Oggi è proprio una giornata strana. A voi non sembra? Sono sincera: se non fosse già stato pronto, questo capitolo non l'avrei mai potuto scrivere. Mi sento come bloccata nelle mie convinzioni e spero di riuscire a sbloccarmi per scrivere il finale perché altrimenti tutto ciò che ho scritto finora sarebbero solo parole gettate al vento. Spero che abbiate voglia di leggere, nonostante tutto.
Non so che altro dire...***
Da quando Claudio mi aveva lasciato in Puglia da solo non vedevo l'ora che quella vacanza finisse.
Dall'esatto momento in cui entrò in macchina per raggiungere l'aeroporto iniziai a sentirmi privo di energie. Tutta la stanchezza accumulata in quei giorni, le ore di sonno perse, quelle spese a sfuggirgli o a far finta di non cercarlo, nulla aveva più senso.
Tutta l'esperienza perse la lucentezza che l'avvolgeva fino a quel momento facendomela scoprire per quello che era in realtà: un viaggio di lavoro.
Mi attanagliava un senso di malinconia che non riuscivo a scacciare nonostante il mare, il sole, gli amici, il buon cibo o dell'alcol.
Claudio mi aveva mostrato com'era vivere con lui intorno e, senza volerlo, mi aveva mostrato anche come sarebbe stato senza.
Decisi, in quella stessa giornata, che mi sarei fatto un regalo. Di quelli che ti fai da solo quando arriva il giorno del tuo compleanno e ti senti di volerti ringraziare per quell'anno che è passato in cui ti ami un po' di più. Io non avevo mai provato l'ebrezza di amarmi abbastanza da farmi un regalo ma questo sentivo di dovermelo fare:Claudio non se ne sarebbe più dovuto andare dalla mia vita.
Preso dall'entusiasmo di quel periodo, mi fece una sorpresa e arrivò a Roma il sabato sera con ancora la stessa valigia in mano segno che non era ancora tornato a Verona. Ci rinchiudemmo in casa, fortunatamente vuota, per tutta la sera. cercando di recuperare, tra chiacchiere e sesso, quei giorni di lontananza forzata.
"Ma perché non mi vuoi dire il programma per domani?"
Eravamo sdraiati a letto con le lenzuola completamente sfatte e addosso solo dei boxer
"Perché è una sorpresa!" Gli dissi ammiccando rubandogli una patatina dal pacco di Pringles che aveva tra le gambe
"Mario sono mie!" Si lamentò con voce infantile
"Veramente le hai trovate in casa quindi al massimo sono mie"
"Veramente tu non le mangi nemmeno le Pringles quindi al massimo sono dei tuoi coinquilini" mi fece il verso per poi infilarsi in bocca tre patatine contemporaneamente
"Non c'è bisogno che t'impegni a farmi vedere che hai la bocca grande, lo so bene!"
Rise con forza sputacchiando pezzi di Pringles ovunque.
"Sei veramente un deficiente!"
Richiuse il pacco lanciandolo a terra con noncuranza per gettarsi allegro tra le mie braccia.
Leggevo, però, nei suoi occhi qualcosa che non riusciva a renderlo del tutto tranquillo. così provai ad indagare.
"Sei felice?"
Mi guardò negli occhi "certo Mario...non si vede?"
"NI..."
"Perché non dici piuttosto che vorresti sapere cosa mi passa per la mente?"
Ed era la verità ma non volevo che si sentisse in obbligo di dirmelo.
"No è solo che ogni tanto ti perdi a fissare un punto e di solito lo fai quando sei pensieroso perciò mi chiedevo se fosse tutto ok"
"Sono solo un po' agitato per domani" disse sinceramente.
"Perché? Mia nipote ti adora! Se si trovassero nei giornaletti avrebbe il tuo poster in camera!"
"È quello il problema! Mi adora ma non mi conosce. Se cambiasse idea?"
Gli baciai una guancia e poi quegli occhi teneri che mi guardavano impauriti
"Claudio quando la gente ti conosce può solo cambiare idea in meglio, non potrà mai succedere il contrario"Arrivammo a casa di mio fratello per l'ora di pranzo, entrambi visibilmente agitati. Claudio aveva preteso che ci fermassimo a prendere del gelato per dolce e teneva la confezione bella dritta in una mano mentre nell'altra portava il regalo che aveva preso il giorno prima per Ginevra, un cappellino con visiera che a mia nipote piacque tantissimo.
Suonai il citofono mentre riponevo in tasca le chiavi della Smart.
Claudio sbuffò nervosamente ma aveva le mani occupate e non poteva spostarsi indietro i capelli come era solito fare in un momento di nervosismo
"Vuoi che ti tocco il ciuffo?" Gli chiesi ironico
Lui rise "no no...anzi reggi un attimo" mi disse allungandomi la busta con il regalo per poter liberare una mano e sistemarsi i capelli specchiandosi nel riflesso del citofono.
"Sei decisamente irrecuperabile!" Lo canzonai.