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La colazione con Finn e mia madre si trascina con dolorosa lentezza. La mamma continua a parlare della mia notte brava e mi chiede ripetutamente se sono stanca e se ho mal di testa. É vero che ieri sera ho fatto cose molto insolite per me, ma non ho bisogno di sentirmelo ripetere all'infinito. So che lei vuole solo il meglio per me, ma da quando sono all'università mi sembra peggiorata.
«Dove andiamo a fare shopping?» chiede Finn tra un boccone e l'altro di pancake.
Vorrei tanto che fosse venuto da solo: mi sarebbe piaciuto passare del tempo con lui. Dobbiamo parlare, devo spiegargli che non può raccontare a mia madre ogni dettaglio della mia vita, soprattutto quelli brutti.
«Potremmo andare al centro commerciale qui vicino. Non conosco ancora bene la zona», dico, tagliando a pezzetti il pane tostato.
«Hai già pensato a dove vuoi lavorare?» mi chiede Finn.
«Non lo so ancora. In una libreria, forse. Mi piacerebbe fare anche uno stage nel mondo dell'editoria.» Mia madre sfodera un sorriso orgoglioso.
«Sarebbe splendido: potresti lavorare lì finché ti laurei, poi ti assumerebbero a tempo pieno.» «Sì, sarebbe l'ideale», ribatto in tono incolore, ma Finn coglie il sarcasmo delle mie parole e mi stringe forte la mano sotto il tavolo per farmi capire che è dalla mia parte. Il metallo della forchetta in bocca mi ricorda il piercing di Lexa: resto spaesata per un momento.
Finn se ne accorge e mi guarda con aria interrogativa.
Devo smetterla di pensare a Lexa. Immediatamente.
Sorrido a Finn e gli bacio la mano. Dopo colazione mia madre ci porta in un grande centro commerciale, pieno di gente.
«Vado da Nordstrom, vi chiamo quando ho finito», dice, con mio grande sollievo.
Finn mi prende di nuovo per mano e giriamo per negozi. Mi racconta della partita di calcio di venerdì, In cui ha segnato il goal della vittoria. Lo ascolto con attenzione, mi complimento con lui.
«Sei molto carino oggi», gli dico, e lui sorride mostrando i den bianchissimi. Oggi indossa un cardigan rosso scuro, pantaloni cachi e mocassini. Si, è proprio vero che li porta: ma sono simpatici e si intonano alla sua personalità.
«Anche tu, Clarke.»
Rabbrividisco: so di avere una pessima cera ma lui è gentile come sempre. Lexa invece mi direbbe la veríta. Per togliermela dalla testa, prendo Finn per il bavero del cardigan e tento di baciarlo. Sorride ma si ritrae.
«Che fai, Clarke? Ci guardano tutti», e indica un gruppo di persone che si stanno provando degli occhiali da sole
«No che non ci guardano. E poi che problema c'è?» Di solito ci farei caso, ma in questo momento ho proprio bisogno che lui mi baci. «Baciami, ti prego!» Deve avermi letto la disperazione negli occhi, perché mi posa due dita sotto il mento e mi bacia. É un bacio lento e dolce, senza passione. La sua lingua sfiora appena la mia, ma è bello. Familiare e caldo. Aspetto di sentire divampare un fuoco dentro di me, ma non succede.
Non posso paragonare Finn e Lexa. Finn è il mio ragazzo, e lo amo, mentre Lexa è una stronza e va con tutte. «Ma cosa ti è preso?» ridacchia Finn quando provo ad attrarlo a me. Arrossisco. «Niente, è solo che mi sei mancato, tutto qui.» Ah... e ieri sera ti ho tradito, precisa il mio subconscio, ma non gli do retta,
«Però, Finn, potresti per favore smetterla di raccontare mia madre le cose che faccio? Mi mette molto a disagio. Sono contenta che andiate d'accordo, ma mi sento una bambina quando fai la spia.» Subito dopo mi sento meglio.
«Clarke, mi dispiace tanto. Ero solo preoccupato per te. Ti prometto che non lo farò più. Giuro.» Mi posa un braccio sulle spalle e mi bacia sulla fronte. Io gli credo. Il resto della giornata va meglio, soprattutto perché mia madre mi porta dal parrucchiere per farmi un taglio scalato. Ho ancora i capelli lunghi sulla schiena, ma ora hanno più volume e sono molto più belli. Noah mi riempie di complimenti per l'intero viaggio di ritorno al dormitorio, e tutto sembra filare liscio., Li saluto al portone, promettendo di nuovo che starò lontana da chiunque abbia un tatuaggio.
Quando entro nella mia stanza, sono un po' delusa di trovarla vuota; ma non so se sperassi di vedere Octavia o qualcun altro. Mi sdraio sul letto senza neppure togliermi le scarpe. Sono troppo stanca, ho bisogno di dormire. Mi sveglio a mezzogiorno, e trovo Octavia addormentata sul suo letto.
Passo il resto della domenica a studiare, e al mio ritorno lei se n'è andata. Il lunedì mattina non è ancora tornata, e muoio dalla voglia di sapere come ha passato il weekend.

Fight For This LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora