Capitolo: 3

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Riflettevo su tutto ciò che mi stava capitando. Avvertivo un senso di vertigini che non mi lasciava alcuna tregua. Tutte le emozioni che negli ultimi anni avevo represso, improvvisamente volevano uscire fuori. Si ribellavano alla mia volontà, ed ero spaventato perché non sapevo come farle uscire, temevo che appena sarebbero state libere, avrebbero scoperto di me.
Era tutto così strano, così nuovo, così fresco. I dubbi mi affollavano la mente continuamente e ininterrottamente, come se ci fossero tantissimi fili aggrovigliati che incatenavano ogni pensiero di natura logica e sensata.
Ero sdraiato sul letto disfatto nella mia nuova stanza dove da giorni sembrava un cantiere, era tutto un caos. Anche noi lo eravamo, ma io come sempre, lo ero più di tutti. Vivevo la mia vita a metà in quanto provavo paura nell'esprimere tutto me stesso alla gente, soprattutto alla mia famiglia.
Non volevo che improvvisamente vedessero il vero Vittorio davanti ai loro occhi, perché di certo sarebbero rimasti molto scioccati nello scoprire il mio segreto.
Era già da un anno che ormai l'avevo capito, che l'avevo accettato con riluttanza, come se fosse un difetto e una condanna al tempo stesso. C'erano giorni che questo mi agonizzava l'anima.
Avrei tanto voluto raccontarlo a qualcuno, condividere il fatto che io fossi gay, ma il grande timore del pregiudizio, mi teneva bloccato e fermo.
Forse era proprio questo che temevo...che la mia nuova vita, in qualche modo avrebbe portato alla luce ciò che ero davvero. Non ero pronto e forse non lo sarei mai stato.

Mentre alcuni operai valutavano le priorità della casa prima di poter andare via, decisi di salire su in terrazza a cercare un po' di tranquillità. Appena salii le scale, notai non molto distante da me, una sagoma seduta su di un muretto non più alto di mezzo metro. Non ci volle molto a capire che quella sagoma era mio fratello Marco. Guardando meglio, notai del fumo intorno al suo capo; il mio caro fratellone stava fumando di nascosto mentre mio padre era impegnato di sotto.
Non ero sorpreso, sapevo che fumava già da molti mesi, ma nonostante tutto, non l'avevo mai beccato. Quello era decisamente il mio momento, il momento di prendermi una piccola rivincita su di lui.

«HEY FRATELLONEE!»
Saltò giù dal muretto gettando frettolosamente la sigaretta, poi si voltò di scatto verso di me e appena mi vide mi urlò contro.

«MA SEI IDIOTA SUL SERIO?»
Vedendo quella sua reazione, non potetti fare a meno di ridere a crepapelle.

«Sei il solito cretino!»
Cominciò a ridere anche lui e subito dopo, accese un'altra sigaretta come se nulla fosse.
Era strano vederlo fumare. Tuttavia avevo ancora voglia di stuzzicarlo.

«Mi fai fare qualche tiro?»
Chiesi indicandogli la sigaretta con un leggero sorrisetto malizioso. Lui ricambiò con aria furiosa poi si avvicinò a passo felpato in modo abbastanza minaccioso. Pensai subito che probabilmente, stava per suonarmele.

«Se provi a chiedermi ancora una cosa del genere l'ultima sigaretta che vedrai sarà quella che impianterò nelle tua fronte!»
Eh si, l'avevo effettivamente provocato.

«Calma bad boy... e poi, papà sa che fumi?»

«Sei cretino forte tu eh? Mi ucciderebbe senza pensarci due volte.»
Andò a sedersi di nuovo su quel muretto e io lo raggiunsi sedendomi accanto a lui.

Alzai un po' di più lo sguardo e la meraviglia che avevo davanti ai miei occhi, mi lasciò senza parole. Quella veduta era spettacolare. Si vedeva tutta Napoli con il suo meraviglioso golfo mentre alla nostra sinistra, in lontananza, c'era l'imponente Vesuvio maestosamente oscuro e potente.
Napoli era davvero una cartolina vivente. Quel blu oceano che dominava ovunque, il colore rossastro dei lampioni stradali e quel contrasto con la vita umana in movimento, era qualcosa di indescrivibile, caotico e bellissimo.
Quel momento così intenso svanì poco dopo, quando ripensai al comportamento così insolito che stava assumendo Marco nei miei riguardi nell'ultimo periodo.
Noi la maggior parte del tempo, lo passavamo a insultarci e non sempre avevamo un punto di incontro. Certo, in alcune occasioni assumeva il ruolo da fratello maggiore con tanto di brevetto e fierezza a portata di mano, ovviamente la cosa mi faceva irritare perché mi sentivo un moccioso in confronto a lui. Sembrava tutto ciò che i miei avevano sempre desiderato in un figlio, mentre io ero quello sbagliato, quello uscito difettato dalla fabbrica.
Anche se ammetterlo mi costava molto, provavo un po' di invidia per lui.
Pensavo che se fossi stato come lui, la mia vita sarebbe stata diversa, magari migliore di quella che conducevo.

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