CAPITOLO 5

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Vengo svegliata da un rumore assordante, proveniente dal salotto.

Stordita da tutto quel fracasso mi metto a sedere, combattendo una lunga lotta mentale contro Morfeo, nel vano tentativo di non chiudere gli occhi e riaddormentarmi, anche se so già che con tutto quel casino non riuscirei comunque a farlo.

Mi ci vuole un po', tra sbadigli e stiracchiamenti seduta sul mio comodo letto, per realizzare che quello che sento non è un rumore assordante, ma bensì una canzone rap, di quelle che sono talmente sciocche da farti venire la nausea. La classica musica da drogati bacati come dice sempre mia nonna.

Afferro il cellulare dal comodino e guardo l'ora sul display. Le sei di mattina.

Ok, come osa fare una cosa del genere? Ma nessuno gli ha insegnato a vivere civilmente!

'Quando l'educazione va a farsi benedire... '

Mi alzo di scatto, improvvisamente piena di sfrontatezza e coraggio ed esco dalla mia stanza per dirgliene quattro, ma non appena lo vedo mi blocco.

Immaginatevi la situazione che ora vi descriverò, e poi forse capirete quanto imbarazzo provo in questo momento...

Entro in cucina e lo vedo lì, di schiena, mentre cucina qualcosa di incomprensibile, che non riesco nemmeno a vedere. E fin qui sembra tutto normale, più o meno.

Il problema è che è solo in boxer, e voi non potete capire che razza di spettacolo sia... La musica scompare improvvisamente, non la sento più, o meglio non esiste proprio più. Sembra quasi che le miei orecchie si rifiutino di captare i suoi circostanti. Ora c'è solo quel pezzo di carne estremamente perfetta davanti a me e io...

«Pidocchio, ti prego! Potrei rischiare di sciogliermi, se continui a fissarmi così...»

Solo in quel momento capisco di essermi incantata a guardarlo come un bambina che osserva le caramelle...

Tossisco rumoresamente, cercando di deviare la rotta del mio sguardo, mentre le mie guance si incendiano, un po' per lo spavento e un po' per il fatto di essere stata colta sul fatto...

La musica ricomincia a rimbombarmi nelle orecchie all'improvviso, talmente inaspettata da farmi saltare di paura e da provocarmi un male tremendo ai timpani.

«Cosa?»

Cerco di fare finta di niente, ma capisco di aver fallito miseramente nel momento in cui scoppia in una risata sfrenata.

' Ciao, ciao dignità! Lilia Johnson possibile che tu debba subito farti vedere ridicola ai sui occhi? O agli occhi in generale? '
Come, scusa? Ma tu da che parte stai! E poi non l'ho fatto apposta...

«Comunque sai, non che mi dispiaccia ciò che vedo, anzi, ma da coinquilino magnanimo ti consiglio di andare a metterti qualcosa di più consono addosso. Sempre che tu non voglia fare un giretto nella stanza del paradiso...»

Sbianco.

Sì, la parola che mi descrive meglio in questo momento è quella del verbo sbiancare. Sono paralizzata davanti a lui che continua a fissarmi. Non ho nemmeno il coraggio di guardarmi perché già so che potrei svenire dalla vergogna...

Lui deve capirlo perché, quasi divertito mi si avvicina e mi sussurra all'orecchio.

«Dico davvero, se non vuoi conoscere il mio amichetto ti consiglio di metterti i pantaloni, e magari la prossima volta anche una maglia un po' più lunga e meno sottile...»

Mi guarda con un sorriso malizioso e il mio volto si colora di tutti i colori possibili e inimmaginabili...

Altro che arcobaleno. In confronto a me è una miseria e dovrebbe inchinarmisi di fronte.

E poi c'è lui, a nemmeno cinque centimetri di distanza da me, con quel petto perfetto quei muscoli che sembrano gridare il mio nome, "Lilia, Lilia, toccami!", quei capelli spettinatamente perfetti e quegli occhi azzurri e... Quella bocca che...

'Lilia, ma che cavolo stai dicendo? Concentrati e ritorna in te! '
Cavolo.

Credo sia questa canzone insulsa che mi sta dando alla testa.

Riprendo possesso del mio corpo, che momentaneamente si era preso del tempo per contemplare e immaginare chissà quale pensiero perverso con protagonisti me ed il mio coinquilino, e, con un respiro profondo, trovo il coraggio di guardarmi. Oh. Me n'ero completamente dimenticata.

Ieri sera, dal troppo caldo mi ero messa una magliettina corta e leggera ed ero andata sotto le lenzuola senza i pantaloni.

E ora sono qui, di fronte a lui, messa in queste condizioni. Troppo esposta per i miei gusti.

Lo guardo negli occhi per l'ultima volta prima di scappare per la vergogna e di urlargli dalla mia stanza.

«Abbassa il volume di quella stupida canzone!»

Lo sento ridere e, nonostante quella sua rista mi piaccia, l'imbarazzo e la vergogna non mi permettono di fare altrettanto, costringendomi a prendere i vestiti e a chiudermi in bagno a una velocità supersonica.

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