3 - Naturale

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Ma come si permetteva? Non solo pretendeva di saperne più di lei, ma la accusava anche di menzogne. Era per di più un forestiero: per quanto l'ospitalità fosse sacra, non si poteva di certo offrire qualcosa ad una persona tanto indisponente come lui.

Starnutì, maledicendosi per essere uscita di casa, e si tolse i vestiti zuppi. Per un attimo sperò di avere qualche coperta decente, ma erano tutte rotte e rattoppate alla bell'e meglio, quindi fu costretta a mettersi addosso due camicie di lana prima di coprirsi come poteva. Ancora non soffriva la sete, ma sapeva bene che la mattina avrebbe portato con sé la gola secca, o dolorante per il gelo che filtrava attraverso la casetta di legno, e così la necessità di dissetarsi.

La sua casetta era al pari di una capanna, molto modesta e piccola. I genitori si erano ripromessi di costruirne una migliore alla sua nascita, ma poi il padre era andato a combattere per l'assedio del Palazzo dei Demoni, e la madre lo aveva subito seguito, rendendola inconsapevolmente orfana. L'aveva cresciuta la comunità, un mese a famiglia, ma quando aveva raggiunto i dodici anni aveva scelto di tornare al nido, cercando di cavarsela.

Per quanto volesse diventare una forte guerriera incurante delle intemperie, una Ragazza Scudo, non la smetteva di tremare, rannicchiata nell'angolo dove l'acqua non filtrava troppo dal tetto. Temeva di recidersi la lingua, dato che i denti le battevano forti. I suoi pensieri tornarono al Demone, che sicuramente ora stava davanti ad un camino insieme alla famiglia, e le montò una rabbia in corpo che se non avesse fatto tanto freddo, sarebbe andata a tagliare un albero per farne legna pur di scaricarsi. Come se là fuori non fossero tutti zuppi d'acqua, inutili per un focolare improvvisato.

Sentì un rumore oltre la parete, ma non se ne preoccupò: forse la pioggia era troppo scrosciante ed aveva fatto crollare una parte della casetta. Se ne sarebbe preoccupata l'indomani.

Un altro rumore, più vicino. Aprì gli occhi di scatto, e lentamente si sporse per afferrare la spada con cui si allenava. Nessun bambino era sprovvisto di un'arma tagliente, e purtroppo anche lei si era vista costretta ad averne qualcuna con sé, sia per difendersi che per imparare l'arte della guerra. Quando sentì il cuoio che ricopriva l'elsa, si rilassò mentre le dita si modellavano intorno all'impugnatura. Dopo aver udito l'ennesimo rumore, si tirò su sfruttando il buio e colpì dove immaginava si trovasse la gamba dell'intruso.

Un urletto le fece capire che il colpo era andato a segno, e che non si trattava di un animale alla ricerca di un rifugio. Mollò la spada e si buttò contro la figura, facendole perdere l'equilibrio. Si ritrovò seduta su un addome, mentre l'assalito imprecava. Strinse le gambe attorno alla figura, per non farla scappare né per lasciarle la possibilità di sovvertire i ruoli e trovarsi con la schiena contro il pavimento. Non si vedeva nulla a causa del buio della notte, ma all'improvviso sentì un tic, e la stanzetta venne illuminata da un'enorme lampada che non sembrava avere fiamma.

Sbatté un po' gli occhi, e quando si abituò alla luce vide il Demone sotto di lei sbuffare.

«E quindi l'ospitalità è sacra?», ridacchiò.

«E quindi entrare nel bel mezzo della notte in casa altrui è buona educazione?», rimbeccò lei, riprendendo fiato. Era solo l'idiota, nessuno di minaccioso o pericoloso.

«Sì, se si portano doni alla padrona di casa», rispose il ragazzo con un sorriso. Quando vide che lei aveva alzato un sopracciglio, si affrettò a dire: «Ho immaginato che fosse giusto scusarmi per prima, la storia della legna insomma. Sono venuto a constatare con i miei occhi il fatto che non siete una bugiarda».

Lei scese dalla sua pancia, cercando di sottrarsi alla luce di quello strano manufatto. Ecco a cosa portava essere orgogliosi, dunque. A mentire, piuttosto. Ora avrebbe fatto la figura della sciocca, dato che non aveva proprio legna, neanche a staccare qualche asse dalle pareti.

Ággelos - Vertici compliciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora