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«Ehm... dov'è Octavia?» chiedo con voce stridula, anziché nel tono autoritario che speravo. Stringo il telo da bagno e controllo ogni due secondi che mi copra ancora.
La ragazza mi guarda, accenna un sorriso, ma non apre bocca.
«Mi hai sentita? Ti ho chiesto dov'è Octavia», ripeto, cercando di essere un po' meno scortese.
Lei sorride in silenzio ancora per un po' , poi borbotta: «Non lo so», e si gira verso il piccolo televisore a schermo piatto sopra la cassettiera di Octavia. E comunque cosa ci fai qui? Non ce l'ha una stanza sua? Mi mordo la lingua e tengo per me i commenti.
«Okay... be', potresti... andartene, così mi vesto?» Non ha neanche notato che indosso solo un asciugamano. O forse l'ha notato, ma la cosa la lascia indifferente.
«Non illuderti, non ti guarderei comunque», mi informa, e si rotola sul letto coprendosi la faccia con le mani. Ha un marcato accento australiano, di cui non mi ero accorta. Probabilmente perché ieri non ha avuto la gentilezza di rivolgermi la parola.
Non sapendo come reagire, sbuffo e mi avvio verso il comò. Forse non è gay ( non che io lo sia, cioè provo dell'attrazione per entrambi i sessi ) : forse intendeva quello, quando ha detto che non mi avrebbe guardata. Oppure è perché mi trova brutta. Infilo rapidamente un reggiseno e un può di mutandine, una maglietta bianca e dei pantaloncini color cachi.
«Hai finito?» chiede lei.
Ho finito la pazienza, quella sì. «Ma perché sei così maleducata? Non ti ho fatto niente. Che problema hai?» grido, molto più forte di quanto volessi; ma, a giudicare dalla sua espressione sorpresa, le mie parole hanno sortito l'effetto desiderato.
Mi fissa per un momento. E mentre aspetto che si scusi... scoppia a ridere. Sarebbe anche una bella risata, se non fosse così seccante. Le sono venute due fossette sulle guance. Mi sento un'idiota, non so cosa dire ne fare. Non mi piace litigare, e questa qui è l'ultima persona con cui dovrei farlo.
La porta si apre e Octavia si precipita dentro.«Scusa il ritardo, ho un doposbronza assurdo», dice d'un fiato, poi fa saettare lo sguardo tra noi due. «Scusami Cla, ho dimenticato di dirti che Lexa sarebbe passata.»
Mi piacerebbe pensare che io e Octavia riusciremo a sopportarci a vicenda, forse persino a stringere una specie di amicizia, ma non ne sono più tanto sicura, considerando gli amici che si sceglie e gli orari che fa.
«La tua ragazza è maleducata», sbotto prima di riuscire a fermarmi.
Octavia la guarda, poi entrambi scoppiano a ridere. Ma perché ridono tutti di me? Sta diventando fastidioso.
«Alexandra Woods non è la mia ragazza!» esclama lei, e per poco soffoca a forza di ridere. Poi si calma e si gira a guardare storto questa Alexandra.«Cosa le hai detto?» Si rivolge di nuovo a me: «Alexandra ha... un modo tutto suo di fare conversazione».
«Lexa, chiamami Lexa» borbotta.
Fantastico: in pratica sto dicendo che Alexandra è una cafona. Lei, con aria annoiata, cambia canale con il telecomando.
«C'è una festa, stasera. Perché non vieni anche tu, Clarke?» propone Octavia.
È arrivato il mio turno di ridere.
«Le feste non sono il mio forte. E poi devo andare a comprare un po' di roba per la mia scrivania e le pareti.» Osservo Lexa, che si comporta come se fosse da sola nella stanza.
«Ma dai, è solo una festa! Sei al college: una festa non ti ucciderà. Ehi, aspetta, come ci vai al negozio? Pensavo che non avessi la macchina.»
«Prendo l'autobus. E poi non posso andare a una festa, non conosco nessuno», continuo, e Lexa ride di nuovo: una velata conferma del fatto che mi ascolta lo stretto necessario per potermi prendere in giro. «Pensavo di leggere e parlare con Flinn via Skype.»
«Non puoi prendere l'autobus di sabato! C'è troppa gente. Lexa può accompagnarti mentre torna a casa... giusto, Lexa? E alla festa conosci già me. Dai, vieni... per favore!» conclude pregandomi con le mani giunte.
La conosco solo da un giorno, dovrei fidarmi? Mi tornano in mente gli avvertimenti di mia madre sulle feste. Octavia sembra una brava ragazza, da quel poco che ho interagito con lei. Ma una festa?
«Non lo so... e no, non voglio che Lexa mi accompagni al negozio», dico.
Lei si rotola sul letto di Octavia con un'espressione divertita. «Oh, no! E pensare che ci tenevo proprio a passare del tempo con te!» ribatte con così tanto sarcasmo che mi viene voglia di tirarle un libro su quella testa castana. «Dai, Octavia, lo sai benissimo che questa qui non verrà alla festa», dice ridendo, con quel suo accento spiccato. Il mio lato curioso (che, devo ammettere, è piuttosto forte) muore dalla voglia di chiederle da dove viene di preciso. Il mio lato competitivo, invece, vuole dimostrarle che si sbaglia.
«Va bene, ci vengo», annuncio con il sorriso più dolce che riesco a trovare. «Sembra molto divertente.» Lexa scuote la testa incredula e Octavia fa un urletto di gioia e mi abbraccia. «Evviva! Ci divertiremo un sacco!» strilla. Spero tanto che abbia ragione.

Fight For This LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora