Capitolo sette - Sogni

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N.a Buonasera mie cari lettori! Rieccomi puntuale con un nuovo capitolo, che ho scritto tra una pagina di diritto privato e l'altra. Perchè nonostante io abbia un'esame tra poco meno di due giorni vi ho pensato. Ad ogni modo altri inganni vedono coinvolta la nostra Aisleen, che sembra essere una calamita per i complotti ahahaha. Spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere il vostro parere e alla prossima. Love u all!

*

Camminavo velocemente lungo un candido e luminoso corridoio, ero veloce e ansiosa. Mi guardavo attorno e osservavo le varie guardie che restavano imperturbabili, in piedi al loro posto limitandosi a fare un inchino al mio passaggio; non mi rivolgevano la parola, non mi guardavano, non cercavano di fermarmi.
Non stavo fuggendo, ma stavo cercando qualcosa, o meglio qualcuno.
Altre guardie armate di lucenti alabarde aprirono il grande portone ottonato, chinarono il capo e mi lasciarono entrare nella Sala Grande. Era inconfondibile con un unico grande trono al centro della stanza. Vi era Jamie seduto, o meglio qualcuno che gli somigliava, Teodore Knight; di fianco al trono, in piedi, vi era un uomo, dai capelli color avorio raccolti in una lunga treccia, il viso delicato e la bellezza inumana. Lo riconobbi immediatamente, come se sapessi davvero di chi si trattasse; lui era Eyael, il consigliere di Melkor, il Dio delle Ombre.
«A cosa dobbiamo la tua presenza? Lui ti ha permesso di uscire a giocare?» domandai scandalizzata e irriverente verso Eyael. Ero così disgustata da quell'essere e dal suo bagliore accecante.
Mi avvicinai velocemente a lui, mentre quello mi riservava un sorriso calmo e sereno. Una volta che gli arrivai di fronte con voce melliflua disse «Ho un regalo per il Principe dei dannati»
«Siete diventati così magnanimi da fare dei regali?»
Lui aveva ancora un'espressione calma e seria, ma c'era anche gentilezza. Ero consapevole che quella era una delle sue facciate, Eyael era una creatura all'apparenza misericordiosa, ma in realtà era l'essere più spregevole che esistesse.
«E' per il futuro nascituro» mi disse con cortesia «prendetelo come buon augurio»
«Come ne sei venuto a conoscenza?» disse con fervore Teodore.
Tornai a guardare, incredula, il consigliere. «Non ne abbiamo fatto parola con nessuno»
Non smetteva di guardare Teodore, aveva un'espressione serena e quasi beffarda. Mi rispose senza smettere di guardarlo. «Noi sappiamo tutto» si fece serio.
Teodore non rispose. Eyael fece materializzare un cofanetto di velluto bordeaux e me lo porse.

«E' un regalo unico» sorrise.
Lo aprii e ci trovai al suo interno un pugnale «Teodore....che cosa significa?»

domandai al mio amato confusa.
«Quello...» mi guardò «è un oggetto proibito. Lucifero non ne sarebbe contento»
«Lucifero non può fare nulla se è il Dio delle ombre in persona che mi ha commissionato di portarlo a voi, mio caro principe»

«Anche se ahimè, questo pugnale non è destinato principalmente a voi, ma al futuro erede»

Tutti noi sogniamo. Sempre. Ogni notte.
Alcuni sogni non ricordiamo di averli fatti, ci svegliamo e siamo convinti che la notte che abbiamo appena passato sia stato completamente buia, senza sogni - o senza incubi -, ma non è vero. Lo facciamo ogni volta, per brevi istanti o per parecchi minuti. Non ha importanza. Ogni volta che ci addormentiamo, che cadiamo in un subconscio incontrollabile, noi sogniamo. Ma questo era più che un sogno. Avevo appena rivissuto la scena di un passato che non conoscevo, in un corpo che in apparenza era il mio ma che fondamentalmente non lo era. Ero stata Lilith Rowan per un tempo indefinito eppure il senso di familiarità che avevo provato era così potente da destabilizzarmi anche da sveglia.
Sospirai.
Aprii gli occhi a fatica; sentivo il corpo pesante come un masso. Ci misi un po' a mettere a fuoco, mi ritrovai a fissare il soffitto candido. Chiusi gli occhi nuovamente e inspirai profondamente, cercando di capire ciò che era appena accaduto. Quando sentii qualcosa toccarmi la fronte aprii gli occhi, e osservai il braccio abbronzato che avevo proprio di fronte agli occhi.
«Come ti senti?»
Riconobbi la voce gentile di Adam. Si chinò verso di me, e scorsi la sua espressione preoccupata.
«Non molto bene» replicai a fatica. Persino parlare mi risultava un'impresa «Ma che ci fai qui?».
Nonostante il mio tono, mi sorrise e mi accarezzò la guancia. «Le tue urla hanno allarmato le guardie, ma stavi sognando»

Poi sembrò esitare, stava per aggiungere qualcosa, ma, evidentemente, cambiò idea, dicendo altro. «Ti ho aspettato qui fino a quando non ti sei svegliata. Del resto sono abituato ad aspettarti...»
Mi faceva male sentirgli pronunciare quelle parole ma nonostante tutto la sua mano che mi accarezzava gentilmente la fronte e i capelli, mio malgrado, era una sensazione piacevole.
«Adam lo sai che non sei costretto a farlo...» sussurrai e malauguratamente la mia voce si spezzò.

«Lo so» soffiò «ma non posso farci niente. Io non ti lascerò fino a quando non sarai tu a chiedermelo»

Sentire quelle parole mi provocò una fitta al cuore, come se l'avessero appena trafitto con mille aghi.

«Lo sai che non lo farò mai» mormorai.

«Lo so...» affermò sorridendo.

Sapere di non poter ricambiare i suoi sentimenti mi distruggeva. Era il mio migliore amico ma non potevo renderlo felice.

«Perchè non riesci ad amarmi?» mi domandò all'improvviso.

Spalancai gli occhi colta in contropiede e cercai di misurare le parole «Lui ha il mio cuore Adam»

In un attimo gli occhi di Adam si velarono di dolore. Mi guardò fisso incastonando le sue grandi iridi verdi nelle mie «Capisco»

Gli presi la mano e l'accarezzai dolcemente «Io ti voglio un bene infinito, devi credermi»

Si ritrasse come scottato dal mio tocco e strinse i pugni all'altezza dei fianchi «Loro sono dei mostri Aisleen»

Lo guardai seria «Lo sono anche io»

«Non è vero! Tu non sei come loro» esclamò.

«Tu non mi conosci»

«Sì che ti conosco» replicò prendendomi per le spalle «Ti conosco da quando sei una bambina»

Mi spezzò il cuore dovergli dire quelle cose ma capii che era necessario farlo «Quella non ero io, non era la mia vera natura quella che hai conosciuto»

Tacque e mi guardò deluso.

Lo avevo ferito. Poi prima di allontanarsi dal mio letto si voltò nuovamente in mia direzione.

«Ad ogni modo devo comunicarti una cosa. Non volevo essere io a dirtelo, ma mi sembra doveroso che lo faccia» mormorò. Mi misi seduta e lo ascoltai.

«Abbiamo ricevuto la notizia non appena siamo tornati qui al tempio» disse guardandomi senza espressione «Jamie e i suoi consiglieri sono morti»

Blood Ties - Linee di Sangue (STORIA SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora