'ultima volta che l'ho visto, dall'ultima volta che sono stato in sua compagnia prima che fuggisse da me per andare chissà dove. Durante tutto questo arco di tempo non si è fatto sentire nemmeno una volta, non ho ricevuto nessun messaggio da parte sua, né una telefonata: non è venuto a lezione e nemmeno a quelle di recupero. Mi rendo conto che dovrei essere adirato con lui, non rivolgergli la parola e camminare a testa alta al suo fianco, ignorarlo, ma non ci riesco. In cuor mio, sento che ha bisogno di me. Ed io non posso semplicemente voltargli le spalle, non l'ho mai fatto e mai lo farò.

Louis sembra illuminarsi appena mi vede - o è solo quel tenero fascio di luce che l'ha illuminato, non appena si è voltato? -, così io mi avvicino, stringendo con forza la mia cartella marrone. È presto e l'ateneo, se non consideriamo alcuni studenti che stanno raggiungendo la mensa per fare una veloce colazione prima dell'inizio delle lezioni universitarie, è ancora vuoto. Fuori ci siamo solo io e Louis.

«Harry» mi saluta lui, un timido sorriso spunta sulle sue labbra secche. Non ha ancora sollevato lo sguardo, ed è strano, di solito è la prima cosa che fa quando mi avvicino. Ammetto di non sentirmi tranquillo. Dentro di me, sento una piccola, piccolissima voce, che mi chiede, mi prega, di rimanere in allerta. Ho paura. Per la prima volta in tutta la mia vita, ho paura. Perché durante tutto questo arco di tempo, non so davvero cosa Louis abbia fatto. Non so se sia riuscito a mantenere la promessa, non so se ha continuato a parlare con il signor Horan, non so niente. Ancora una volta, mi ha tenuto all'oscuro di tutto.

«Non ti ho più visto a lezione...» azzardo. Non so nemmeno come iniziare il discorso. Mi sento come se stessi per precipitare dentro un oscuro burrone. «Né ti sei presentato alle mie lezioni di recupero, Louis. È successo qualcosa?»

Louis abbassa la testa. Non mi guarda. Preferisce osservare la punta consumata delle sue scarpe bianche e torturarsi le pellicine delle dita dalle unghie mangiucchiate. Vorrei solo poter entrare all'interno della sua testa e fermare l'immenso turbinio che starà, sicuramente, popolando la sua mente. Apre la bocca, poi la richiude, poi la riapre ancora, ma la richiude di nuovo. Non sa cosa dire. Sento le mie certezze vacillare.

«Scusa» dice solo. Vedo il suo labbro inferiore tremare alle sue parole. Perché sembra che abbia nuovamente paura di me?

Faccio per parlare, ma lui mi interrompe. «Vorrei dirti che non sono più venuto a lezione per un problema familiare, ma ti mentirei e non voglio» comincia. La sua voce è leggera come il vento, sono costretto ad avvicinarmi a lui ancora di più. «Ma allo stesso tempo, non spiegarti il motivo delle mie assenze sarebbe ingiusto. Però —» e si interrompe, solleva lo sguardo e finalmente mi guarda negli occhi. «Però mi prometti che non ti arrabbierai?» domanda, l'espressione da bambino.

Dovrei dirgli di no, dovrei dirgli che non mi interessa più, ma mentirei a me stesso e così cedo per l'ennesima volta. «Lo prometto».

Louis prende un bel respiro profondo prima di parlare, deglutisce, poi «ti ricordi quel giorno al cimitero, quando sono scappato come uno sciocco e tu non mi hai seguito?» domanda, ed io annuisco. Ho già capito dove vuole andare a parare, e il discorso sta già prendendo una piega che non mi piace affatto. «Ci sono molto cose che di me ancora non sai, Harry, che ho voluto mantenere nascoste perché è meglio così» continua. Parla piano, Louis, forse troppo. «Quel giorno ho ricevuto una chiamata dalla mia mamma e ti ho chiesto di accompagnarmi all'ospedale perché la mia sorellina Daisy è stata ricoverata. Mamma ha, ovviamente, dato la colpa a me. E anche mia sorella. Così io mi sono ritrovato lì quasi per caso, ho ascoltato la loro conversazione e se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire le loro parole. Non ho voluto che mi seguissi perché tanto sarebbe stato inutile» ogni parola esalata da Louis, sembrano come mille schegge, le quali si stanno andando a conficcare direttamente nel mio cuore. C'è di nuova quella piccola parte di me che una risposta a questo monologo di Louis l'ha già data, ma io non voglio credergli.

