12

1.2K 69 0
                                    

AL risveglio, impiego un momento a ricordare come sono finita in questa stanza. Octavia dorme ancora, russa con la bocca aperta. Decido di aspettare a svegliarla finché non capisco come tornare in dormitorio. Infilo le scarpe, recupero la borsa ed esco. Dovrei bussare alla porta di Lexa o cercare Jasper? Ma Jasper poi appartiene alla confraternita? Non avrei mai immaginato che Lexa potesse far parte di un gruppo sociale organizzato, quindi forse è iscritto anche Jasper. Scavalco un gruppo di ragazzi addormentati in corridoio e scendo le scale.
  «Jasper?» Soltanto in salotto ci sono almeno venticinque persone addormentate. Il pavimento è ingombro di bicchieri rossi e spazzatura: il corridoio del piano di sopra invece era stranamente pulito, ora che ci penso, nonostante la gente per terra. Quando entro in cucina devo proibire a me stessa di mettermi a pulire. Ci vorrà l'intera confraternita e tutto il giorno per rimetterla in sesto. Mi piacerebbe proprio vedere Lexa che fa le faccende, penso ridacchiando. «Che c'è di tanto buffo?» Mi giro e la vedo che entra in cucina con un sacco della spazzatura in mano. Spazza con un braccio il bancone facendo ricadere nel sacco tutti i bicchieri di plastica. «Niente», mento. «Anche Jasper abita qui?» Mi ignora e continua a pulire.
«Allora, vive qui o no?» chiedo di nuovo, più impaziente. «Prima mi rispondi e prima posso andarmene.»
«Okay, se la metti così. No, lui non vive qui. Ti pare il tipo da confraternita?»
«No, ma neanche tu», ribatto.
Sembra risentirsi. Mi gira intorno per aprire lo sportello accanto a me e tira fuori un rotolo di carta da cucina.
«Da queste parti passa qualche autobus?» domando, senza aspettarmi una risposta. «Sì, a un isolato da qui.»
La seguo attraverso la cucina.
«Potresti dirmi dove?»
«Certo: è a un isolato da qui», ripete strafottente.
La guardo storto ed esco dalla cucina.
La gentilezza di ieri sera era chiaramente un episodio isolato, e oggi ha intenzione di recuperare il terreno perduto. Vado a svegliare Octavia , che apre gli occhi senza porre resistenza e mi sorride. Sono contenta che sia pronta per andarsene da questa dannata confraternita.
«Lexa mi ha detto che c'è una fermata dell'autobus qui vicino», le riferisco mentre scendiamo le scale.
«Niente autobus. Ci faremo dare un passaggio da uno di questi cretini. Scommetto che Lexa voleva solo farti arrabbiare», e mi posa una mano sulla spalla. Quando entriamo in cucina, Lexa sta tirando fuori dal forno alcune lattine di birra. Octavia gli si rivolge in tono autoritario: «Lexa, puoi accompagnarci a casa? Mi scoppia la testa»
«Sì, certo; dammi un minuto», risponde lei, come se aspettasse solo di sentirselo chiedere. In macchina,Octavia canticchia qualsiasi canzone passi alla radio e Lexa  tira giù tutti i finestrini, ignorando le mie gentili richieste di tenerli chiusi. In silenzio per tutto il tempo, tamburella distrattamente le lunghe dita sul volante. Non che io la stia osservando, sia chiaro.
«Passo a trovarti più tardi, Lexa», le dice mentre lei scende dalla macchina.
«Ci vediamo, Clarke Griffin», aggiunge con un sorrisetto. Le lancio un'occhiataccia e seguo Octavia nel dormitorio.

Fight For This LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora