14 - Situazione precaria

869 164 40
                                    

Oddvar osservò sconvolto la Regina accasciarsi, lasciando libera la visuale verso il pugnale insanguinato che teneva l'Imperatore tra le mani. «Regina!», esclamò, dimentico di dover mantenere le bugie dette ai Demoni. Con un cenno, Caesar ordinò a una guardia di immobilizzarlo, mentre l'altra si chinava verso la ragazza. Un secondo cenno del capo e il Demone in armatura estrasse la spada, ma prima che potesse calarla sul petto di Freya, Oddvar gridò di nuovo: «No, ti prego!».

La mano dell'Imperatore era a mezz'aria, una vibrazione e avrebbe dato il via per il colpo di grazia. «Sembra che qualcuno abbia mentito», disse asciutto, puntando gli occhi sul generale biondo. «Tradire, mentire... che altro farete, se vi lascio vivere?».

«Prenditela con me», esalò velocemente Oddvar, alzando le mani in gesto di resa. «Lei è così giovane... se solo avesse il tempo di maturare, ha tutte le capacità per...», cominciò a spiegare, ma una voce strascicata sbuffò: «Oddvar, taci».

Tutti si voltarono verso Freya, che a fatica si stava tirando su. Il fianco le faceva malissimo, ma non poteva permettere che qualcuno si assumesse le sue responsabilità. La guardia accanto a lei fissava insistentemente Caesar, aspettando l'ordine, che però non arrivò in quanto l'Imperatore era curioso di vedere fin dove quello spettacolo sarebbe arrivato.

«Non se la prenderà con te, perché sono io la Regina e la rappresentate di questo popolo», biascicò, mettendosi in ginocchio. Cercò di tirarsi su ma una fitta la fece accasciare a terra, mentre la guardia non si muoveva per aiutarla.

Caesar si massaggiò una guancia, coperta da una leggera barba, meditando come agire. Uccidere la Regina avrebbe potuto scatenare rivolte, e lui aveva bisogno degli Angeli come guerrieri, soprattutto dei Bersekir. L'unica alternativa era sottometterla, facendo sempre leva sul fatto che egli aveva vinto e come tale aveva il diritto di ucciderla quando voleva. «Guaritele quel taglio, ma senza troppa fretta», ordinò, mentre si voltava verso Oddvar. «E tu, o cominci a raccontarmi tutto, o quelle corde vocali sono proprio inutili e possiamo rimuoverle, non trovi?».

«Dirò tutto quello che so solo se chiamerete il Guaritore per la Regina», contrattò l'Angelo.

«Sai, è la tua giornata fortunata: mi sento in vena di graziarti. E sia, va' a chiamarlo. Una sola parola su quanto successo e la Regina...», lasciò la frase incompiuta, ma l'uomo capì lo stesso, perché annuì frettoloso e cominciò a correre fuori. «Avete dei servi fedeli», osservò, rivolgendosi a Freya, il cui volto era ancora nascosto dall'elmo.

«È tutta questione di rispetto», rispose velenosa la ragazza, facendo aleggiare nell'aria il velato insulto nei confronti dei modi con cui lui trattava i suoi sottoposti.

Caesar fece un cenno alla guardia, che prese per un braccio Freya e la tirò su senza troppe cerimonie, generando un grido da parte sua per il dolore inaspettato e pungente. La condusse verso la stanza che aveva occupato prima del duello, e con poca pazienza la fece sdraiare. L'uomo stava meditando se sfilarle o no l'elmo per permetterle di respirare, quando una voce fredda e ostile disse: «Con permesso, da qui in poi ci penso io».

******

Caesar studiava da un po' di tempo la ragazza distesa sul letto. Il Guaritore le aveva tolto completamente l'armatura, elmo incluso, e questo era stato scioccante per il ragazzo.

Non immaginava di trovarsi così vicina la fonte di tutto il proprio astio. Freya, che lo aveva abbandonato nel momento di maggior bisogno, ma che continuava ad affollargli la mente, era proprio lì davanti.