Louis si passa una mano fra i capelli color miele, poi riprende a parlare. «Quando sono andato via dall'ospedale, ho pensato che sarebbe stato puro egoismo chiamarti e fare finta che niente fosse successo, così sono andato nell'unico monolocale ancora libero nella periferia del paese e –» s'interrompe ancora, deglutisce, abbassa lo sguardo, si tortura le mani e poi riprende a parlare. Dio, mio Dio, per favore, fa' che non dica quello che sto pensando. «Ed è successo. Non ho mantenuto la promessa. Ho esagerato».

Sento gli occhi pizzicare. Mi sento come se stessi precipitando. Mi sento come se stessi cadendo. «Quanto?» chiedo, e mi sento uno stupido perché la mia voce fuoriesce lieve, colma di delusione, disapprovazione, rabbia, forse anche tristezza.

Louis si mordicchia il labbro inferiore, osserva nuovamente la punta delle sue scarpe. Credo che a farmi più male, sia il fatto che non riesca a guardarmi negli occhi. Dentro di lui, la consapevolezza di avermi deluso lo starà probabilmente riempiendo di sensi di colpa, ma questo non toglie il fatto che non ha mantenuto la promessa fatta. Eppure c'erano così tanti buoni propositi perché finalmente smettesse di abusare di quelle dannate pastiglie... o forse mi sono soltanto illuso. Forse mi sono soltanto illuso.

«Abbastanza» la sua ammissione arriva così lieve, che faccio persino fatica a sentirla.

Sospiro. Non so nemmeno più cosa dire. Boccheggio alla ricerca d'aria, alla ricerca di parole, poi «e ne hai abusato solo quel giorno?» domando. Tra tutte le cose che avrei potuto chiedergli, ho scelto di essere nuovamente stupido. Me ne pentirò presto di questa mia scelta probabilmente, so che lo farò, ma voglio dargli un altra possibilità. La situazione è più grave di quanto voglia dimostrare, purtroppo.

L'ammissione di Louis arriva all'istante. «Sì» dice, e tiro un sospiro di sollievo, «solo quel giorno» continua, ma c'è una luce nei suoi occhi... Non riesco a capire. Sta mentendo? Sta dicendo la verità? Mi sembra di essere nuovamente tornato al punto di partenza, Louis è di nuovo un punto di domanda.

Annuisco, però, stupido, forse fin troppo buono, così mi avvicino a lui e «per assicurarmene, ti chiedo di farmi strada fino a questo appartamento, Louis. Non posso fidarmi solo delle tue parole, lo capisci?»

E Louis, per quanto sorpreso possa essere rimasto dalle mie improvvise parole, semplicemente annuisce. E poi «no, lo capisco. È giusto. A-» si interrompe e deglutisce, abbassa lo sguardo e poi lo risolleva. Nei suoi occhi c'è una luce diversa. «A dopo?»

Annuisco, sorridendo dolcemente subito dopo. «A dopo».

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Okay, bene. Questo capitolo l'ho completamente riscritto.

Mi scuso in anticipo perché la revisione di questa Fanfiction sta andando a rilento, e spero che le modifiche vi stiano piacendo: quando ho scritto questa storia avevo sedici anni, ora ne ho venti, un po' il mio modo di vedere le cose è cambiato e certi pensieri non si riflettono più nella personalità che ho adesso.

Cercherò di revisionare il prossimo capitolo il più velocemente possibile, promesso.

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