I'm here without you baby,
But you're still on my lonely mind.
I think about you baby,
And I dream about you all the time.
I'm here without you baby,
But you're still with me in my dreams.
(Here Without You - 3 Doors Down)
E' così tranquilla questa serata tra amici. Non c'è niente di meglio che una tazza di cioccolata calda, buona compagnia e tante risate in una sera invernale come questa. Per una volta non ho brutti pensieri per la testa, sono tranquilla e in pace con me stessa, a differenza degli ultimi anni. Non ci può essere assolutamente niente che rovini tutto.
Poi, all'improvviso, qualcuno bussa alla porta. C'è un momento generale di confusione, perché siamo tutti qui, non stiamo aspettando nessun altro. Ci guardiamo in faccia, sorpresi, finché uno di noi non decide di andare ad aprire.
Io rimango in piedi un po' più indietro, nascosta alle spalle di chi sta sulla soglia, e non so di chi si tratta finché non lo vedo bene, in tutta la sua figura.
Il mio cuore perde un paio di battiti, mentre il mio stomaco si attorciglia in una morsa dolorosa e la mia mente torna a qualche anno prima. Sto lì immobile, con la mano che stringe lo schienale della sedia, forse per darmi un po' di sostegno, dal momento che le mie gambe sembrano due gelatine molli.
Che ci fa lui qui? Come ha fatto a trovarmi? Non aveva forse voluto tagliare tutti i ponti con me?
Quelle tre domande continuano a ronzarmi nella mente, mentre ce ne stiamo entrambi fermi lì, a guardarci negli occhi, io in piedi per miracolo, lui ancora fuori dalla porta. Il resto del mio campo visivo è sparito; c'è solo lui, la notte che gli fa da sfondo e la lampada della stanza che riscalda il colore del suo viso e dei suoi abiti.
Vorrei fare qualcosa oltre a starmene lì immobile come una statua di gesso, ma non ce la faccio. Non riesco a non pensare a quando, due anni fa, ha chiuso con me, sbattendomi in faccia la porta.
Non riesco a non pensare a quanto ho sofferto, a quei giorni bui di fine novembre che sembravano non finire più.
Non riesco a non pensare a tutte le lacrime che ho versato ogni notte, in silenzio, mentre le sue parole, scolpite con il fuoco nella mia mente, mi ferivano sempre più profondamente.
Non riesco a pensare ad altro perché lui, alla fine, si muove ed entra in casa, senza che nessuno gli abbia detto niente, e mi si avvicina, abbracciandomi fortissimo. Sono interdetta; questo da lui non me lo sarei mai aspettato.
Riesco a sentire il suo calore anche attraverso i vestiti pesanti, le sue mani sulla mia schiena mi spingono verso il suo corpo, e io lo lascio fare. Sento le lacrime lottare dietro le palpebre serrate, ma mi costringo a non piangere. Non merita le mie lacrime, non più.
Vorrei tanto ricambiare l'abbraccio, stringerlo a me più che posso, fino a farmi dolere le braccia, ma non lo faccio.
Vorrei inspirare a fondo il suo profumo, inebriarmi della sua presenza, cercare rifugio nel suo calore, ma non lo faccio.
Dannazione, è così difficile resistere!
Il suo respiro caldo mi solletica l'orecchio, la sua guancia ispida per via della barba sfrega a contatto con la mia. Le mie labbra tremano sapendo che solo tirandomi un po' indietro potrei finalmente posarle sulle sue, come ho sempre sognato di fare.
Sento la morsa attorno al mio corpo allentarsi un po', ma non mi lascia; si limita ad appoggiare la fronte alla mia e rimane così, in silenzio, con gli occhi chiusi.
Ora vincere la tentazione è difficile più che mai; mi basta una frazione di secondo per arrivare a lui.
No, non posso farlo. Non posso permettere che faccia sparire tutto così, solo perché finalmente si è presentato. Lui non ha la benché minima idea di quello che ho passato, del dolore di ogni notte. Non può cancellare con un colpo di spugna due anni di frustrazione.
Non importa che lui sia il primo ragazzo che io abbia mai amato in vita mia.
Non importa che lui sia il primo ragazzo che mi abbia fatto sentire davvero bene, che mi abbia fatto sentire bella e accettata, che mi sia stato accanto quando ero triste.
-Perdonami- mormora appena, e quasi mi sembra di non capirlo.
Vorrei farlo, davvero. Il mio cuore implora di perdonarlo, ma la mia mente continua a lottare perché non lo faccia.
Ti farà soffrire di nuovo. Non è cambiato da allora. Non credergli.
Non chiudergli la porta in faccia come ha fatto lui. Tutti meritano una seconda possibilità. Dagli fiducia questa volta.
Queste opzioni continuano a lottare nella mia mente confusa. In un modo o nell'altro, però, questa situazione deve avere una conclusione.
E' difficile scegliere, ma devo farlo, o mi porterò questo peso sul petto per il resto della mia vita.
Inspiro ancora il suo profumo, mi concedo qualche istante ancora tra le sue braccia. So che mi pentirò della decisione, ma a questo punto è la cosa più giusta.
Lentamente mi allontano da lui, e sento che una parte di me si sta rompendo in mille pezzi. Ricaccio indietro le lacrime con tutte le forze che ho, perché non voglio sembrare patetica ai suoi occhi.
Finalmente mi ricompongo e apro gli occhi. È vicinissimo, come mai prima d'ora, e mi guarda intensamente. Non riesco a leggere i suoi sentimenti, non riesco a capire cosa stia provando in questo momento.
-Non posso- mormoro in un soffio, a voce bassissima -Vai via, per favore-.
Non riesco a credere di averlo detto. Non riesco a credere di averlo davvero spinto da una parte.
La sua maschera si incrina ma non si spezza. Vedo nei suoi occhi una domanda: è davvero questo che vuoi?
Sì, è questo quello che voglio. Non voglio più soffrire, non voglio essere trattata di nuovo in quel modo, non voglio essere il giocattolo di qualcuno.
Voglio un uomo che mi ami per quello che sono, che abbia fiducia in me, che creda alle mie parole. Lui non mi merita.
-Vattene- lo ripeto, questa volta più forte, più sicura, staccandomi definitivamente da lui.
Rimane a fissarmi per qualche altro secondo, senza dire assolutamente nulla. All'improvviso, si volta e se ne va, chiudendosi alle spalle la porta rimasta ancora aperta.
Solo quando lo vedo sparire dal mio campo visivo torno alla realtà: le pareti sembrano più chiare del normale, il ronzio nelle orecchie svanisce e tornano i suoni della tv accesa. I miei amici sono immobili da una parte che mi fissano, senza dire niente.
-Allora, riprendiamo la partita?- dico, rimettendomi a sedere come se niente fosse.
Loro si scambiano un'occhiata veloce, poi tornano a sedersi al tavolo e riprendono a tirare i dadi.
Ora mi sento davvero distrutta in mille pezzi. Tutto quello che è successo mi pare un sogno, ma so che è accaduto sul serio, altrimenti non si spiega questa sensazione.
Poi ricordo una storia giapponese: quando si riparano le ceramiche rotte, non si nasconde il danno ma lo si sottolinea, riempiendo d'oro le linee di frattura, perché si crede che quando qualcosa ha subito un danno e ha una storia, diventi più bella.
Le mie ferite saranno difficili da saldare, ma so che prima o poi arriverà tutto l'oro di cui ho bisogno, e allora tutti i miei pezzi saranno al loro posto.
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Pieces of an Ordinary Girl
Short Story"La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare." (Arthur Schopenhauer) Questa è una raccolta di racconti che ho scritto in diversi momenti della mia vita, che hanno tutti un filo conduttor...