CAPITOLO 41

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Mi sveglio con un mal di testa incredibile. Guardandomi intorno noto che sono ancora nel letto di Jonathan. Non posso credere che sia successo davvero.
A occhio è croce, data la forte luce che entra dalle fessure del balcone, è mattina inoltrata, forse mezzogiorno.
Mi sollevo sui gomiti e mi giro verso il punto dove ieri si era addormentato Jonathan.
È vuoto. Con la testa dolorante mi alzo faticosamente dal letto ed esco dalla stanza.

«Ti sei svegliata finalmente.»

Esclama Jonathan alle prese coi fornelli. Indosso ha un simpatico grembiulino rosa e blu. Sorrido alla vista di quell'insolita uniforme da cuoca provetta.
Lui sembra accorgersene perché si guarda compiaciuto il vestito per poi ripuntare i suoi occhi nei miei.

«Ti piaccio così? Ti faccio eccitare, vero?»

Scoppio a ridere e senza dire una parola lo raggiungo sedendomi su uno sgabello della penisola.

«Come stai?»
«Mi fa un po' male la testa, ma sto molto meglio di ieri, grazie.»

Dico toccandomi una tempia. Lui annuisce e poi mi passa un piatto.

«Mangia.»

Guardo il contenuto del piatto.

'Ma che roba è? '
Davvero insolito, dev'essere di sicuro un piatto esotico...
'Quello cos'è, un pezzo di budino al cioccolato bruciato? '
Credo di sì...
'Che schifo. '
Già.

«Cos'è?»
«Cibo.»

Lo guardo perplessa, mentre lui sorride soddisfatto del suo capolavoro culinario.

«Sì, ok, ma cos'è? Che cibo è?»
«Assaggia.»

Con unimprovvisa ed inspiegabile voglia di morire afferro la forchetta. La porto alla bocca e con un sorriso tirato mangio quella cosa. Un milione di sapori opposti mi esplodono in bocca facendomi andare in tilt le papille gustative. Lentamente riappoggio la forchetta sul piatto spostandolo leggermente.

«Buono... Sì, buono... Davvero...»
«Mi stai mentendo?»

Lo sguardo critico di Jonathan si fa più intenso.

«No, io-»
«Non ti piace! Non sai mentire.»
«Non è vero...»
«Finiscilo tutto allora.»
«Sì, fa schifo.»

Mi arrendo sconfitta all'evidenza.

«Mi dispiace-»
«Secondo me è buono.»

Afferra la forchetta e, dopo averla caricata per bene, la mette in bocca. Il suo viso comincia a cambiare espressioni e colori estremamente indecifrabili, fino a quando non sputa il tutto sul piatto.

«Hai ragione, è terribile.»

Mi metto a ridere mentre lui si sciacqua la bocca nel tentativo di levare il saporaccio.

«Chiamo la pizzeria?»

Lo vedo annuire con la bocca piena di acqua, così digito il numero della pizzeria sul telefono e me lo porto all'orecchio.

«Pronto?»

Dall'altra parte è un ragazzo che non conosco a rispondere.

«Buongiorno. Vorrei ordinare due pizze ad asporto.»
«Ok.»

Mi allontano il telefono dall'orecchio.

«Jonathan, tu che pizza vuoi?»
«Una New York.»

Mi riporto il telefono all'orecchio.

«Una patatosa con patatine extra e una New York, grazie.»
«Ok, saranno da voi tra venti minuti. Indirizzo?»
«È il campus della Pratt Institute, casa numero 294.»
«D'accordo.»
«Graz-»

Il ragazzo mette giù prima che io possa finire di ringraziarlo. Sbuffo e appoggio il telefono sul tavolo.

«Che c'è?»
«Le pizze saranno pronte tra venti minuti.»

Jonathan si avvicina e posa la sua fronte sulla mia.

«Ed allora aspettiamo.»

Sospiro alzandomi dalla sedia e, trascinando con me Jonathan, ci sediamo sul divano. Titubante appoggio la testa sul suo petto e lui subito mi circonda la vita con le braccia. Con un gesto svogliato afferra il telecomando ed accende la TV.

«Ok, aspettiamo.»

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