Si doveva sentire in colpa per la ferita che le aveva inflitto? Aveva paura ad ammettere che sì, si sentiva un mostro, perché avrebbe confermato quanto potere lei aveva ancora su di lui. Tre anni passati ad allenarsi, a studiare bene tutte le strategie possibili, e poi si ritrovava sconfitto in partenza da se stesso, sulla soglia di una porta a chilometri di distanza da casa.

Prendere esempio da chi conosceva non gli pareva il caso: a parte il nonno e la nonna – la cui perdita faceva ancora male – Caesar poteva fare affidamento solo sul legame che nutrivano i genitori l'uno per l'altro, ma non voleva usarli come mezzo di paragone: due capoccioni che cedevano a vicenda in favore dell'altro perché si amavano come diciassettenni. Doveva fare così? Aveva fatto il capoccione e ora doveva scusarsi?

Lo distolse da quei pensieri una smorfia sul volto di Freya. Era ancora incosciente grazie ad una strana bevanda antidolorifica che le aveva fatto bere a forza il Guaritore, eppure sembrava che gli effetti stessero svanendo. Il villaggio non si era ancora svegliato del tutto, erano trascorse due ore al massimo dall'alba, però sapeva che doveva occuparsi di un cadavere e di quell'assedio.

Aveva chiesto alle guardie di aspettare lì fuori, non voleva che le sue debolezze venissero scoperte. Attraversò il corridoio e vide che oltre ai due servitori in armatura c'erano anche Oddvar e il Guaritore. Fece un cenno a quest'ultimo, dicendo: «Le medicine hanno smesso di fare effetto».

L'uomo gli lanciò un'occhiata truce, ma si alzò e senza aspettare di essere seguito entrò nella camera dove si trovava Freya. Si era fidato dei Demoni, al tempo di Wladimir e di Alexander, aveva anche guarito la Principessa Victoria quando si era tagliata le vene, ma questo nuovo ragazzino non lo comprendeva proprio. Trovava elementi comuni in lui, sia del nonno che del padre – per non parlare di nonna e madre! – ma aveva qualcosa di nuovo che non riusciva a percepire bene, e questo non era rassicurante.

«Le medicine fanno il loro dovere», disse freddo il Guaritore, voltandosi verso Caesar che lo aveva seguito nella stanza. Interruppe l'Imperatore prima che potesse contestare. «Quelli sono incubi». Non voleva dire altro, ma riuscì a cogliere qualcosa che non si aspettava sul volto del ragazzo – qualcosa che persino il Demone ignorava –: preoccupazione. Era solo un servitore della Regina, eppure cominciava a credere che il ragazzo non fosse così duro come dava a vedere, perciò si azzardò ad aggiungere: «Li ha sempre avuti, forse per la situazione precaria dell'infanzia». Senza specificare né dare il tempo per spiegazioni se ne andò, accertato che non ci fossero pericoli per Freya: non voleva lasciare Oddvar da solo con le guardie, era un uomo che non si faceva troppi problemi a dire come la pensava e si sarebbe cacciato nei guai.

Caesar, rimasto solo nella stanza – fatta eccezione per la ragazza distesa sul letto – cominciò a pensare. Alla fine si disse che tutto quel macchinare lo avrebbe solo reso pazzo, perciò le si avvicinò quasi con reverenza, mentre lei continuava a fare smorfie. Gli venne istintivo accarezzarle una guancia, e si permise quel piccolo strappo alla regola. La pelle di lei era fredda e morbida, come le perle che le Demoni indossavano durante le celebrazioni comuni: solida eppure bellissima. Ben presto, senza averlo fatto con un'intenzione lucida, si trovò a rassicurarla a bassa voce, mentre lentamente l'Angelo si calmava e si abbandonava più rilassata contro il cuscino.

Forse, dopo tutto quello che gli aveva confessato Oddvar con una lama sulla gola, poteva permettersi di riconsiderare tutto quanto... ed era così facile lasciarsi andare e farlo, quando vedeva i capelli di Freya sparsi sul cuscino e la sua espressione più calma grazie alle proprie parole.

Ággelos - Vertici compliciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora