Another Chance

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Sono ormai ore che sto qui seduta sul letto, con la musica nelle orecchie a pensare. Non posso fare a meno di tornare con la mente a sabato sera, a ripensare a tutti quei momenti.

Sinceramente, non mi sarei mai aspettata che accettasse il mio invito. Dopo settimane intere in cui non ci eravamo nemmeno parlati, sapere della sua presenza mi aveva destabilizzato. Mi aveva intimorita, avevo i nervi a fior di pelle al solo pensiero della situazione in cui mi sarei trovata.

Adesso, invece, vorrei tornare indietro nel tempo per poter rivivere quella serata altre mille volte. Vorrei tornare a sabato ed assistere alla scena dall'esterno, per poter capire meglio.

Si sarà accorto di me? Avrà notato i mille segnali che gli ho mandato? Si sarà reso conto che mi interessa davvero?

Non riesco a rispondere a nessuna di queste domande, mentre il verme del dubbio si insinua nuovamente in me.

Perché ha accettato il mio invito se davvero non c'è un minimo di interesse? Diciamocelo, non era proprio il programma più normale per un sabato sera. E poi, chi mai farebbe le corse per passare la serata in un teatro a più di venti chilometri di distanza da casa?

Sospiro, mentre cambio canzone sull'mp3 per l'ennesima volta e chiudo gli occhi. Dovrei smetterla di farmi mille viaggi e mille domande, ma è più forte di me. Quel tarlo si è insinuato subdolamente nella mia testa e adesso non se ne vuole più andare.

Effettivamente, il suo comportamento mi ha spiazzato. Due anni fa, quando gli chiesi di vederci ancora, mi disse un no secco, sparendo poi nel nulla. Allora non diedi troppo peso alla cosa, ero abituata a ricevere schiaffi di quel tipo.

Ora, invece, si presenta come se nulla fosse successo e mi cerca, chiedendomi di uscire, prima al pub, poi in birreria e alla sua festa di laurea. E in ultimo, la sua presenza sabato sera.

Che cosa dovrei pensare? Mi sento così stupida se penso che non riesco a capire il messaggio che mi sta mandando. Vuole uscire con me solo perché in mia compagnia si trova bene e gli fa piacere o perché c'è qualcosa di più?

In quel momento il cellulare accanto a me vibra per il messaggio in arrivo. Sbuffo; so già chi è, c'è una sola persona che può cercarmi in questi momenti delicati per me.

Senza nemmeno guardare lo schermo sblocco il telefono e apro la chat, dopodiché mi immobilizzo. È lui.

Sei libera questa sera?

Mi servono diversi secondi per riuscire a decifrare il significato tanto semplice di quelle quattro parole. Un'altra volta è lui a cercarmi, a chiedermi di vederci.

Osservo il puntino verde accanto al suo nome, e me lo immagino con il telefono in mano, mentre aspetta una mia risposta. Ma non so davvero che cosa dirgli. Alla fine, prendendo un respiro profondo, inizio a digitare.

Al momento non ho programmi... Perché?

Ti va di venire a fare un giro a Milano Marittima?

Per poco non mi lascio sfuggire il cellulare dalle mani, tanto sono spiazzata. A Milano Marittima? Perché mai dovremmo incontrarci là?


E' ormai buio quando finalmente parcheggio l'auto in una stradina laterale. Prendo la borsa, chiudo la macchina e mi avvio verso la spiaggia, verso il locale in cui mi ha detto di incontrarci.

Nonostante la ressa che imperversa per le strade, lo trovo facilmente; è appoggiato alla ringhiera che delimita la veranda del pub e armeggia con il cellulare. Mi avvicino facendo lo slalom tra le persone, finché non gli sono davanti.

-Sono contento che sia venuta- mi saluta con un gran sorriso.

-Beh, dopo averti dato buca per tre volte mi sembrava il minimo- rispondo, cercando di non far tremare la voce.

-Allora, ci beviamo qualcosa?-.

Annuisco, e dopo una decina di minuti stiamo camminando sulla strada del lungomare, uno accanto all'altra, lui con una bottiglia di birra, io con una granita al limone.

Man mano che il tempo passa sento il nervosismo sciogliersi e il mio sorriso e la mia risata alle sue battute diventano naturali. Mi sento così bene quando sto con lui, anche se ogni volta, prima di incontrarlo, vengo presa dal panico.

-Scusa, ma te lo devo proprio chiedere- dico a un certo punto, quando ci siamo allontanati dalla ressa dei locali.

-Che cosa?- mi chiede, voltandosi verso di me.

-Perché ultimamente ti stai comportando così con me?- sbotto tutto d'un fiato, poi continuo quando vedo che non capisce -Voglio dire, ho provato una volta a invitarti fuori e mi hai detto no. Poi, ci siamo rivisti qualche volta e praticamente ogni settimana mi cercavi per uscire, poi sei venuto a teatro con me. E ora siamo qui. Perché?-.

Rimane basito davanti a quello che gli ho detto -E' forse un reato?-.

-Non è questo che intendo- sospiro, scuotendo la testa -Il fatto è che non riesco a capire qual è il messaggio che vuoi mandarmi. Perché all'improvviso ti comporti così?-.

Rimane in silenzio, mentre svuota la sua bottiglia e si volta per gettarla via. Mi dà le spalle per qualche minuto, e quando si gira di nuovo verso di me ha un'espressione più decisa. Che abbia fatto tutta questa scenata per prendere coraggio? Perché dovrebbe avere paura di me?

-Sinceramente non lo so bene nemmeno io- risponde alla fine, con una voce che stona in confronto al suo volto -Forse è perché mi sono reso conto che mi trovo bene con te... E mi piacerebbe continuare a frequentarti-.

Rimango per un secondo stupita, ma mi riprendo subito -E c'era bisogno di venire fin qui per dirmelo?- ribatto sorridendo, nella speranza di allentare un po' la tensione.

Ricambia il sorriso -No, ma mi andava di venire a fare un giro qua-.

Scuoto la testa, mentre riprendiamo a camminare e a parlare del più e del meno. Forse due anni fa sono stata troppo avventata, forse si è spaventato... Insomma, ci conoscevamo appena, anche io avrei reagito allo stesso modo.

Forse questa è la volta buona, è la mia occasione. E vada come vada, non ho nulla da perdere.

Pieces of an Ordinary GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora