Delusa

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È proprio una bella serata questa, sentivo proprio il bisogno di uscire e non pensare a niente. Dopo l'ennesima delusione ho solo voglia di dimenticare e rimettermi in gioco. Ho ancora tutta la vita davanti e non voglio rovinarmela per l'ennesimo stupido che non sa cosa vuole.

Io e la mia amica camminiamo ridendo e scherzando, indicandoci a vicenda i vari artisti di strada che affollano le vie del centro. Ci fermiamo per un'abbondante decina di minuti davanti a un ragazzo che dipinge magnifici quadri con le bombolette spray. Rimaniamo incantate davanti alla sua bravura che con pochi colori rende magico anche il più sterile dei paesaggi.

-Che dici, andiamo a fare un altro giro?- propongo dopo un po', quando il ragazzo cambia nuovamente tela per iniziare un altro dipinto.

Lei annuisce, dopodiché riprendiamo a girovagare per le strette strade del centro.

A un certo punto imbocchiamo uno stradino largo appena qualche metro di cui ignoravo perfino l'esistenza. Forse dovremmo tornare indietro, perché è evidente che non c'è nessuno spettacolo, ma poi sentiamo della musica provenire qualche metro più in là. Proseguiamo fino a trovare una porta ad arco sulla sinistra che dà su un piccolo giardino racchiuso all'interno delle mura.

Il posto è piccolo, ma gremito di gente. Da un lato, verso la strada, si trova un palcoscenico artigianale fatto con assi di legno rialzate di una ventina di centimetri da terra, su cui si sta esibendo un gruppo di artisti; per il resto, è completamente occupato dagli spettatori.

Rimaniamo ferme sotto l'arco di pietra e ascoltiamo la musica travolgente delle trombe e dei tamburelli. Mentre batto il tempo con il piede, inizio a far vagare lo sguardo tra i presenti, solo per vedere se c'è qualcuno che conosco. Poi, mi immobilizzo e i miei muscoli si irrigidiscono completamente.

La mia amica deve aver notato la mia reazione, perché mi chiede se va tutto bene.

Non riesco a rispondere; mi sento la bocca asciutta e mi sembra uno sforzo immane perfino respirare. Con un cenno del capo le indico l'altro lato del giardino; esattamente di fronte a noi c'è lui.

In questo momento non sta guardando verso di noi, e io mi fermo ad osservarlo. Si è fatto crescere i capelli dall'ultima volta che ci siamo visti e ora assomiglia di nuovo al ragazzo che ho conosciuto quasi tre anni fa. Come al solito sorride mentre chiacchiera con i suoi amici; anche da questa distanza intuisco la naturalezza della sua risata.

-Vuoi andare a salutarlo?- mi chiede la mia amica.

Non so davvero cosa fare. Una parte di me, quella più romantica, vorrebbe corrergli incontro, ma quella più orgogliosa e testarda mi dice di girare i tacchi e fare come se nulla fosse. Eppure non è così facile; non riesco a togliergli gli occhi di dosso, non riesco a non pensare quanto gli stia bene quella camicia bianca.

-E' meglio andare- dico alla fine, scacciando quei pensieri; non è il caso di farsi trasportare dalle fantasticherie, non dopo quello che è successo l'ultima volta.

Gli lancio un'altra occhiata e sento la tristezza che inizia a diffondersi dentro di me con i suoi tentacoli infidi. Mentre stiamo per andarcene, lui si volta e i suoi occhi incrociano i miei.

Rimango paralizzata e non riesco a muovere nemmeno un muscolo; anche da qui vedo la sua espressione cambiare, prima di sorpresa, poi titubante, e infine di nuovo sorridente. Mi fa un cenno con la mano, e meccanicamente rispondo.

-Andiamo via- dico con tono concitato; non voglio parlare con lui, la sua presenza mi destabilizza sempre.

Faccio un passo indietro e lo guardo voltarsi qualche momento verso i suoi amici; mi è andata bene, è finita qui.

Sto per tirare un sospiro di sollievo quando lo vedo staccarsi dal suo gruppo e dirigersi verso di noi.

Merda. Ora non so più cosa fare. Non voglio fermarmi qui e parlare con lui, ma non posso nemmeno scappare, sarebbe fin troppo evidente la mia intenzione di evitarlo.

Guardo la mia amica con il panico negli occhi e lei ricambia lo sguardo; nemmeno lei sa cosa fare.

-Ciao!- ci saluta calorosamente quando finalmente riesce a raggiungerci.

Sento la bocca asciutta e a fatica riesco a parlare -Ciao- dico alla fine, con voce tremante.

-Come state? È da un pezzo che non ci vediamo!- sulle ultime parole evita accuratamente di guardarmi, perché sa bene che sono passati ormai due mesi dall'ultima volta, ed era stato solo su mia richiesta.

-Non c'è male dai- risponde la mia amica per entrambe, mentre io me ne sto lì con il capo chino e scalcio via sassolini immaginari -Tu invece?-.

-Tutto bene, anche se ultimamente sono stato preso dal lavoro e tutto il resto... Non sono uscito molto di recente-.

Faccio un respiro profondo e serrò le mani in un pugno per non dare in escandescenze. Certo, era lui quello sempre impegnato, quello che non aveva mai tempo per niente, che a malapena aveva trovato un momento per parlare solo noi... Se non fosse che solo il mese prima continuava a cercarci per vederci.

Solo adesso mi rendo conto di quanto sono stata stupida. Come potevo davvero sperare che trovasse un momento per me quando a malapena lo vedevano a casa? Tra il lavoro e tutte le attività che svolgeva, era ovvio che non avesse il tempo per una ragazza.

Su di noi cala un silenzio imbarazzante, carico di tensione, talmente palpabile che mi chiedo come facciano gli altri presenti a non accorgersene.

Dovremmo parlare ancora, dovrei dirgli quello che ho pensato di lui in questi mesi, dopo esserci visti per l'ultima volta? Avevo sempre detto che se me lo fossi trovato davanti lo avrei preso da parte per sputargli addosso tutto quello che sentivo, ma ora la mia sfrontatezza se n'è andata. Dovrei essere ubriaca per parlargli davvero così.

Alzo lo sguardo su di lui per decifrare la sua espressione, ma come al solito è imperscrutabile; fa vagare lo sguardo tra me e la mia amica, imbarazzato almeno quanto me. Devo dirgli qualcosa, ma non so nemmeno io cosa sia quella giusta. Sto cercando disperatamente di farmi venire in mente qualcosa quando lui si volta per qualche secondo, fa un cenno e poi torna a concentrarsi su di noi.

-Beh, è stato bello rivedervi- dice gentilmente, ma riesco a intuire nella sua voce una vena di voglia di andarsene -Che dite, ci risentiamo?-.

Io annuisco appena, mentre la mia amica sembra essere più entusiasta -Certo!-.

Sorride, ma so che è solo un sorriso di circostanza. Si avvicina e abbraccia prima lei, poi si volta verso di me e con non poco imbarazzo ci salutiamo, stringendoci in un brevissimo abbraccio. Ci fa un ultimo cenno, poi sparisce di nuovo tra la folla; non aspetto oltre e mi precipito fuori dal giardino, lungo la stradina e poi fino al viale principale. Quando riemergo in mezzo al flusso della gente riprendo a respirare; non mi ero nemmeno accorta di essere rimasta in apnea per tutto quel tempo.

So che le sue sono solo parole gentili; sono più che sicura che non si farà più sentire, e io non farò la parte della disperata che lo cercherà. Se davvero vuole mantenere viva la nostra amicizia, dovrà essere lui a fare il primo passo.

Sento qualcosa sfiorarmi la spalla; mi volto e vedo la mia amica quasi ansimare. Deve averci messo un po' per ritrovarmi in quel mare di gente.

-Tutto ok?- mi chiede.

Mi stringo nelle spalle. Non so se è tutto ok, non lo so proprio.

Poi, sento una strana sensazione alla parte alta della pancia. In un primo momento non capisco di che cosa si tratti, ma alla fine riesco a inquadrarla: delusione. Sono delusa dal suo comportamento del tutto indifferente, sono delusa dal fatto che non abbia detto nemmeno una parola sull'ultima serata che avevamo passato insieme. Quella volta avevo aperto il mio cuore come non avevo mai fatto, e lui si era semplicemente limitato a eludere le mie domande.

Solo una cosa è cambiata: ora sono sicura della mia decisione. Sono sicura di aver fatto la scelta giusta, di aver deciso di lasciarlo perdere e andare avanti.

È meglio così.

Pieces of an Ordinary GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora