Non so da quanto tempo sono qui seduta di fronte alla finestra a guardare il paesaggio fuori. Il mio sguardo continua a perdersi lungo la linea dell'orizzonte, delimitato dalle fila regolari dei frutteti. Il cielo è scuro e continua a cadere una leggera pioggia, fin troppo fine per essere visibile.
Chiudo un attimo gli occhi, respirando profondamente, poi prendo in mano la tazza con la mia tisana ormai fredda e ne bevo un lungo sorso. Da ieri sera mi ronzano per la testa gli stessi pensieri e non riesco a respingerli. Non riesco a non pensare a quell'incontro, a quanto mi ha prosciugato.
Sono uscita di casa con il pensiero che forse, dopo ormai due mesi e mezzo, finalmente ci saremmo rivisti e sarei riuscita a parlargli. Ad essere sinceri, però, non ne ero così sicura, era soltanto uno dei miei mille viaggi mentali. Poi, quando la mia amica mi ha dato la conferma che anche lui sarebbe stato nei paraggi, ho iniziato a immaginare a quello che ci saremmo detti, a come mi sarei comportata.
Vederlo di nuovo mi ha provocato una stretta fortissima al cuore che subito non mi ha permesso di avvicinarmi. Mi ci è voluto un po' perché riuscissi a riprendere il controllo, e un altro lungo giro prima che trovassi di nuovo il coraggio di avvicinarmi. Ad ogni passo sentivo il nervosismo salire, come ogni volta che ci vedevamo, prima che tutto il nostro rapporto venisse stravolto.
Sono rimasta ferma a guardarlo pochi metri più indietro, senza sapere cosa fare; non volevo essere io ad andare da lui, sarebbe stato come ammettere la mia sconfitta e il mio bisogno di cercarlo. Alla fine, è stato lui a vederci e a venirci incontro; ha sorriso, come al solito, ma ho percepito subito qualcosa nell'aria.
Imbarazzo. Era quello che aleggiava nell'aria intorno a noi, mentre iniziava a parlare con la mia amica, ignorandomi. E io, dal mio canto, non facevo nulla per farmi notare; anzi, me ne stavo lì con la testa bassa e le braccia incrociate, aspettando una sua reazione qualsiasi.
-E tu invece?- alla fine ha dovuto cedere e rivolgersi a me -Sei stata da qualche parte durante le vacanze?-.
Come se gli fosse veramente importato. Sapevo che la sua era solo una facciata, voleva mantenere la maschera che ha sempre indossato quando era con noi.
Gli ho risposto stringendomi nelle spalle, con una freddezza che non credevo possibile, e sono certa che anche lui l'abbia percepito. Ma che altro avrei dovuto fare? Saltargli addosso e abbracciarlo come se nulla fosse? No, non l'avrei mai fatto, non sono così disperata.
E poi è successo di nuovo. Quel silenzio imbarazzante che nessuno sapeva come tagliare. Lo vedevo spostare continuamente il peso da un piede all'altro, tenendo le mani in tasca, sentendosi a disagio. Vedevo la mia amica fare cenno di andare via, ma io non mi sono mossa. Volevo che si sentisse così, che non riuscisse a guardarmi negli occhi, che vedesse la mia freddezza nei suoi confronti. Volevo che capisse quanto il suo comportamento mi avesse ferito.
-Tu invece? Hai sempre le tue mille attività?- ho chiesto a un certo punto, con un tono glaciale.
Per un momento è riuscito a mantenere il contatto visivo -Sì beh, adesso ho riniziato gli allenamenti, poi il lavoro dalla mattina alla sera... Mi tengo impegnato, dai-.
-Beh, come al solito-.
Ho detto quelle parole prima ancora che potessi pensarle, prima ancora che potessi rendermi conto del loro significato. Ma non mi importava. La mia voce era tagliente, affilata come un rasoio, fredda come il ghiaccio, e sono sicura che anche il mio sguardo fosse così.
Era più forte di me. Non riuscivo a controllarmi, la rabbia che ancora provo nei suoi confronti era più forte. Ha visto il mio lato peggiore, quello che esce soltanto quando la delusione, la frustrazione vengono stuzzicate e risvegliate.
È stata l'ultima volta che abbiamo parlato. Siamo rimaste lì con lui per altri dieci minuti, forse aspettando qualcosa che, come sospettavo, non è mai arrivato. Alla fine, il suo saluto; freddo, distaccato, come se nemmeno ci conoscessimo ormai da quasi tre anni.
Ecco, questa è la parola giusta: sconosciuti. Non riesco a credere che ci sia stato un momento, soltanto pochi mesi fa, in cui uscivamo insieme e parlavamo come amici di lunga data. Non riesco a credere che tutto questo sia finito, che il nostro rapporto si sia troncato in questo modo impetuoso.
Sospiro, appoggiando la testa al vetro della finestra su cui le gocce di pioggia creano un ricamo arzigogolato ed etereo.
Siamo solo due persone che passeggiano per la strada, i cui sguardi si incrociano per una frazione di secondo in cui tutto sembra accadere. Ma è solo un'illusione, perché basta un passo per allontanarci, e un altro ancora ci porta in due direzioni diverse, troppo lontane perché possano ricongiungersi un'altra volta.
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Pieces of an Ordinary Girl
Short Story"La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare." (Arthur Schopenhauer) Questa è una raccolta di racconti che ho scritto in diversi momenti della mia vita, che hanno tutti un filo conduttor...