I - Cara Ester

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Cara Ester,

ho deciso di scriverti perché non mi è mai capitato di condividere con qualcuno momenti che ti cambiano così profondamente. La condivisione accade ai veterani, compagni di plotone, accade ai superstiti, ai sopravvissuti. Raramente, accade anche a persone che hanno respirato la stessa aria nello stesso momento almeno una volta nella vita. Che accada a due persone che non si sono nemmeno mai viste ha qualcosa di inverosimile.

Quindi devo.

Devo strappare dal mio cervello parole che da sempre hanno riposato o, addirittura, mi avevano abbandonata, per poterti mostrare quei momenti dal mio lato del vetro.

Per quanto tempo mi hai pensata, immaginata, costruita, distrutta e rimontata in immagini che poco avevano della realtà e molto dell'ossessione, del senso di colpa?

Per quanti anni ti ho pensata, immaginata, odiata, distrutta e ancora ricostruita solo per distruggerti ancora e ancora?

Poi la vita va avanti, in un modo o nell'altro. Per tutti. E si dimentica, o meglio, alcuni dimenticano, altri non dimenticheranno mai, altri portano le cicatrici per tutta la vita. Però, con o senza cicatrici e ricordi, il tempo non va mai in ferie e la vita si diverte a farti passare in anelli di fuoco o in budelli stretti e oscuri, e ti costringe a mollare quelle maledette radici a cui ti aggrappi per non perdere pezzi di te. E, volente o nolente, prosegui, accumuli, polvere e grigiore.

Poi accade l'impensabile e ti trovi davanti lo specchio di eventi remoti, e subito guardi incredula, poi avvicini una mano e allunghi le dita per toccare, ma riesci a malapena a sfiorare l'immagine riflessa, e PAM! la terra trema e si aprono varchi sul tempo e tu rivedi tutto quello che hai vissuto come potessi toccarlo, ancora modificarlo.

Ed ecco. Ecco io sto cavando fuori dalla mia anima quelle difficili parole affinché questi varchi non si siano aperti invano. Perché possano regalarci prospettive nuove, che non potevamo e non sapevamo immaginare. A dispetto di tutte le volte che da sole, magari piangendo in silenzio, ci siamo maledette a vicenda e poi comprese e poi temute e poi...

Non so quante parole usciranno, non so quando finirò, ma so che devo raccontarti...

Silvia


La notte più lunga - il dio di cartapesta - (BOZZA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora