Capitolo 6

1.7K 73 1
                                    

Passarono alcune settimane, era arrivata ormai l'estate, un caldo tremendo e la sfortuna di non avere il mare vicino. A volte mi mancava la mia casa, la mia città e tutto ciò che mi sono lasciata alle spalle a Venezia, ma se fossi rimasta lì avrei compromesso il mio futuro senza alcuna possibilità.
Col passare del tempo, la storia di Gionata riuscii a metterla da parte, anche se comunque mi aveva lasciato l'amaro in bocca, dato che la colpa era mia e non mi ero nemmeno scusata. A causa del mio carattere mi capitava spesso di litigare e poi, pur essendo in torto, non chiedere scusa, ma con lui era diverso, sembrava come se mi fossi preclusa qualcosa che mi avrebbe fatto star bene.
La mattina prima di andare a lavorare, mi fermavo sempre in un bar in centro, a 2 minuti dal negozio in cui lavoravo, per fare colazione.
Finito l'ultimo goccio di caffè mi alzai per andare a pagare e mi misi in coda. Nonostante una cuffietta su un orecchio e il caos all'interno del bar, sentii dietro di me un profumo familiare e riconducibile ad una sola persona.
Mi girai per controllare e iniziò a salirmi l'ansia.
"Gionata?"
"Gaia, che ci fai qui?" Mi chiese impassibile.
"Vengo sempre qui la mattina a far colazione, piuttosto che ci fai tu qui a quest ora ?"
"Ho un impegno fra 20 minuti"
"Ah capisco"
La conversazione terminò in un'instante ed io continuavo a fissarlo. Dio, quanto era bello.
Presi coraggio e con tutta la calma del mondo iniziai a scusarmi:
"Ascolta Gionata, mi dispiace per come ci siamo salutati l'ultima volta che ci siamo visti, mi scuso per il mio comportamento e si, avrei dovuto ringraziarti, ma al momento non capivo neanche io cosa fosse successo e insomma dormire a casa di uno sconosciu-"
"Gaia" mi interruppe con un sorriso
"Stai bloccando la fila"
Mi voltai e notai il cameriere che stava aspettando che pagassi, in più mi presi qualche insulto dalla gente dietro. Come al solito, mi stavo dilungando troppo.
Pagai e lo aspettai fuori con le mani in mano.
Uscì e si mise davanti a me, accendendosi una sigaretta:
"Dicevi?"
"Niente, solamente scusa se ti ho trattato male, quando tu mi avevi solamente aiutato"
Non rispose. Continuò a fissarmi per qualche secondo con fare dubbioso, fin quando gli comparve un sorriso a 32 denti:
"Scuse accettate"
Con un sospiro di sollievo e col cuore più leggero gli dissi:
"Perfetto, allora io ora vado, non voglio farti perdere altro tempo"
"Aspetta" mi disse, aspirando l'ultimo tiro di sigaretta e gettandola a terra.
"Non ho nessun impegno sta mattina, sono venuto qui perché sapevo di trovarti"
Lo guardai confusa e chiesi:
"Come facevi a saperlo?"
"Christina è anche mia amica, mi ha detto che avevi provato a cercarmi per scusarti, così le ho chiesto dove potevo trovarti per vedere se era vero"
Sbuffai una piccola risata e incrociai le braccia:
"Perché non sei venuto a casa mia allora? Sai dove abito"
"L'effetto 'incontro casuale' mi sembrava più carino e meno programmato"
Gli comparve un sorriso malizioso sulle labbra e io mi misi a ridere.
"Te riesci proprio ad azzerarmi l'orgoglio eh?  Sei una delle poche persone con cui mi sia mai scusata e poi l'altra sera che ho detto che ti avrei portato a letto.."
Io e la mia stupida bocca. Perché non mi hanno mai insegnato a non dire sempre quello che penso?
Divenni tutta rossa e lui, inevitabilmente, scoppiò a ridere.
"Ah se? Quindi lo pensi sul serio " si strinse le labbra tra i denti e io divenni ancora più rossa
"Dai insomma, capiscimi, ero ubriaca"
"Se,se"
Entrami scoppiamo a ridere e lui mi tirò a se per abbracciarmi. Ricambiai l'abbraccio, stringendolo forte a me.
"Grazie"
"Di cosa?"
"Di tutto, quello che hai fatto l'altra sera, alla fine ci ho riflettuto, e te ne sono grata per non esserti approfittato di me"
"Non lo avrei mai fatto, sopratutto con te."
Quella frase riuscì a scaldarmi il cuore in una maniera assurda.
"Comunque un po' in ritardo questo 'grazie'"
Gli tirai un pugno scherzoso sulla spalla e mi misi a ridere.
Aveva capito quanto mi desse fastidio che la gente mi rinfacciasse i miei errori, ma io avevo compreso lo scherzo, e la buttai sul ridere.
"Sei uno stronzo"
"Già, anche tu"
Si avvicinò sempre di più, incrociando le mani dietro la mia schiena, con gli occhi fissi nei miei.
"Hai degli occhi bellissimi, Gaia, per non parlare delle labbra"
Uno dei suoi più grandi difetti era quello di mordersi il labbro ogni volta che la conversazione prendeva una svolta un po' più intima, perché io, ogni santa volta di queste, mi scioglievo.
Come al solito questo bellissimo momento venne interrotto da lui:
"Questa sera ti porto a cena fuori"
"Va bene" risposi io, sempre con gli occhi fissi su di lui.
"Non era una domanda"
"Non decidi te cosa io debba fare"
"Allora puoi anche non venire"
"Non ho detto che non voglia"
Non ebbe neanche tempo di rispondere alla mia scherzosa provocazione che, non più cosciente delle mie azioni,mi fiondai sopra le sue labbra. Era passato del tempo, e quella volta non ero riuscita a godermele per bene le sue labbra. Dio, quanto avevo aspettato sto momento.

Just me and youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora