9 - Quadrato di fango

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La ragazza continuava a lanciare occhiate in giro. Si trovava accanto a Helena, insieme alla famiglia imperiale. Dalle voci sussurrate, aveva capito che Cordelia, come gli altri, pensasse che sarebbe stato Wladimir a duellare, e questo li rendeva tutti ansiosi quasi fino all'isteria. Nel cortile immenso era stata tracciata una piattaforma con il fango: chiunque avesse calpestato all'esterno di quel grande quadrato avrebbe lasciato un'impronta indiscutibile e sarebbe stato squalificato. Dopo due squalifiche, il combattente era condannato a morte secondo le antiche leggi. Non c'era alcuna via di scampo a un duello, se non la tomba.

Freya e i Bloodwood erano seduti da un lato dell'enorme quadrato di fango, presieduti dalle guardie, mentre il resto era occupato da Demoni in piedi eccitati, impauriti e confusi. Il sole non era ancora sorto, dovevano affidarsi alle torce che disperdevano un po' di calore, nonostante non fosse abbastanza per rassicurare di quello che sarebbe accaduto di lì a poco.

La folla si divise ed Edmund fece la sua comparsa, affondando gli stivali nel fango. Si voltò verso di loro e disse: «Vostre Altezze, quando avrò vinto vi prometto una morte indolore». Il popolo cominciò a gridare frasi di disprezzo: avevano conosciuto il regno di qualcuno che non fosse un Bloodwood, e avevano pagato la consapevolezza a caro prezzo. Se anche Edmund avesse vinto, il popolo sarebbe insorto, constatò Freya.

I corpi si strinsero per lasciare spazio ad una seconda armatura, accolta da calorosi inni dalla folla. L'idea comune era che Wladimir avrebbe combattuto e avrebbe sconfitto per la seconda volta gli usurpatori, e nonostante Freya non fosse stata vista di buon occhio in un primo momento, ricordava simbolicamente la presenza degli Angeli che avevano vegliato i salvatori durante il dispotismo dei Silentowl.

Il nuovo arrivato indossava già l'elmo, perciò la ragazza era corrosa dal dubbio: chi c'era lì dentro, Wladimir o Caesar? Egoisticamente, sperava che il Principe non fosse riuscito nel suo intento e che a rischiare la morte fosse l'Imperatore.

Quando Edmund si voltò a fronteggiare il Bloodwood – chiunque esso fosse– la folla si ammutolì.

«Padre», disse il bastardo, mentre l'altro rimase ritto, imperturbabile, con una mano sul pomo della spada.

Non ricevere alcune risposta fece infuriare Edmund, che sguainò la spada senza neppure mettersi l'elmo e si avventò sull'avversario, che in una mossa fulminea fece una piroetta per allontanarsi dal raggio d'azione dell'arma. Liberò anche la propria spada e cominciarono a combattere seriamente, con serie disordinate di attacco e difesa. Sembrava un balletto improvvisato, dove ognuno cercava di minare i punti deboli dell'altro.

Affondo, parata, affondo, parata. In neanche cinque minuti, Freya si era divorata le unghie, che le erano preziose quando doveva lavorare o estirpare radici. Non riusciva neppure a battere troppo spesso gli occhi, incantata in modo terrorizzato da quella scena, perché sapeva che prima o poi uno dei due sarebbe caduto preda della fatica, o peggio, della distrazione.

Nessuno osava fiatare, tutti gli occhi erano calamitati da quelle due figure, una senza elmo per la fretta di combattere. Dalle sorti di un uomo dipendevano quelle di un Impero.

L'Imperatore-Principe parò all'ultimo un fendente all'addome, rendendo l'avversario più furioso. Il sole era alto, non al suo zenit ma quasi, e questo sottolineava da quanto tempo i due uomini stessero duellando. Tranne gli imperiali, il resto degli spettatori era in piedi, e nonostante le membra stanche, volevano a tutti i costi vedere la tragica fine di una dinastia o l'eroica affermazione di altri lunghi secoli di comando.

Freya non sapeva se tutto quello fosse all'ordine del giorno; non riusciva a sopportare l'idea di dover presenziare ad altri eventi simili, con il cuore in gola per paura che lì sotto ci fosse Caesar e che non avrebbe vinto. Se non fosse sopravvissuto, che avrebbe fatto? Non sarebbe stata di certo un'ospite, al più una prigioniera, e forse le sarebbe andata di lusso a rimanere nelle segrete. Se era stato accettato quel duello, era chiaro che non c'era solo Edmund lì, ma con lui un qualche tipo di patto con una potenza che minacciava seriamente tutti; altrimenti si sarebbero limitati a chiamare un paio di guardie e farlo fuori in poco tempo.

Edmund riuscì a tagliare a metà coscia il Bloodwood, che preso alla sprovvista perse l'equilibrio e cadde fuori dal quadrato di fango. La folla emise un "oh" teso, mentre si rendeva conto che un'altra squalifica avrebbe portato alla morte del loro sovrano. Freya sentì il singulto di Cordelia, i cui occhi annebbiati dalle lacrime continuavano a non perdersi nessun dettaglio della scena.

Il ferito non fece neanche in tempo ad alzarsi degnamente, che Edmund sfruttò l'occasione e affondò la spada nella spalla del Bloodwood, che lanciò un grido di dolore. Mentre i loro corpi erano vicini, uno che sbuffava per la ferita e l'altro che rideva, l'usurpatore si chinò il più possibile verso l'elmo dello sconfitto e disse a bassa voce, affinché altri non sentissero: «Avrò il trono che non siete riuscito a difendere con uno stecchino di ferro. E sapete qual è l'ironia? Non sono neppure vostro figlio». Il bastardo tirò fuori l'arma e con un urlo di vittoria si rivolse alla famiglia imperiale e al popolo. «Osservate come il vostro sovrano muore neanche fosse un verme, nel fango!».

Tutti lo guardavano con troppo disprezzo – Freya inclusa – per accorgersi che il Bloodwood si era alzato a fatica e aveva tirato su la spada. Edmund si voltò per parlare al resto del popolo, quello che aveva alle spalle, quando si accorse dell'avversario, ma fu davvero troppo tardi. Con uno zack! inquietante la sua testa si staccò dal corpo, mentre i Demoni cominciavano ad esultare.

A terra, fango e sangue cominciarono a mischiarsi, mentre Mildred cominciava ad urlare a bocca aperta, mettendo in evidenza la mancanza della lingua. Freya sentì Cordelia alzarsi e dirigersi verso la sorella, quando una voce vicina agli imperiali disse: «A lei penso io, amore».

Tutti, increduli, si voltarono ad osservare Wladimir senza armatura, sfilare accanto alla famiglia con un pugnale, diretto verso Mildred. Il silenzio generale fu interrotto da Freya, che gridò: «Caesar!», per poi correre verso la figura che si era accasciata, appoggiandosi con il braccio buono contro la spada.

Senza aspettare ordini, delle guardie corsero ad afferrarlo e portarlo dentro, mentre Victoria e Alexander li seguivano agitati e anche infuriati per il pericolo che stava correndo il figlio.

«Cosa è successo?», chiese Cordelia, mentre Mildred veniva accerchiata dalle guardie, senza via di scampo.

«È il degno figlio del padre. Mi ha portato un bicchiere d'acqua, sostenendo che avrei sudato tanto sotto l'armatura e che mi sarebbe tornato utile, e due secondi dopo ero stramazzato a terra privo di sensi». Non sembrava arrabbiato o offeso, anzi, notò Freya con disappunto, divertito.

«Mi sentirà quella peste. Eccome se mi sentirà», sbuffò Cordelia. «E dammi quel maledetto pugnale: o mi levo lo sfizio di fare fuori lei, oppure quello di evirare te».

Wladimir non si sentì toccato dalla minaccia, anzi sorrise divertito e le porse l'arma, mentre la folla ignara delle ultime parole dei sovrani si disperdeva per andare a condividere la notizia della vittoria.

Ben presto, nell'immenso cortile si trovarono solo l'Imperatore, l'Imperatrice, guardie a ogni entrata e uscita e due cadaveri riversi a terra.

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