Caesar si stava spazientendo. Lo aveva lasciato da solo nella casetta di legno, sapendo che non sarebbe potuto uscire. Le sue guardie stavano sicuramente aspettando ordini che non sarebbero arrivati, il Guaritore era suo ostaggio e se ci fosse stato bisogno di un aiuto qualcuno avrebbe fatto due più due.
L'unica cosa che poteva fare era controllare se il lavoro che aveva fatto commissionare a Sigfrid era venuto bene. Il legno sembrava essere stabile, così come i pezzi di ferro. Fece più volte il giro della casa finché non riuscì a ricordarsi dove fosse posizionata la porta della struttura precedente.
Un leggero nodo alle interiora gli fece ricordare quella notte di buio e tempesta in cui aveva deciso, contro ogni insegnamento di cortesia che aveva ricevuto, si entrare in casa di una signora senza permesso per portarle della legna che lei non voleva. L'idea di conoscerla al tempo lo aveva quasi reso incosciente.
Sferrò un pugno alla colonna. Un tonfo lo fece incuriosire, e si trovò ad aprire le ante dell'armadio alla ricerca di ciò che aveva provocato il rumore. Tirò via almeno una dozzina di coperte – tutte strappate e rattoppate malamente – finché non riuscì a trovare quell'oggetto solido che non era caduto.
Erano due, in realtà, e si trovavano all'interno di una maglietta molto leggera e lunga, che doveva fungere come imballaggio per non farli rompere. Un thermos tutto nero ed una tazza rossa, stretta ed alta.
Se le ricordava, e ciò rendeva la situazione ancora più ambigua. Se Freya gli aveva mentito, lo aveva spinto a ribellarsi alla propria famiglia quasi nel duello contro Edmund Darkriver e poi aveva deciso di scappare, rivelando la sua natura... perché tenerli in modo così sicuro? Perché non disfarsene? Dopotutto per lei non avevano alcun valore affettivo.
Se avesse utilizzato il thermos per tenere al caldo le bevande, non si sarebbe trovato sul fondo di un armadio. Caesar svitò il tappo e un intenso odore di cioccolata calda gli riempì i polmoni: non era mai stato più utilizzato.
Non lo avrebbe chiesto a Freya. Non le avrebbe permesso di nuovo di illuderlo, per di più ora che si trovava in una posizione così di supremazia rispetto alla Regina degli Angeli. E poi, voleva davvero conoscere la risposta?
Rimise tutto in ordine come poteva – riassettare non era certo compito di un Imperatore – e si trovò costretto ad attendere che lei tornasse, per fargliela pagare per averlo lasciato lì, prigioniero della casa che lui stesso aveva commissionato per una ragazza mai esistita.
Quando la porta venne aperta, era già pronto per una sfuriata con i fiocchi, ma Freya non lo notò nemmeno. Diede una spinta all'uscio per chiuderlo, ma non fu abbastanza. Si sedette scomposta contro il muro e portò una mano alla gola.
Caesar scattò a chiudere bene la porta, prima che qualche Angelo lo prendesse come un invito silenzioso ad entrare, e si rivolse alla ragazza. «Ma ti sembra il modo di...». Le parole gli rimasero incastrate tra le corde vocali.
Dal naso e dalla bocca, rivoli di sangue le uscivano copiosamente. Il tentativo di tenere gli occhi aperti la portava a sbatterli in modo veloce, innaturale.
Utilizzando parole che non erano consone ad un Demone del proprio rango, Caesar si avvicinò a lei e, in ginocchio, cominciò ad aprirle la pelliccia per controllare la condizione in cui versava la ferita.
Una mano di lei abbandonò la gola e cercò di allontanarlo, ma era troppo debole e i suoi movimenti furono neanche carezze.
Caesar la ignorò e strappò la lana che gli impediva di studiare la situazione. Il senso di colpa lo stava logorando, consapevole che quella ferita era stata causata da lui... anche se sotto sotto non voleva ammetterlo.
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Ággelos - Vertici complici
Paranormal«Forse sarebbe meglio cominciare a presentargli una Darkriver». «I Silentowl sono caduti troppo in rovina? È il loro turno», chiese Alexander. «Facciamo così: potrà scegliere chiunque voglia, basta che sia una Demone», propose Wladimir, massaggiando...