7 - Ospiti

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«Ti giuro che era grande così!», disse Caesar, mentre Freya rideva a crepapelle. «È spuntato tra gli alberi e aveva tre corna».

L'Angelo per poco non si strozzò, mentre si immaginava la scena. Alla fine dei conti, quella che si era prospettata una giornata pensante si era trasformata in qualcosa di molto divertente. Il Principe pareva conoscerla da una vita, e quando lei non parlava per paura di esporsi troppo, lui cambiava argomento per farla sentire a suo agio.

Il grande orologio a forma di pianta rampicante suonò, interrompendo l'atmosfera. Erano in un giardino al chiuso, accanto alla finestra che faceva risplendere le stelle che avevano osservato in terrazza.

«È mezzanotte», constatò Caesar, reprimendo uno sbadiglio con tutta la forza di volontà che possedeva. Stare con Freya era qualcosa di sorprendente e magico, e sperava che il tempo si fermasse e rimanessero per sempre lì, seduti uno di fronte all'altro, a cercare di nascondere se stessi ed esporre l'altro. Il ragazzo capiva quando l'Angelo non si fidava, non credeva che parlare avesse potuto portarle beneficio, ma non se ne curava. Lei era troppo orgogliosa, lo aveva capito fin da quando non era riuscita ad ammettere che non avesse legna per riscaldarsi, eppure vedere i suoi occhi illuminarsi ogni volta che lui sviava il discorso, non lasciandola in difficoltà, non aveva prezzo. Quando le aveva fatto vedere le stelle e gli occhi di lei avevano cominciato a brillare più degli astri nel cielo, lì Caesar aveva capito che era ingordo di quella vista, così preso dal vederla sorridere con lo sguardo che cercava in ogni istante di farla stare bene. Eppure, un paio di occhi non avrebbero potuto cambiare la sua vita, la sua routine quotidiana. Non avrebbe di certo potuto dire al nonno che l'indomani avrebbe saltato gli allenamenti perché un Angelo gli stava lentamente rubando la volontà, assoggettandola alla propria.

«Forse sarebbe il caso di ritirarci», disse Freya, dando voce ai pensieri di Caesar, che si alzò e le offrì il braccio. Forse era un pochino egoista, ma continuava a fare il galantuomo solo per poter sentire vicino a sé il suo corpo caldo, prova che dopotutto Angeli e Demoni non erano così diversi fra loro.

Passò troppo poco tempo quando arrivarono di fronte alla stanza della ragazza, ospite nell'ala Bloodwood. Caesar non sapeva cosa dire o fare, e Freya sembrava provare la stessa insicurezza. Dopo un «buonanotte» borbottato, il Principe cominciò ad avviarsi verso la propria camera, quando una guardia quasi lo travolse nel tentativo di arrestare la propria corsa.

«Altezza, capisco l'orario ma è piuttosto urgente», disse l'uomo, la voce frettolosa che arrivava a metà a causa dell'elmo.

Il ragazzo lo seguì, incerto su quale fosse l'emergenza. Prima di voltare l'angolo, lanciò un'ultima occhiata alla porta di Freya. Lei non era ancora entrata, e lo fissava con le sopracciglia aggrottate, quelle bellissime sopracciglia che sembravano falci di luna. Lui le fece l'occhiolino, come a dire "è tutto apposto, succede sempre" per poi rivolgere la propria attenzione nuovamente alla guardia. Sentì lo sguardo di lei sulla schiena finché non girò l'angolo.

Arrivarono all'ingresso, scendendo la grande scalinata. L'armatura della guardia sbatacchiava ad ogni gradino, ma Caesar era impegnato a fissare le due figure che attendevano pazientemente dinnanzi al portone d'ingresso. Avevano lunghi mantelli neri, e dalla fisionomia era chiaro che uno dei due fosse una donna. Quando il Principe fu proprio davanti a loro, alla stessa altezza, la guardia lo annunciò. «Principe Caesar I, primogenito di Alexander V Bloodwood, primogenito del nostro Imperatore Wladimir X Bloodwood», disse con tono solenne.

Le due sagome scure non si inchinarono, né proferirono parole di rispetto. Quella più alta, l'uomo, tirò giù il cappuccio. Era un Demone, con i caratteristici occhi neri e capelli scuri più della notte. «Salute a te, nipote».

Il Principe lo guardò stralunato: aveva conosciuto tutti i membri della famiglia imperiale, dai più stretti come il prozio Gideon ai più lontani come la cugina della defunta nonna Ludovice, ma questo volto era completamente nuovo. Prima che potesse chiedere spiegazioni, anche l'altra figura scoprì il capo. Come si era aspettato, era una donna dai capelli corvini lunghi fino alla schiena. Se il mantello le fasciava bene il corpo senza la presenza di vestiti troppo spessi, doveva avere anche molte curve. «Ti presento mia madre, nipote. Lei è Mildred Darkriver, sorella dell'Imperatrice».

Caesar strinse i denti. Conosceva quel nome di sfuggita, lo aveva udito solo un paio di volte e mai per bocca di Cordelia, nonostante fosse sua parente. Fin da subito era chiaro che quel nome e la sua memoria - così come la persona che lo portava - non era gradito a Corte. Inoltre, il fatto che si fossero presentati nel bel mezzo della notte non era assolutamente di buon auspicio.

«Posso fare qualcosa per voi, prozia?», disse in modo cortese, cercando di non apparire freddo. Sarebbe stato meglio che se la fosse sbrigata da solo, così da mandarli via e cancellare quella nottata. Probabilmente neanche sua madre e suo padre volevano averne a che fare: si sarebbe preso l'incarico di risolvere la situazione in qualche modo.

Ma a rispondere non fu Mildred, bensì l'uomo che non si era ancora presentato. «Vorremmo avere udienza con l'Imperatore». Il tono altezzoso con cui disse quelle parole non piacque a Caesar, che si trovava lì a discutere con estranei non invitati nelle ore più buie, quando c'era un Angelo al piano di sopra a cui avrebbe potuto riservare tutto il proprio tempo.

«È mezzanotte passata e voi volete parlare con l'Imperatore? Ringraziate di avere dinnanzi a voi un Principe ereditario», quelle parole uscirono taglienti, così come il sorriso sulla bocca del ragazzo, ma non perse il suo contegno né la postura.

L'uomo rise di gusto, mentre la donna si limitò a fare una smorfia. «Può un Principe ereditario negare ad un Demone di far visita al padre?».

Caesar gelò sul posto. Wladimir aveva solo due figli, il padre Alexander e la zia Helena. Dovevano essere menzogne, e lui odiava essere preso in giro, per di più a quell'ora. Di impostori ce n'erano già stati troppi negli ultimi anni, con il governo provvisorio e autoproclamato di quei bastardi dei Silentowl - a citare le parole del padre, quando si metteva una mano sul ventre, dove una lunga e fina cicatrice gli percorreva la pelle.

«Non sono in vena di simili idiozie», sbuffò, per poi rivolgersi alla guardia. «Per favore, Bernhard, offri ai signori una limousine e accompagnali fino al parcheggio».

«Non hai capito, ragazzino», ringhiò l'uomo. «Portaci dall'Imperatore o scateneremo contro di voi la furia dei Cacciatori».

Caesar era indeciso: la minaccia dei Cacciatori non li toccava dal Medioevo, ma sapeva che durante il matrimonio dei nonni un disertore di quell'Ordine aveva avvertito sia Demoni che Angeli che la guerra non era ancora completamente conclusa. Forse quello che gli pareva uno scherzo non lo era, e condannare il Regno - tutto l'Impero, forse - a pagare per un suo errore non era qualcosa da prendere alla leggera. «Bernhard, vai a chiamare mio nonno, per favore».

«Mia madre avrebbe piacere di rivedere dopo tanti anni sua sorella, quindi magari porta qui anche l'Imperatrice, Bernhard», ridacchiò l'uomo.

Il Principe strinse i denti, mentre faceva strada verso la sala comune, un enorme salone che a quell'ora era vuoto e freddo. Mildred e l'uomo si sedettero da un lato di uno degli lunghi tavoli, mentre Caesar prendeva posto al lato opposto, non propriamente di fronte a loro: spettava a Wladimir fronteggiare la situazione.

Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, la quiete che preannunciava la battaglia, un battente di legno si aprì e ne uscì la coppia di sovrani. Non indossavano vestaglie o pigiami, ma era chiaro che si fossero vestiti in fretta: Wladimir aveva la camicia fuori dai pantaloni e Cordelia non aveva i capelli intrecciati, come al suo solito. Gli occhi dell'uomo erano infastiditi, e quando caddero sulla figura sconosciuta, disse: «Chi diavolo ha il coraggio di rompere all'una di notte?». Si accorse della sorella della moglie e sbuffò qualcosa come: «Vuoi spiegarcelo tu, Mildred?», facendo un sorriso storto.

L'uomo sconosciuto si alzò e fece un inchino piuttosto ironico, ma quello che colpì più l'attenzione del ragazzo fu il suo sorriso: incorniciato da fossette. «Il mio nome è Edmund, e sono vostro figlio».

Il volto di Wladimir fu attraversato dallo shock, mentre Caesar fissava tutto come se da un momento all'altro potesse cominciare un cataclisma. A interrompere quei secondi di pesante silenzio fu Cordelia, che scoppiò fragorosamente a ridere.

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