Capitolo 25

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                        Travis

Ormai non sapevo più cosa pensare. La storia con Hevelin, la storia con Cole. Tutto era confuso nei miei pensieri e per quanto provassi a fare ordine,mi sentivo sempre più confuso. Nella settimana lontano da Hevelin avevo sentito la sua mancanza,più del previsto e avevo continuato a sentirla anche quando ero con Allison. Pensavo che stare accanto ad una donna che non fosse lei mi avrebbe scosso dai pensieri la sua immagine ma speravo anche di suscitare in lei qualche reazione. Sicuramente non quella di una sbronza il giorno della celebrazione di beneficenza. Hevelin aveva passato il tempo a seguire ogni mio movimento e a farmi un sacco di domande cercando di capire se provavo qualcosa per lei.  Naturalmente non rispondevo mai esplicitamente alle sue domande. Doveva imparare che una persona non poteva sempre correrle dietro e aspettarla, come avevo fatto io con lei. La differenza tra me e gli altri stava nel fatto che io l'amavo e l'avrei aspettata per tutto il tempo necessario,un altro no.  Sospirai guardando il soffitto mentre lanciavo una pallina da tennis davanti ai miei occhi per poi riprenderla tra le mani.
La porta sbattè contro il muro interrompendo il mio monologo per poi ritornare a rinchiudersi in un gesto veloce.

<<Zac quante volte ti ho detto di...>> borbottai continuando a colpire il sacco da box quando mi accorsi di Hevelin vicino alla porta <<Oh,sei tu...>> mi irrigidii notevolmente fermando il sacco che continuava a svolazzare avanti e indietro

I suoi occhi erano stanchi,la sua espressione esausta e i suoi capelli più pazzerelli del previsto.

<<Io non so niente di te>> mormorò con le lacrime agli occhi

<<Come scusa?>> chiesi confuso asciugandomi la fronte con un asciugamano pulito

<<Io non so nulla di te>> ripetette a voce più alta <<Io ti ho raccontato di Carl,di Cole,ti ho confidato i miei sogni,ti ho aperto il mio cuore e tu non mi hai detto niente di te>> continuò

<<Hevelin...non ti è passata la sbornia?>> chiesi scherzosamente

<<È la verità Travis. Forse è stato meglio così,forse è stato un bene il tuo allontanamento da me,forse doveva andare tutto così>> gesticolava confusamente

<<Puoi spiegarmi cosa succede?>> allungai le mani verso le sue spalle
<<Avevi ragione su Cole. È venuto da me e mi ha detto che è innamorato>> annunciò a gran voce come se fosse una cosa per cui andare fieri

Finsi un sorriso consapevole del fatto che i miei dubbi non erano infondati ma nonostante ciò sentii in me crescere la paura che fosse venuta per dirmi di dimenticarmi di lei. Ed io come potevo dopo averla incontrata? Era scolpita in ogni parte di me.

<<Gli ho detto che non avrei potuto ricambiare. Sai perché? Perché nel mio cuore ora c'è un altro. E quando l'altra sera ti ho guardato tutto il giorno insieme a quell'altra mi sono chiesta "ma dietro a chi sto perdendo la testa?">>

<<Non venirmi a dire che non ho fatto niente per te>> sorrisi sarcastico <<Forse non ti ricordi ma ieri mi hai detto...>>

<<Non parlarmi di ieri>> mi zittì  <<Io non ricordo nulla di ciò che ho detto>>

<<Tu non ricordi solo ciò che non vuoi ricordare signorina>> la rimproverai

<<Ricordo solo l'essenziale. Come per esempio il modo in cui guardavi quella bellissima ragazza che ti è ronzata intorno per tutto il giorno>>

<<Cosa centra Allison adesso?>> sbuffai

<<Dimmi Travis,qual'è la differenza tra me e quella ragazza? Io sono solo la prossima della tua collezione prestigiosa e non voglio esserlo. Non sono un giocattolo di plastica che compri quando è nuovo e butti via quando è inutilizzabile>> alzò la voce guardandosi intorno. Afferrò tra le mani un vaso in vetro dal cassone in legno e lo gettò sul pavimento, frantumandolo in mille pezzi
<<Un giorno sono qui e quello dopo per terra. Un giorno qui e quello dopo lì>>

<<Che stai facendo?>> 

<<Un giorno sono qui e quello dopo non si sa>> continuò indifferente scaraventando sul pavimento qualsiasi cosa le capitasse sott'occhio <<Oh accidenti>> sussurrò toccandosi l'indice della mano destra

<<Ti sei ferita?>> chiesi piano avvicinandomi in fretta a lei e prendendo la sua mano nella mia

<<Non è la mano a farmi male>> sussurrò con un filo di pianto nella voce

<<Dobbiamo medicarla>>

<<Lascia stare la ferita. È un taglio da nulla. Ti concentri su di me per cinque secondi?>>

Mi voltai lentamente verso di lei e rimasi a guardarla. Alzai le spalle arreso aspettando parlasse.

<<Io non sapevo che questa bellissima casa in realtà non fosse la tua vera casa. Che la Madison che ho incontrato l'altra sera e che ora mi ha aperto la porta non è la tua vera madre,che Patrick non è tuo padre e che Zac di conseguenza non è nemmeno lontanamente tuo fratello>> inziò  facendo cadere qualche lacrima sulle sue guance. Chi le aveva raccontato tutto questo? Altri non poteva essere stata se non Katline che aveva assistito al discorso di quella sera alla festa di beneficenza dove Patrick mi aveva naturalmente incluso nell'iniziativa e aveva raccontato in breve che anche se non ero figlio di sangue,appartenevo comunque alla famiglia e quindi era come se fossi un secondo figlio per loro. Mi grattai la nuca tentennando su cosa dire

<<Non ho mai detto il contrario>> mi giustificai

<<É vero. Tu non hai detto niente al riguardo e questo è il problema. Io credevo che questa fosse la tua famiglia. Allora è stato meglio così e sai cosa ti dico? Che sarebbe meglio finirla qui>> alzò le mani mantenendo le distanze

<<Finirla? Hevelin cosa vuoi che finisca se non hai nemmeno permesso di cominciare qualcosa?>>

<<Sh,non dire una parola. Noi due faremo finta di non esserci mai incontrati perché lo starti accanto e vederti con un'altra mi distrugge>> alzò un dito contro di me,aprì la porta e corse giù per le scale come una forsennata. 

Tentennai qualche secondo prima di uscire sul corridoio dopo aver sentito la porta d'ingresso sbattere.
<<Era lei?>> chiese Zac uscendo velocemnte dalla camera, probabilmente al cellulare con Katline

Non gli risposi. Ero troppo occupato a pensare ancora una volta a seguirla. Dovevo chiarire la situazione una volta per tutte. Vederla star male mi distruggeva. Farle pensare che mi aveva perso ancor di più.

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